Abbandonano la Chiesa. Perché?

di:

abbandoni

Per i vescovi e i cattolici tedeschi è stato uno shock costatare dalle ultime rilevazioni che, nel 2022, oltre mezzo milione di fedeli hanno abbandonato la Chiesa. Le uscite sono state precisamente 522.821.

Oltre a questi dati, definiti foschi, ci sono anche alcuni sprazzi di luce, in gran parte illusori: è infatti in aumento il numero dei battesimi, dei matrimoni ed è cresciuta anche la frequenza alla chiesa. Ma – è stato fatto notare – «uno sguardo alle cifre, agli sviluppi e alle tendenze mostra che questi valori sono nella migliore delle ipotesi un fuoco di paglia. L’auspicata inversione di tendenza dopo la pandemia di coronavirus non ha avuto luogo».

La Conferenza episcopale tedesca non commenta. Annuncia solo le cifre per le statistiche della Chiesa, e per di più solo quelle in profondo rosso.

A differenza degli anni precedenti, per la presentazione dei dati non c’è stata la presenza del presidente o del segretario generale: è bastato un sobrio comunicato stampa con tanti numeri.

Cos’altro si può onestamente dire alla luce di questi record? Che qualsiasi tentativo di addolcire la pillola sarebbe solo imbarazzante, è la risposta.

Sommando le 522.821 persone che hanno dichiarato il loro ritiro dalla Chiesa nel 2022, ai decessi e ai cambiamenti di appartenenza, si ha una diminuzione del numero dei membri della Chiesa cattolica, sul piano nazionale, di 708.285 persone.

L’anno del coronavirus (2020) ha rappresentato un punto di svolta nelle statistiche: le celebrazioni dei sacramenti e dei funerali cattolici sono diminuite notevolmente e la già scarsa frequenza alla chiesa si è quasi dimezzata.

Nell’anno successivo, il massiccio aumento del numero di persone in uscita – da 220.000 a quasi 360.000 – potrebbe essere in qualche modo temperato con la crescita dei sacramenti, ma già allora era chiaro che l’aumento verificatosi dal 2020 al 2021 non ha compensato le perdite nel 2020. La speranza che i matrimoni, le prime comunioni e le cresime, resi impossibili a causa del coronavirus, venissero solo rimandati non si è concretizzata.

Cifre che «addolorano»

Queste cifre – ha dichiarato il presidente della Conferenza episcopale Georg Bätzing – «addolorano», ma ha esortato a non cedere alla rassegnazione.

«Perché – si è chiesta la rivista americana National Catholic Register – mezzo milione di tedeschi ha abbandonato la Chiesa cattolica, cosa significa questo fenomeno e che implicazioni ne derivano per il futuro del cattolicesimo nel paese?».

In un lungo commento del 28 giugno scorso la rivista ha risposto: significa che, nel 2022, il 2,4% dei cattolici tedeschi hanno ufficialmente cessato di appartenere alla Chiesa cattolica portando il numero totale dei membri nel paese a 20,94 milioni. Cifra che costituisce il livello più basso di sempre. Il numero più alto era stato raggiunto nel 1990 con 28,3 milioni di fedeli, ma da allora è continuamente diminuito. In un certo senso, le cifre del 2022 fanno semplicemente parte di questa tendenza più ampia.

Ma il numero di abbandoni annuali, che supera per la prima volta il mezzo milione, ha un significato che induce a riflettere, e sottolinea le serie sfide che il cattolicesimo tedesco dovrà affrontare nei prossimi anni.

Questi dati – scrive National Catholic Register – arrivano nel bel mezzo degli sforzi di riforma del cosiddetto Synodaler Weg (il Cammino sinodale), che molti considerano un tentativo pluriennale e multifase di conformare l’insegnamento e la pratica della Chiesa agli standard della società moderna progressista. I fautori di questo controverso processo citano spesso, infatti, la necessità di modernizzare la Chiesa per mantenere il numero dei membri.

Perché lasciano la Chiesa?

