Alla decisione del card. Woelki di non pubblicare il rapporto concernente casi di abuso e la loro gestione nella diocesi di Colonia, additando una mancanza metodologica nella sua stesura, si affianca ora l’accusa rivolta direttamente contro il cardinale di non aver seguito la procedura canonica in vigore per un caso riguardante l’anno 2015 – si tratterebbe di un prete conosciuto da lunga data da Woelki che, stando alle informazioni riportate sulla stampa, avrebbe aggirato i suoi obblighi pastorali e canonici.
Ieri sera il card. Woelki ha dichiarato di aver rimesso l’esame del caso in questione nelle mani del papa – procedura già scelta dall’attuale vescovo di Amburgo, mons. S. Heße, per ciò che riguarda la sua gestione di alcuni casi di abuso quando era direttore del personale e poi vicario generale della diocesi di Amburgo.
Sulla questione è intervenuto oggi anche il vescovo di Limburg e presidente della Conferenza episcopale tedesca, mons. G. Bätzing, che ha definito la decisione di non pubblicare il primo rapporto e il modo in cui sono state affrontate le inevitabili conseguenze di questa scelta “un disastro” – non solo per la diocesi di Colonia, ma per tutta la Chiesa tedesca. Sia per il danno complessivo che tutto ciò ha causato per la credibilità della Chiesa tedesca nel suo tentativo di fare finalmente chiarezza su una pagina drammatica di violenze perpetrate da personale ecclesiastico, sia per la strumentalizzazione che si è fatta a Colonia del Comitato di consulenza delle vittime al fine di giustificare pubblicamente la decisione di non pubblicare il rapporto affidato a uno studio legale di Monaco.
Oltre alle voci che chiedono le dimissioni del card. Woelki, si aggiungono quelle che, oramai a ragione più che assodata, affermano la necessità urgente e non procrastinabile di affidare tutto il dossier abusi a gruppi di lavoro completamente ed effettivamente indipendenti dalle Chiese locali tedesche.