A Roma, dal 25 al 27 febbraio scorsi, si è tenuto un importante seminario di studio dal titolo «Verso il Sinodo speciale per l’Amazzonia: dimensione regionale e universale».
Si è trattato del primo effettivo passo di avvicinamento all’assemblea sinodale speciale sulla Regione pan-amazzonica, che si celebrerà in Vaticano dal 6 al 27 ottobre prossimo, sul tema «Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale».
All’incontro sono stati invitati dalla Segreteria generale del sinodo i presidenti delle sette conferenze episcopali in Amazzonia (Antille, Bolivia, Brasile, Colombia, Ecuador, Perù, Venezuela), alcuni capi dicastero della curia romana, la presidenza della Rete pan-amazzonica (Repam), 52 esperti tra vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, laici e laiche di varie parti del mondo, nove consultori della Segreteria generale del sinodo. Le sessioni del seminario sono state moderati da Mons. Ambrogio Spreafico.[1]
Popoli liberi e non complessati
Il mattino di lunedì 25 febbraio, si sono aperti i lavori col saluto iniziale del cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, il quale ha sottolineato come il Sinodo non sia un evento ma un processo, secondo la costituzione apostolica Episcopalis communio.
Pertanto, si è inteso radunare pastori ed esperti, amazzoni e di altre parti del mondo, per discutere su dimensione regionale e universale del Sinodo amazzonico che, pur trattando temi locali, si celebra a Roma mostrando così la relazione tra località e universalità.
L’impianto del seminario è stato strutturato intorno a due relazioni principali, seguite da ventisei comunicazioni e da un ampio dibattito. La prima relazione è stata tenuta da don Giovanni Bottasso[2] su «La missione della Chiesa in Amazzonia alla luce di Evangelii gaudium».
Che si chiesto se «è possibile che una Chiesa che è stata in grado di andare oltre i limiti del mondo ebraico per affrontare l’immensa complessità della cultura greco-romana, che ha evangelizzato i barbari, che ha accompagnato innumerevoli popoli nel compito di elaborare una sintesi tra cristianesimo e le sue tradizioni, non sia in grado di suscitare nel suo seno uomini e donne sufficientemente creativi per camminare accanto alla gioventù indigena, in un processo di difficile transizione?».
Il relatore ha poi proseguito: «In nessun modo si pretende di impedire la modernizzazione delle popolazioni indigene. Nessuno può decidere per loro e, inoltre, sarebbe una operazione antistorica e impossibile. Ciò che si desidera è semplicemente quello lungo il cammino dell’inevitabile transizione non perdano il senso della loro identità, di orgoglio, della loro appartenenza, l’attaccamento ai valori della propria origine. Senza questo ancoraggio diventeranno popoli e individui complessati, in cui il Vangelo non lascerà alcuna traccia».
Pastorale e liturgia
Alla prima relazione, incentrata su alcuni aspetti ecclesiali e pastorali alla luce dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, sono seguiti diversi approfondimenti: su «Catechesi e formazione cristiana» sono intervenuti p. Juan Carlos Andueza,[3] OFM Capp, e don Luciano Meddi.[4] Sono seguite le comunicazioni sul tema della «Inculturazione» di mons. David Martínez de Aguirre Guinea, OP, vicario apostolico di Puerto Maldonado (Perù), e di p. Daniel Pilario, CM.[5] La mattinata si è conclusa con i contributi sulla «Vita consacrata» di suor Alba Teresa Cediel Castillo, MML, esperta di etica e pedagogia (Colombia), e di p. Bruno Cadoré, OP, maestro generale dell’Ordine dei Predicatori.