I dati comunicati dalla Conferenza episcopale non registrano, in senso stretto, il numero dei cattolici tedeschi che appartengono alla Chiesa come entità-spirituale, ma riflettono semplicemente il numero di persone che sono ufficialmente registrate come cattoliche. Questa situazione deriva dalla Costituzione di Weimar del dopoguerra (e probabilmente con radici nell’antica prassi tedesca), secondo cui l’ordinamento dello stato tedesco impone che le organizzazioni religiose siano finanziate dai loro stessi membri.

Ciò significa che i cattolici tedeschi sono tenuti per legge a pagare un kirchensteuer, ossia la tassa ecclesiastica, che ammonta ad un ulteriore 8%-9% di quanto già pagano in imposte sul reddito, con una cifra che varia a seconda della regione di appartenenza. Per esempio, un cattolico che vive a Berlino guadagna uno stipendio medio annuo di 43.722 euro e paga 5.981 euro di imposta sul reddito. Ogni anno il governo detrae dal suo stipendio ulteriori 538,29 euro (o il 9%) e li inoltra all’arcidiocesi di Berlino.Il processo è automatico.

Quando un tedesco viene battezzato nella Chiesa cattolica, non solo viene registrato nel libro dei battesimi, ma viene conteggiato anche come “cattolico” presso il governo locale. Quando il soggetto inizia a pagare le tasse, l’imposta ecclesiastica viene automaticamente detratta dallo Stato dal suo reddito mensile e ridistribuita alla diocesi di appartenenza, con una piccola “tassa” aggiuntiva che facilita la transazione.

Pertanto, l’unico modo per smettere di pagare la tassa ecclesiastica è porre fine alla propria appartenenza alla Chiesa cattolica come entità legalmente riconosciuta nella società tedesca, presentandosi davanti a un magistrato del governo locale e dichiarando pubblicamente di non essere più cattolico. L’atto non annulla il proprio battesimo, ma tecnicamente rende chiunque lo faccia non idoneo a ricevere l’eucaristia e gli altri sacramenti, e persino ad avere una sepoltura cristiana, almeno secondo le attuali disposizioni dei vescovi tedeschi, confermate con un decreto del 2012. Infatti, la disaffiliazione dalla struttura della Chiesa è ampiamente descritta come un’«autoscomunica de facto».

L’intero sistema del kirchensteuer è molto controverso anche tra alcuni cattolici che sono allarmati dagli sforzi di riforma del Cammino sinodale e non vogliono essere costretti a finanziarli con una tassa ecclesiastica obbligatoria. Come riportato dal National Catholic Register, al Vaticano sono state inoltrate numerose richieste di accordi alternativi. Ma la risposta di Roma è stata coerente: mentre la disaffiliazione non dovrebbe essere considerata “apostasia”, l’appartenenza alla Chiesa cattolica in Germania richiede il pagamento della tassa.

Chi abbandona e per quale ragione?

Ma, mentre una piccola minoranza di cattolici tedeschi che non intendono violare la propria coscienza contribuendo al processo sinodale potrebbe essere computata tra i 522.821 disaffiliati dalla Chiesa locale lo scorso anno, la stragrande maggioranza probabilmente se n’è andata per motivi diversi.

Benché la Conferenza episcopale non abbia rivelato chi si è disaffiliato e perché abbia scelto di farlo, alcuni rapporti e studi sull’abbandono negli ultimi anni presentano un quadro piuttosto omogeneo: la maggior parte delle persone che si disaffiliano non vogliono continuare a pagare per un’entità religiosa di cui non si fidano più o che rappresenta una fede in cui non credono o che non praticano più.

Un rapporto del 2021 di CNA Deutsch ha rilevato che un cattolico su tre in Germania stava pensando di lasciare la Chiesa. Le ragioni dell’abbandono variano, fra gli anziani che citano la gestione da parte della Chiesa della crisi degli abusi sessuali, scoppiata nel 2010, e i più giovani che denunciano l’obbligo di pagare la tassa ecclesiastica. Ma, mentre la crisi degli abusi sessuali può certamente essere un fattore che contribuisce alla disaffiliazione, così come lo sono anche le comprensibili preoccupazioni economiche, una causa più profonda è probabilmente la crescente ondata di laicismo, in particolare nella Germania orientale, che è considerata una delle zone più atee della terra. Una stima del 2021 ha rilevato che il 42% dei tedeschi è areligioso, rispetto al 30% nel 2010.

