Affaire abbé Pierre: perché bisogna parlarne

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L’abbé Pierre a Saint Wandrille nel 1989 (Gilles Bassignac / Gamma-Rapho)

Mentre il luogo della memoria dedicato al fondatore di Emmaus sta per chiudere a Esteville, il paese della Seine-Marittime dove l’abbé Pierre è sepolto dalla sua scomparsa nel 2007, alcuni abitanti si interrogano: «Egli ha fatto tanto bene, perché far venire a galla tutto questo oggi…?».

Perché, infatti, bisogna parlarne? Tanto dolorose sono queste nuove rivelazioni che svelano dell’abbé Pierre un aspetto ancora più oscuro di quello abbozzato all’inizio dell’estate – e che si aggiungono a una lista già troppo lunga di scandali – ci sembra in effetti indispensabile continuare a parlarne. Non è per un gusto scandalistico ne è per un’attrazione del sordido.

L’ombra e la luce

A La Croix abbiamo amato l’abbé Pierre. Quest’uomo che ha aiutato tante persone indigenti, che è stato fonte d’ispirazione per tante altre, che ha saputo dare alla Chiesa un aspetto così umano… Come ha potuto un uomo che ha fatto tanto bene abusare di così tante persone? Come possono coabitare l’ombra e la luce?

Se si vuole che non si ripetano più le violenze sessuali, se si vuole che la Chiesa e la società siano dei luoghi sicuri, bisogna saper affrontare questi interrogativi per essere capaci di decifrare i meccanismi che hanno permesso a certe «icone» di non incontrare nessun contropotere, di radicarsi nell’onnipotenza della loro influenza e di abusare con totale impunità per decenni.

A La Croix siamo convinti che sia cercando di capire quello che è successo, il contesto che ha permesso questi abusi, il modo in cui abbiamo permesso loro di svilupparsi o mantenersi, che possiamo impedire che si ripetano…

Molte persone sapevano, evidentemente. E non basta incriminare la gerarchia ecclesiastica che non ha reagito alle avvisaglie. Persino negli ambienti meno clericali si è taciuto. Come si è potuto lasciar crescere per settant’anni un mito francese senza pensare alle donne aggredite? Quando, in nome di un interesse generale, si può tacere sulla dignità violata di una persona?

Per dare voce ai «senza voce»

Tuttavia ci sono state persone che hanno allertato. Una lettera pubblicata dallo studio Egaé ne è un esempio. Essa è datata …1956. Un membro del comitato organizzatore del viaggio dell’abbé Pierre negli Stati Uniti ha preferito uscire da Emmaus piuttosto che seguire la linea per cui: «la politica del silenzio fosse la migliore». Un uomo convinto che «se si deve diventare la voce degli uomini senza voce si deve parlare» …

Perché i «senza-voce», di cui l’abbé Pierre si riteneva l’avvocato, sono anche quelle donne della cui vulnerabilità si è approfittato. Non hanno potuto, non hanno osato parlare perché si credevano sole, isolate, perché la maggior parte di loro era in una situazione di grande fragilità… Come allora affrontare un mostro sacro quale l’abbé Pierre?

Parlarne oggi con sincerità, senza negare il bene che ha potuto fare, ma senza più nascondere il male commesso verso le donne, è permettere a tutte le aggredite sessualmente di poter uscire dalla prigionia del trauma.

Nella tradizione ebraica il giubileo celebrato ogni cinquant’anni era l’anno santo in cui si rimettevano i peccati ma anche si liberavano gli schiavi. Con l’avvicinarsi del giubileo del 2025 per la Chiesa cattolica, giungere alla verità su questo tema significa aiutare a liberare quelle donne che sono state rinchiuse nel silenzio, nella vergogna, nella rabbia o nell’angoscia, alcune di loro per più di cinquant’anni.

Bisogna voler vedere

Quando, nel 2015, avevo intervistato Jean Vanier su quello che lui aveva potuto vedere degli abusi commessi dal suo padre spirituale, mi aveva risposto: «Si vede solo quello che si vuole vedere» …

Ignoravo allora che lui stesso aveva commesso gli stessi misfatti. A questa frase enigmatica, oggi dobbiamo rispondere con il consiglio di Charles Péguy: «Bisogna sempre dire ciò che vediamo; soprattutto bisogna sempre, e questo è più difficile, vedere ciò che vediamo».

Uscire dalla cecità e da una fascinazione infantile per le grandi figure, per quanto carismatiche possano essere, per far crescere nella Chiesa questo «spirito critico» che è tanto mancato in questa crisi degli abusi e sul quale la commissione Sauvé ha messo l’accento nelle sue raccomandazioni.

Non cancellare il bene che l’abbé Pierre ha fatto, osando affrontare il male di cui questa testimonianze fanno eco, è anche per noi l’occasione di crescere nella libertà, lontani da ogni tentazione di idolatria per affrontare con maturità la complessità del nostro mondo ed essere testimoni credibili del Vangelo.

La galassia Emmaus prende le distanze

Dopo la pubblicazione di nuove testimonianze che accusano l’abbé Pierre di violenza sessuale Emmaus France ha annunciato di voler proporre internamente la rimozione della menzione «abbé Pierre fondatore» dal suo logo.

La Fondazione Abbé-Pierre ha deciso di cambiare nome. Il centro di Esteville, dedicato alla memoria del fondatore, «rimarrà definitivamente chiuso». Emmaus International riunirà una commissione di esperti per «spiegare le disfunzioni» che hanno permesso tali azioni.

Céline Hoyeau è editorialista del quotidiano La Croix; sulla questione degli abusi nella Chiesa da parte di figure carismatiche ha pubblicato La trahison des pères (Bayard, 2021). Il suo testo qui ripreso in una nostra traduzione è stato pubblicato su La Croix lo scorso 8 settembre.

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2 Commenti

  1. Marco 14 settembre 2024
  2. Fabio Cittadini 12 settembre 2024

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