Nel pomeriggio si è tenuta la seconda sessione con gli approfondimenti su «Liturgia e vita sacramentale» (p. Francisco Taborda, SJ,[6] e p. Corrado Maggioni, SMM[7]). Sono seguiti quindi ulteriori interventi su «Ministeri ecclesiali» (con le comunicazioni di don Ricardo de Castro Gonçalves[8] e di p. Felipe Jaled Alí Modad Aguilar, SI[9]) e su «Pietà popolare e proselitismo delle sette» (p. Thierry Linard de Guertechin, SJ,[10] e p. Diego Irarrázaval, CSC[11]).
Ecologia integrale
Il mattino di martedì 26 febbraio si è aperta terza sessione con la seconda relazione principale su «L’ecologia integrale in Amazzonia alla luce di Laudato si’», tenuta da p. Francisco Xavier Álvarez de los Mosos, SJ.[12]
Sono poi stati approfonditi alcuni aspetti collegati alla questione ecologica, come «Ecologia ambientale» (p. Fray Eduardo Agosta Scarel, OCarm,[13] e p. Séan McDonagh, SSC[14]); «Ecologia sociale e culturale» (prof.sa Moema de Miranda[15] e mons. Pirmin Spiegel[16]). La mattina si è conclusa con gli interventi su «Ecologia politica ed economica» (mons. Evaristo P. Spengler, OFM, vescovo prelato di Marajó (Brasile), e suor Alessandra Smerilli, FMA[17]).
Nel pomeriggio, la quarta sessione si è svolta con gli approfondimenti sulla «Questione indigena» (prof. Günter Francisco Loebens[18] e p. Rigobert Minani Bihuzo, SJ[19]). Si è affrontato quindi il tema della «Educazione ecologica», a cura di suor Birgit Weiler, MMS,[20] e di don Joshtrom Kureethadam, SDB.[21] «La spiritualità ecologica» è stato l’ultimo aspetto discusso in giornata con le comunicazioni del diacono Alirio Cáceres Aguirre[22] e di p. Giuseppe Buffon, OFM.[23]
In vista del sinodo
Il mattino di mercoledì 27 febbraio si è tenuta la quinta e ultima sessione aperta con l’intervento del moderatore, Mons. Ambrogio Spreafico, sulle «Prospettive in vista del Sinodo»; che ha sottolineato il valore di essere insieme a rappresentare lo spirito e la passione per una fede che deve diventare cultura, che entra nella storia con i popoli indigeni dell’Amazzonia.
La Bibbia è una parola vissuta nella storia; l’Eucaristia è «in memoria di me» e ricorda la storia. In questo incontro abbiamo sperimentato la ricchezza di parole, in lingue diverse, intorno a colui che rappresenta l’unità nella frammentazione del mondo: papa Francesco. Il mondo è segnato da molte guerre, anche online: anche qui si può distruggere la vita della gente.
Tra i temi di maggior rilievo, Spreafico ha sottolineato quello dell’ecologia integrale. L’uomo è parte integrante del creato. Ci sono connessioni da scoprire e analizzare. La madre terra (che non è un Dio) comprende tutti e rende possibile la vita a tutti.
Com’è stato possibile mettere in discussione l’armonia di esistenti in un grande bacino come l’Amazzonia? L’iniquità planetaria – dice papa Francesco – riguarda il pianeta terra. Sono stati evidenziati molti aspetti di questa iniquità: colonizzazione oppressiva e violenta; predazione delle risorse e delle persone.
Il grido della povera madre terra si unisce al grido dei poveri, come ci ricorda la Laudato si’. Dio ascolta sempre il grido dei poveri, e talvolta è l’unico.
Dunque, che fare? Bisogna avere la coscienza della forza del male. Nella Scrittura, la salvezza giunge quando ci si accorge di essere avvolti dalla rete del male. Con questa coscienza è necessaria la denuncia, ma non basta, perché siamo di fronte al potere demoniaco del denaro. Occorre dunque trovare alleati del bene, reti di uomini e donne che sappiano lavorare insieme per il bene; bisogna fare alleanze.