Facendo un paragone, la percentuale di persone in Germania che non erano cattoliche o protestanti nel 1950 era solo del 4%. L’incredulità, o almeno l’abbandono della pratica religiosa, hanno dilagato anche tra coloro che si sono registrati come cattolici per decenni, nel senso che il numero di frequenze alla messa domenicale è sceso al di sotto del 5% a livello nazionale anche prima del Covid.

Ma le prassi osservate finora, come dover programmare una visita al magistrato locale e pagare una piccola tassa, così come gli incentivi familiari e comunali per rimanere affiliati, si sono attenuate con l’aumento delle persone che, sempre in maggior numero, hanno optato di uscire. Man mano che aumentano coloro che abbandonano, la disaffiliazione cresce a valanga. Secondo uno studio, il numero di cattolici tedeschi che pagano la kirchensteuer sarà dimezzato entro il 2060.

Qual è il potenziale impatto?

Dal punto di vista pratico, il mezzo milione di disaffiliazioni del 2022 corrisponde alla perdita di centinaia di milioni di euro di entrate fiscali per la Chiesa cattolica nel Paese.

Lo scorso anno la Chiesa tedesca ha ricevuto 7,32 miliardi di euro tramite la tassa ecclesiastica, stimando che il cattolico tedesco medio paga circa 350 euro in kirchensteuer all’anno. Sulla base di tale cifra, la perdita di 520.000 membri che pagano la tassa ammonta a un deficit annuo stimato in quasi 183 milioni di euro.

Non è una cifra insignificante, soprattutto in vista della fase successiva del Cammino sinodale. Quattro vescovi tedeschi hanno recentemente bloccato i fondi della Chiesa nazionale destinati al cosiddetto Comitato sinodale, un organo transitorio designato ad attuare le risoluzioni concordate dalle assemblee del Cammino sinodale. L’onere finanziario ricade quindi sui 23 vescovi che sostengono il Comitato sinodale.

L’impatto dell’ultimo tasso di abbandoni varia a seconda della diocesi. Ad esempio, Berlino, Amburgo e Monaco hanno registrato numeri di disaffiliazione significativamente superiori alla media nazionale, cioè rispettivamente 3,4, 3,7 e 3,2%, mentre la diocesi di Gorlitz ha perso solo l’1,4% dei suoi membri, e rappresenta la cifra più bassa di qualsiasi altra diocesi tedesca.

Sui tempi lunghi, le proiezioni dei numeri di disaffiliazione del 2022 lasciano intravedere già fin d’ora situazioni drammatiche, come sottolinea il rapporto che stima in 40.000 le parrocchie, i monasteri e altre strutture cattoliche che dovranno essere chiuse entro il 2060 a causa della mancanza di fondi.

Accusando i primi sintomi della situazione, molte diocesi stanno chiudendo parrocchie e scuole. E continuare a impiegare un numero di persone calcolato in circa 800.000 che lavorano nella Chiesa cattolica com’è ora, è chiaramente insostenibile.

La prospettiva a lungo termine è di una significativa riduzione – per la Chiesa tedesca – anche del suo status pubblico, delle sue dimensioni e del peso istituzionale.

L’implosione del numero dei membri potrebbe indurre la Chiesa cattolica a rinunciare al kirchensteuer, facendo meno affidamento sul finanziamento obbligatorio dei membri e più sulle donazioni volontarie di coloro che sono maggiormente impegnati e coinvolti nella vita cattolica.

Riforme necessarie, ma quali?

I fautori del controverso Cammino sinodale non hanno esitato a interpretare i recenti numeri di disaffiliazione secondo la loro sensibilità.

Irme Stetter-Karp, presidente del Comitato centrale dei cattolici tedeschi (ZdK), si è detta «triste, ma non molto sorpresa» dei risultati, affermando anche che la leadership della Chiesa «non è attualmente abbastanza determinata nell’attuare visioni di futuro del cristianesimo nella Chiesa… Abbiamo urgente bisogno di riforme nella Chiesa».

