L’esortazione “Querida Amazonia” non chiude nessuna prospettiva, invita anzi la Chiesa a vivere fino in fondo il mistero/modello dell’incarnazione.
Riflettendo sul Sinodo speciale per l’Amazzonia, sul percorso sinodale, sul documento finale del Sinodo e sull’esortazione apostolica, troviamo anche gli strumenti per leggere la realtà che ci circonda. Di questa realtà fanno parte cose tremende e dolorose, ma anche pagine di amore, di altruismo e di servizio.
La salute della Terra
Nell’esortazione (che qui cito con le iniziali “QA”), il papa scrive che l’equilibrio della terra dipende anche dalla salute dell’Amazzonia (QA 48). Abbiamo in papa Francesco un testimone sensibile che – nei suoi scritti precedenti – ha dato voce a tanti appelli per la salvaguardia della vita e in tanti siamo convinti che l’equilibrio e la vita sulla terra dipendono da come trattiamo il Creato, in cui tutte le forme di vita sono collegate.
Possiamo fare tanti commenti all’esortazione. Alcuni si sono detti delusi. Io, al leggere questa lettera, diretta “al popolo di Dio e a tutte le persone di buona volontà”, mi sono ritrovato nel “clima del Sinodo” (intendendo tutto il percorso, dall’annuncio fino alla pubblicazione dell’esortazione, passando per la preparazione e la tappa celebrativa): un clima di ascolto, di condivisione umile e coraggiosa, e di preghiera. Nel processo del Sinodo – nonostante le critiche e le opinioni diverse – si è costruito un forte consenso e si sono affermate posizioni chiare riguardanti questioni cruciali per la vita dell’Amazzonia, dell’umanità e del pianeta. Oggi, sull’urgenza di tali questioni, gli occhi di tante più persone sono più attenti.
Oltre il conflitto: un cammino in costruzione
Mentre preparavo una breve presentazione dell’esortazione, per un incontro – ormai sospeso – di missionari e missionarie della nostra famiglia religiosa cha lavorano qui in Amazzonia, mi sono trovato nella necessità di raccogliere alcuni elementi dell’esortazione, facendo continui riferimenti al documento finale dell’Assemblea sinodale (ottobre 2019), all’Instrumentum laboris (giugno 2019) e addirittura al Documento di preparazione (giugno 2018) al Sinodo.
La mia intenzione non è stata quella di fare confronti (valutare ciò che si è “guadagnato” o “perduto”… queste valutazioni ci dividono), ma di salvare i grandi contributi, il processo – estremamente ricco e non concluso – e ricercare ciò che lo stesso papa Francesco ci chiede: tutto si risolve in un piano superiore, che conserva le potenzialità delle polarità, diversamente, il conflitto ci chiude, perdiamo la prospettiva e gli orizzonti si riducono (QA 104).
Papa Francesco ha organizzato questa lettera dividendo il testo in quattro sogni. Mi affascina la comprensione dei sogni del popolo con cui vivo: esistono sogni rivelatori, sogni premonitori, sogni sciamanici, sogni che sono viaggi in altre dimensioni… molte volte si sogna la realtà e altre volte si vive un sogno.
I sogni di papa Francesco non sono fantasie; vanno oltre il presente (che può essere segnato da errori e dolori) ma sempre prendendo il via dal presente. Nella prospettiva di allargare gli orizzonti e prendere un ampio respiro, leggo l’esortazione come coloro che sanno che la propria esperienza è sempre limitata.
Però vorrei condividere alcuni elementi che ho trovato nell’esortazione e che avrei proposto – se avessimo realizzato la riunione prevista – ad altri missionari, come ispirazione per il nostro essere e agire, poiché, dal contesto in cui viviamo, sento che questi elementi sono imprescindibili.
L’esortazione – ancora una volta – sprona la Chiesa ad essere fedele alla sua identità: è una Chiesa che non teme di acquisire volti diversi che manifestano meglio la ricchezza della grazia (QA 6), che cammina con i popoli dell’Amazzonia, che ha bisogno di crescere nella cultura dell’incontro verso un’armonia pluriforme (QA 61). Troviamo un appello per una Chiesa profetica: che sia fermento e avanguardia nello stabilirsi di nuove relazioni umane e nuove relazioni con tutte le creature. Crediamo che alcuni elementi (valori, modelli, modi di convivenza) della vita condotta dai popoli nativi in una regione come l’Amazzonia possono essere utili all’umanità intera.
Amazzonia, luogo teologico
Mi consolo quando leggo che i popoli dell’Amazzonia sono i principali interlocutori che dobbiamo ascoltare e da cui dobbiamo imparare (QA 26), che il dialogo con chi pensa diversamente arricchisce la nostra identità (QA 37), che lo Spirito Santo può agire nel diverso e possiamo lasciarci illuminare da questa luce (QA 106).
Papa Francesco ha ascoltato tutti, durante il processo sinodale, e ci ripete fiducioso che la Chiesa si lascia insegnare e tutti noi dobbiamo lasciarci evangelizzare dai poveri (gli esclusi, gli estranei, i non ascoltati), riconoscendo la forza salvifica delle loro vite (EG 198). Il modello divino dell’incarnazione (il Figlio di Dio fatto carne) ci mostra che non si può pensare ad un cristianesimo monoculturale (QA 68).
Io mi sento confortato quando – con un linguaggio tratto da metafore tratte dal tema della terra – siamo invitati a coltivare senza sradicare (QA 28) e a prenderci cura delle radici (QA 33). Queste radici sono la terra, i modi di vita, le culture, le lingue e la spiritualità.
L’invito è rivolto a tutti, ma – abbracciando l’umanità intera – sono convocati in modo particolare i giovani, che devono bere dalle fonti della tradizione, e gli anziani, cui si deve dar voce per ascoltare la loro saggezza e riconoscere i valori di cui sono portatori (QA 70). La Chiesa vuole mettersi a servizio di questo recupero culturale per contribuire alla nuova umanità.
Tale rinnovamento – cui l’esortazione ci invita – è un cammino spirituale. La lettera parla dell’Amazzonia come di un luogo teologico dove Dio si manifesta e chiama i suoi figli (QA 57), dove diverse spiritualità (con miti, riti, simboli ecc.) convivono e possiedono elementi da apprezzare (QA 73), dove Cristo risuscitato penetra ogni cosa (QA 74).
Papa Francesco scruta il cuore dell’umanità: molte volte siamo – o siamo stati – distratti, perdendo la coscienza di un mondo limitato e finito e pensando che le cose potrebbero andare avanti ancora per molto tempo con l’attuale sistema (QA 53).
In comunione con tanti popoli, accettiamo l’appello che papa Francesco ci rivolge: impariamo a contemplare l’Amazzonia (e ciascuno pensi alle diverse “amazzonia”); sentiamoci uniti ad essa, impariamo ad amarla sino alle ultime conseguenze (è la Pasqua!).