Non si può solo gridare contro altri. Dobbiamo penetrare nella rete del male per costruire il bene. Bisogna parlare con tutti, anche con quelli che sono contro di noi. Occorre far crescere modelli di sviluppo alternativi, mostrando che sono benefici, senza essere ideologici, ma sapienti. L’ideologia non cambia che in peggio la storia. La sola denuncia non fa che favorire le cattive prassi. Il compito del dialogo è costruire, con pazienza. Francesco d’Assisi incontrava poveri e ricchi, i lebbrosi e il Sultano. Da soli non riusciremo.
Locale e universale
Poi ci sono le domande più interne, sulla autocomprensione della Chiesa: il rapporto tra località e universalità. L’essere cattolici ci libera dall’etnicismo. Bisogna vigilare per evitare di divenire etnicisti. Rispetto ai ministeri non possiamo fare una lettura solo a partire dal Nuovo Testamento: la Chiesa si è costituita nel tempo, si è data una struttura gerarchica, che è parte del popolo di Dio.
Come pastori, siamo ordinati per la Chiesa universale e inviati a quella particolare. Noi siamo prima popolo, ove ci sono carismi e ministeri. La nostra ricchezza consiste nell’andare oltre il particolare. La Chiesa non è un monolite. Ogni nuova esigenza deve essere supportata da una riflessione biblica e teologica.
Qui c’è una sfida all’evangelizzazione: è la globalizzazione che cambia il modo di pensare e di vivere. Non si tratta solo di preservare le culture. La globalizzazione va governata, altrimenti ti mangia. La sfida riguarda i giovani, l’urbanizzazione, le migrazioni.
Poi le sette e l’evangelicalismo pentecostale, con la proposta di prosperità e di benessere. Bisogna ricuperare la passione per la missione del Vangelo. «Io sono missione su questa terra» ci ricorda Evangelii gaudium.
Non bastano piani pastorali e neanche le lettere pastorali: bisogna vivere la passione per il Vangelo. La missione è una fede che diventa cultura, attraverso l’intreccio di culture. La radice della fede cristiana è biblica, con radici semitiche. I proverbi del tuo popolo non sono equiparabili a quelli della Bibbia: le radici ebraiche non possono essere dimenticate.
Infine, da biblista, Spreafico, si è soffermato sui primi capitoli del Genesi, in cui si celebra la gioia della festa che include la creazione (cf. Gn 1,2-4). Il culmine della creazione non è l’essere umano. Dio inizia mettendo ordine al caos, separando, distinguendo. Il quarto giorno è il centro della creazione: è stabilito il tempo di Dio. Alle stagioni sono legate le grandi feste: lo shabbath è il compimento della creazione, quando l’uomo e la donna riconoscono Dio e lo lodano.
La creazione è imperfetta e incompiuta: ogni giorno deve essere riconosciuta come dono di Dio. Ogni condizione vissuta davanti è Dio è liberante, anche il lamento e il grido è lode perché ci dà la forza per combattere il male col bene. Nell’eschaton la salvezza è del cosmo, non solo dell’uomo e della donna. Dobbiamo rileggere quanto abbiamo detto con sapienza biblica e teologica più profonda. Gli eventi o sono letti spiritualmente oppure rimarranno delle cose che succedono, senza alcun cambiamento. La rabbia va capita, perché da sola non cambia la storia.
Non temere lo Spirito
Di particolare interesse è stato l’intervento del cardinale Cláudio Hummes, OFM, arcivescovo emerito di São Paulo,[24] che ha espresso la propria soddisfazione per aver preso parte a questo seminario visto come un grande contributo alla fondazione scientifica e intellettuale del Sinodo sull’Amazzonia.
L’unità non ci può dispensare dalla diversità. Dentro la teologia trinitaria vi è la diversità nell’unità.
La Chiesa in America Latina costituisce una diversità che deve essere accolta dalla Chiesa d’Europa. Il Sinodo sull’Amazzonia è un riconoscimento di questa diversità.
