Abusatori non si nasce, lo si diventa, e tutti lo possiamo diventare; per non correre il rischio, occorre trasformare la vita in formazione permanente.
Può essere questa una chiave di lettura del libro di don Giorgio Ronzoni L’abuso spirituale. Riconoscerlo per prevenirlo, che indaga il fenomeno con coraggio e sensibilità, avviando su di esso una presa di coscienza e una riflessione che, al momento, sembra mancare nel contesto ecclesiale italiano. «Difficile da riconoscere o anche solo da definire, l’abuso spirituale non è per questo il meno pericoloso: anche quando non si arriva ad altre forme di prevaricazione e di violenza, sono gravi e profonde le ferite inferte alle persone sul piano spirituale» afferma l’autore.
La genesi dell’abuso
Amedeo Cencini, che firma la Prefazione, evidenzia come, a seguito dell’esplosione della bomba degli abusi ecclesiali, e la presa d’atto – anche se piuttosto faticosa – del dramma e delle responsabilità da parte della Chiesa, si è creata una reazione autodifensiva – «abbiamo fatto la nostra parte» – che nasconde vergogna e preoccupazione per la brutta figura della Chiesa. E quindi rivela anche quanto siamo ancora lontani «dalla comprensione di questa terribile piaga, delle sue radici e conseguenze, della gravità e responsabilità a livello individuale e collettivo, del dolore per essa, della com-passione con le vittime».
Il libro di Ronzoni va coraggiosamente in senso contrario a questa tendenza. È innanzitutto un invito a cercare di capire in che cosa consista il problema dell’abuso spirituale, di come un nobile progetto di vita possa pian piano distorcersi fino ad arrivare a servirsi degli strumenti ordinari della crescita spirituale – la Parola di Dio, le argomentazioni teologiche, i suggerimenti ascetici… – per cogliere i punti deboli dell’altro, rendendolo vulnerabile, dipendente, ricattabile.
Lo studio inizia con una definizione orientativa del concetto, spiegando come è nato e si è sviluppato (cap. 1), per passare poi a descrivere i modi in cui l’abuso spirituale avviene (cap. 2). Traccia quindi un possibile identikit delle vittime (cap. 3) e di coloro che abusano (cap. 4). Segue l’analisi di due questioni strettamente collegate, l’obbedienza e l’autorità (cap. 5), e la distinzione tra foro esterno e foro interno (cap. 6). A conclusione, un passaggio su come aiutare le vittime di abuso spirituale (cap. 7) e alcune considerazioni riassuntive (cap. 8).
Don Ronzoni analizza tale realtà in maniera accurata e documentata (con abbondanza di citazioni e di bibliografia anche fuori dall’ambito italiano), coniugando il dato spirituale con quello psicologico, come evidenzia ancora Cencini nella Prefazione.
L’abusatore è fondamentalmente una persona divisa e/o confusa nella sua dimensione spirituale, con i suoi ideali e valori, e nella dimensione antropologica, con le pulsioni e passioni umane. Il rischio è che «l’irrisolto nell’umano possa interpretare in modo deviante, a suo uso e consumo, l’ideale, per quanto trascendente e persino divino – spiega Cencini –. Da questa divisione e/o confusione nascono gli abusi e di esse s’alimentano, creando ulteriore divisione e confusione, in sé e nell’altro, nella relazione individuale e comunitaria, nella Chiesa e nelle relazioni ecclesiali».
Il testo indica la direzione di fondo secondo cui operare: quella dell’integrazione fra le due prospettive o dell’attenzione al dialogo continuo e reciprocamente arricchente tra di esse. Questa attenzione deve partire dalla formazione iniziale e va estesa a tutta la vita: la formazione permanente, quindi, come strumento per non scadere nel clericalismo, per rimotivare costantemente la scelta celibataria-virginale e per rendere il cuore sempre più creativamente fedele, libero e responsabile.
In quale contesto
A conclusione del suo lavoro, don Ronzoni torna a sottolineare come l’abuso spirituale avviene quasi sempre nel contesto della direzione spirituale e/o della confessione.
Ciò non toglie che ci possano essere anche dei notevoli risvolti di tipo comunitario. In generale, spiega, «l’abuso di potere in ambito spirituale va a rovinare il rapporto di una persona con Dio e la rende totalmente dipendente dal giudizio di altri fino al punto di fragilizzarla ed esporla ad altri tipi di abuso. Le persone in cerca dell’assoluto e di una guida che le aiuti in questa ricerca, specialmente giovani, sono le più esposte al rischio dell’abuso spirituale».
E aggiunge: «Coloro che nella Chiesa hanno il compito di sorvegliare devono proteggerle dai lupi travestiti da agnelli o, peggio, da pastori. […] Ciò non significa aumentare la cultura del sospetto e della diffidenza, ma semplicemente vigilare, cioè tenere gli occhi e gli orecchi aperti. Sapere che l’abuso spirituale esiste e conoscerne i sintomi – conclude – potrà essere utile per aiutare chi ne è vittima e per prevenire danni maggiori».
Mi sembra molto buono che se ne parli!