Il vescovo Georg Bätzing della diocesi di Limburg, ha definito «deplorevole» che le riforme sinodali manchino di finanziamenti. «Una Chiesa in costante ribasso e con il personale in crisi permanente non è molto attraente per chi è in ricerca».

Bätzing ha condiviso l’interpretazione dei numeri di disaffiliazione e la sua ricaduta sul Cammino sinodale. «Ci siamo proposti domande e sviluppi importanti sul Cammino sinodale – ha detto –. La maggior parte di noi ha trovato risposte e desidera promuovere il cambiamento».

Il cambiamento che Stetter-Karp e il vescovo Bätzing ritengono essenziale per un «futuro del cristianesimo» praticabile sembra includere le riforme promosse dal Cammino sinodale, cioè: governo laico, benedizione delle unioni omosessuali, incorporazione della teoria del genere nella vita e nella pratica della Chiesa, ordinazione delle donne e abolizione dell’obbligo del celibato per i preti.

Ma – hanno ribadito i critici del Cammino sinodale –, le riforme desiderate sono già attuate da anni nella Chiesa luterana tedesca, senza alcun effetto evidente sulla diminuzione del numero dei membri. Il corpo ecclesiale, un tempo dominante, ha perso 390.000 membri solo nel 2017, con un calo dell’1,8%. L’anno scorso, i dati dicono che la Chiesa luterana nel nord della Germania ha perso il 18,5% dei suoi membri negli ultimi 10 anni.

In definitiva, l’evidente inevitabile collasso dell’appartenenza alla Chiesa cattolica potrebbe suggerire che, “giocare con i numeri” progettando riforme intese ad arginare la disaffiliazione, potrebbe non essere affatto l’approccio giusto.

Invece – sostengono i critici del Synodaler Weg –, il rimedio migliore è quello di abbracciare una ritrovata fedeltà alla fede cattolica, confidando che, se si dovesse verificare una stabilizzazione, per non dire una crescita, del numero dei cattolici in Germania, ciò avverrebbe solo con la grazia di Dio, non per i marchingegni degli uomini.

Print Friendly, PDF & Email

6 Commenti

  1. Tobia 23 novembre 2023
  2. Stefano 22 novembre 2023
  3. Adelmo Li Cauzi 23 luglio 2023
  4. Lorenzo M. 18 luglio 2023
  5. Fabio Cittadini 18 luglio 2023
  6. Gian Piero 18 luglio 2023

Lascia un commento

Questo sito fa uso di cookies tecnici ed analitici, non di profilazione. Clicca per leggere l'informativa completa.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie tecnici ed analitici con mascheratura dell'indirizzo IP del navigatore. L'utilizzo dei cookie è funzionale al fine di permettere i funzionamenti e fonire migliore esperienza di navigazione all'utente, garantendone la privacy. Non sono predisposti sul presente sito cookies di profilazione, nè di prima, né di terza parte. In ottemperanza del Regolamento Europeo 679/2016, altrimenti General Data Protection Regulation (GDPR), nonché delle disposizioni previste dal d. lgs. 196/2003 novellato dal d.lgs 101/2018, altrimenti "Codice privacy", con specifico riferimento all'articolo 122 del medesimo, citando poi il provvedimento dell'authority di garanzia, altrimenti autorità "Garante per la protezione dei dati personali", la quale con il pronunciamento "Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento del 10 giugno 2021 [9677876]" , specifica ulteriormente le modalità, i diritti degli interessati, i doveri dei titolari del trattamento e le best practice in materia, cliccando su "Accetto", in modo del tutto libero e consapevole, si perviene a conoscenza del fatto che su questo sito web è fatto utilizzo di cookie tecnici, strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito, e di i cookie analytics, con mascharatura dell'indirizzo IP. Vedasi il succitato provvedimento al 7.2. I cookies hanno, come previsto per legge, una durata di permanenza sui dispositivi dei navigatori di 6 mesi, terminati i quali verrà reiterata segnalazione di utilizzo e richiesta di accettazione. Non sono previsti cookie wall, accettazioni con scrolling o altre modalità considerabili non corrette e non trasparenti.

Ho preso visione ed accetto