Il cardinale ha messo in rilievo alcuni aspetti, tra i quali l’accento posto da papa Francesco nel suo annuncio del Sinodo: prima di vedere, giudicare, agire, bisogna ascoltare il grido. Egli ha insistito nel non «diluire»; il Sinodo non è per parlare di tutto, ma per non perdere il focus: «Amazzonia, nuovi cammini per una ecologia integrale».
Individuare «nuovi cammini», non antichi; non aver paura del nuovo, senza difendersi e resistere. Confidare nello Spirito: ovvero alzarsi dalla sicurezza in difesa, per camminare insieme, come amici e fratelli, rispettando le differenze e le diversità. Il Vangelo ha avuto un’inculturazione europea secolare, ma questo non significa che una cultura può esaurire la ricchezza del Vangelo. Dunque, come rispettare le diversità che arricchiscono la Chiesa? Non si tratta di parlare di tutto, ma appunto di mantenere il focus.
Ci sono forti resistenze: la nuova colonizzazione dell’Amazzonia. I popoli originari non devono essere colonizzati neppure dalla Chiesa: essi hanno una storia, la presenza di Dio, una cultura.
Si può avere indignazione non arrabbiata, né violenta, ma orientata alla negoziazione. Fuggire dall’ingenuità di pensare che il mondo sia disposto a dialogare.
Con la ferma volontà di dialogare, ricominciando sempre ad ascoltare. Il profetismo è indignazione con tenerezza. Una parola poi meritano i termini, che talvolta sembrano alternativi, di inculturazione e interculturalità: che non sono opposti, ma da coniugare insieme. L’inculturazione è fondamentale: Gesù si è inculturato.
Prima le comunità, poi il ministero
Dobbiamo poi riflettere su Chiesa indigenista e indigena. I fatti non si possono negare, ma interpretare. Perché siamo indignati? Perché ci sono i fatti. La Chiesa indigenista difende i diritti degli indigeni. Ma dobbiamo fare un passo avanti, verso una Chiesa indigena, che accoglie Gesù Cristo, in un processo, affinché esprima la sua fede nella sua cultura, a partire dalla sua identità, storia e cultura che non è europea.
Si tratta di una Chiesa indigena con i propri pastori. Non siamo preoccupati per il ministro, ma per la comunità.
Perciò si tratta di abbattere muri e costruire ponti, che possano essere attraversati da tutti con le proprie diversità. Una Chiesa indigena non si fa con un decreto. Questo Sinodo può essere storico per la Chiesa intera. Non si deve ripetere ciò che già esiste. Per una Chiesa indigena è necessaria la inculturazione.
Altro tema decisivo è quello dalla ecologia integrale: un tema profondamente nuovo. Il paradigma tecnocratico viene dalla modernità. La grande conquista positiva della soggettività si è trasformata in soggettivismo. Le relazioni umane sono fondamentali e il paradigma tecnocratico le distrugge. Noi siamo figli della terra; su di noi Dio ha soffiato il suo Spirito, ma veniamo dalla terra.
La sostenibilità oggi è una parola detta da tutti. Ma cosa significa? Significa «rigenerare», questa è sostenibilità: la capacità di produrre senza devastare. Tutto è collegato, perché Dio si è legato a noi in Gesù Cristo per sempre. Il Risorto è un modello, prima rivelazione di come sarà il mondo futuro. Gesù Cristo è il punto trascendente (cf. Paolo, P. Teilhard de Chardin). Tutto è collegato, come se fossimo uno, in questa casa comune.
Infine, un’ultima parola sulla Repam. Questa idea nasce per la maggior comunione e solidarietà in Amazzonia nel 2014. Dopo la conferenza di Aparecida (2007) emerge l’esigenza di un piano pastorale per tutta l’Amazzonia. Nove paesi interessati, non come territorio di conferenze episcopali. Una nuova situazione, un nuovo soggetto ecclesiale. La decentralizzazione è un po’ dolorosa. Si trattava di creare un servizio affinché tutti potessero entrare in rete e non sentirsi isolati. Un servizio di articolazione dipendente dai missionari locali.
