Viaggio nel cuore del perdono. Soprattutto quando è difficile, doloroso, privo di senso. Lo ha intrapreso mons. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, il 23 settembre nell’ambito del Festival francescano in una Piazza Maggiore assolata e festosa ma soprattutto attenta alle sue parole. Non solo concetti ma soprattutto storie legate a una storia dell’uomo che spesso si tinge di sangue. E così ci si accorge che il perdono non ha confini di fedi e di continenti: si passa dalla Uno Bianca a Ustica, dalla strage del 2 agosto a Nelson Mandela, da Vittorio Bachelet a san Francesco d’Assisi, da Monte Sole al Mozambico. Il giro del mondo, insomma, per imparare a perdonare. Le domande brevi ma profonde del giornalista Lorenzo Fazzini che ha interagito con l’arcivescovo di Bologna ci aiutano a ricostruire la riflessione.
Odio e amore
Il rancore è una delle malattie spirituali che coltiviamo con cura. Molte volte conserviamo l’odio solo per orgoglio. Pensiamo addirittura che il male dentro di noi possa essere inerte. Ma non può esserlo perché il male non sta fermo: ci avvelena, ci rovina, ci condiziona. Pensiamo erroneamente che l’odio sia la memoria nei confronti della giustizia e il perdono sembra un tradimento rispetto al torto subito e alla sofferenza delle persone che non ci sono più. Perdonare può sembrare un’ingiustizia aggiunta all’ingiustizia.
Qual è il rapporto tra giustizia e perdono?
Il perdono non vuol dire cancellare la giustizia. Il perdono vuole la giustizia e la libera dall’odio e dalla vendetta e per questo è ancora più forte. Il perdono libera: diceva nelson Mandela : «Se non avessi perdonato i carcerieri sarei ancora prigioniero, o porterei la prigione dentro di me». Nel perdono c’è anche la richiesta di giustizia. Il perdono è tutt’altro che buonismo. Dobbiamo perseguire la giustizia perché la sofferenza di quelli che sono stati colpiti dal male possa servire affinché non accada più ad altri.
Il perdono cristiano
Alcuni esempi. Consacrerò la nuova chiesa di Castenaso. Al suo interno saranno conservate le reliquie del beato don Pino Puglisi. Leggete la testimonianza del suo assassino, di come ha sentito il perdono del sacerdote da lui ucciso nel suo sorriso e nei suoi occhi. O ricordate le parole di perdono pronunciate ai funerali di Vittorio Bachelet da suo figlio Giovanni che sconvolsero e turbarono anche i brigatisti. O le pagine dei monaci di Tiberinhe che perdonarono in anticipo i loro ultimi «amici di viaggio».
Dio perdona sempre?
Dio non riesce a perdonare i farisei non perché non vuole ma perché loro si ritengono giusti. Dio non riesce a perdonare se non apriamo la porta. Allora la misericordia rimane fuori. Il limite di Dio siamo noi perché Dio non si stanca di perdonare. Siamo noi che ci stanchiamo di chiedergli perdono. La misericordia di Dio richiede sempre quello spiraglio nostro per potersi inserire.
Solo i cristiani possono perdonare?
No. Penso alla mia esperienza di mediatore in Mozambico dopo la guerra civile. L’amnistia era la strada necessaria per arrivare alla pace. Vittime delle stragi naziste di Sant’Anna di Stazzema e Monte Sole, anche non credenti, hanno capito che la pace può nascere solo dal perdono. Ho un rapporto epistolare con uno della banda della Uno bianca. Ho capito che il perdono è un itinerario faticoso ma che bisogna cercare di coltivare. È l’unica via umana che ci è concessa perché il male non distrugga noi.
Noi e le vittime
Cercare la giustizia vuol dire non dimenticare. Sarebbe terribile dimenticare la sofferenza di quella persona o quello che ho subito. Dovremmo essere tutti parenti delle vittime. Dovremmo farci tutti “parte civile”, ma nella globalizzazione del l’indifferenza nessuno si fa parte civile a sostegno delle vittime. Sono i nostri fratelli più piccoli e abbiamo la responsabilità di difenderli. Il perdono libera da quella durezza e deformazione che è la vendetta è rivalsa.
La pena di morte
Una delle giustificazioni è quella di dare giustizia alle vittime. È assurdo che tu passi dalla parte del carnefice e da vittima diventi violento. Cerchiamo la giustizia? Siamo avvelenati e accecati dall’indifferenza e come reazione abbiamo solo il meccanismo dell’odio.
Non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza perdono
In Mozambico l’amnistia è stata vissuta come perdono per poter ricominciare. Molte volte la pace addormenta la giustizia e se non c’è il perdono ricomincia da lì. Dobbiamo riparare a vivere insieme. Altrimenti siamo condannati a ripeterlo perché c’è una memoria dell’odio che si trasmette per generazioni. Tante le vittime ancora di faida ogni giorno. Ci vuole capacità di ritrovare nell’altro il mio fratello e il mio prossimo. Per cancellare il male.