A conclusione degli intensi lavori seminariali, il cardinale Lorenzo Baldisseri ha rivolto una parola di ringraziamento a tutti i protagonisti del’evento: i presenti, i cantori, i 26 relatori e soprattutto il Signore. Il Seminario si inserisce nel cammino preparatorio del sinodo, mentre si avvia il lavoro di redazione dell’Instrumentum laboris con le risposte che stanno arrivando.
Alla sfida sociale ed ecologica si assomma quella ecclesiale fra annuncio e interculturalità.
[1] Già rettore magnifico della Pontificia università urbaniana, attualmente vescovo di Frosinone-Ferentino e presidente della Commissione CEI per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso.
[2] Salesiano italiano, da sessant’anni residente in Ecuador.
[3] Spagnolo residente in Ecuador, coordinatore di programmi catechistici e di pastorali inculturata con i popoli Waorani e Kischwain al confine tra Ecuador, Perù e Colombia.
[4] Professore all’Istituto di catechesi missionaria della Pontificia università urbaniana.
[5] Decano della Saint Vincent School of Theology e alla Adamson University di Manila (Filippine).
[6] Professore emerito di teologia dei sacramenti presso la Facoltà gesuita di filosofia e teologia di Belo Horizonte (Brasile).
[7] Sotto-Segretario della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti.
[8] Esperto di ministeri ecclesiali (Brasile).
[9] Coordinatore della commissione diocesana par il diaconato permanente della diocesi di San Cristóbal de las Casas (Chiapas, Messico).
[10] Consigliere dell’osservatorio di giustizia socio-ambientale «Luciano Mendes de Almeida» (Brasile).
[11] Già professore presso l’Istituto superiore di teologia e pastorale di Santiago del Cile.
[12] Esperto in ecologia, analisi della realtà sociale e spiritualità, membro di Alboan (ONG di cooperazione internazionale dei gesuiti).
[13] Professore all’Università nazionale di La Plata e ricercatore presso il Consiglio nazionale di ricerca scientifica e tecnica; esperto in ambiente e cambiamenti climatici (Argentina).
[14] Missionario colombano, esperto in teologia e ecologia ambientale (Irlanda).
[15] Segretaria della Rete Chiese e minerazione, coordinatrice del Servizio inter-francescano di giustizia, pace ed ecologia; consulente della Repam Brasile, antropologa, esperta in spiritualità amazzonica (Brasile).
[16] Direttore di Misereor (Germania).
[17] Docente di economia politica presso la Pontificia facoltà di scienze dell’educazione Auxilium (Italia).
[18] Missionario del Consiglio missionario indigeno – Cimi / Gruppo di supporto per le popolazioni indigene libere (isolate) (Brasile).
[19] Assessore del Secam per la costruzione della Rete ecclesiale del bacino idrografico del Congo (Rebac).
[20] Docente di teologia e ricercatrice presso l’Università gesuita Antonio Ruiz de Montoya (Uarm), esperta in temi di pastorale sociale ed educazione multiculturale bilingue con popoli amazzonici (Perù).
[21] Coordinatore della sessione «Ecologia e creazione» del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, e docente presso la Facoltà di teologia della Pontificia università salesiana.
[22] Consulente in ecologia integrale del CELAM e per la Caritas dell’America Latina e dei Caraibi; membro dell’Area eco-teologica e spiritualità della Rete ecumenica «Chiesa e miniera» (Colombia).
[23] Decano della Facoltà di teologia della Pontificia università Antonianum.
[24] Presidente della Commissione episcopale per l’Amazzonia della Conferenza nazionale dei Vescovi del Brasile (C.N.B.B.), presidente della Repam.