Alla fine di gennaio è uscito un documento del sinodo generale della Chiesa d’Inghilterra. A firma del presidente del consiglio per le missioni e gli affari pubblici, Mark Sheard, il testo raccoglie in 21 punti una valutazione complessiva dei primi due anni di guerra di aggressione della Russia all’Ucraina. È la seconda riunione che il sinodo dedica alla guerra, a dieci anni dall’occupazione della Crimea e a due anni dall’invasione.
Come si distrugge un popolo
«La guerra in Ucraina non riguarda solo il futuro dell’integrità territoriale e della sovranità dell’Ucraina, ma l’intero quadro strategico dell’Europa dopo la guerra fredda e, più in generale, la forma futura dell’ordine internazionale liberale basato sui valori che hanno prevalso dal 1945».
Ruolo delle fedi, libertà religiosa e ordine internazionale vengono declinati assieme. Le prospettive di una soluzione militare e diplomatica non sono imminenti. Sia Putin che Zelensky non recedono dalle loro posizioni. Il primo non accetta nulla che possa somigliare a una sconfitta, il secondo non rinuncia alla ripresa di tutti i territori occupati (Crimea e Donbass).
I costi del conflitto stanno diventando altissimi. Il New York Times parla di 500.000 militari uccisi o feriti. L’ONU stima in 17,6 milioni di persone che hanno urgente bisogno di aiuti. I profughi ucraini in Europa sono circa 6 milioni. L’economia si è contratta del 30% e per la ricostruzione ci vorranno oltre mille miliardi di dollari.
Nel prolungamento della guerra, la Russia ha il vantaggio di un’economia per gran parte bellica, un PIL superiore di quindici volte quello ucraino e un numero di riservisti quadruplo. Più motivati i soldati di Kiev, ma le armi vengono dall’Occidente e dalle sue altalenanti maggioranze. Per alcune di esse, solo una chiara sconfitta di Mosca può garantire l’indipendenza ucraina e il ridimensionamento russo. Per altre, il negoziato è inevitabile perché non si può escludere il collasso dell’Ucraina. Il suo ancoraggio politico e militare all’Occidente potrebbe far tollerare la riduzione del 20% del suo territorio (Crimea e Donbass).
Inoltre, gran parte dei Paesi «non allineati» si sono esclusi da ogni impegno per le contraddizioni occidentali, i danni all’agenda globale dello sviluppo e il pericolo di un conflitto atomico. Per questo, dietro le quinte, sono molti i mediatori all’opera. Essi fanno forza sul pieno impegno degli Stati Uniti e sono sensibili al necessario ridisegno del multilateralismo post-bellico.
Dottrina anglicana della guerra
La dottrina sulla guerra moderna dell’anglicanesimo fa forza sul magistero di due vescovi operanti prima e a cavallo della seconda guerra mondiale: mons. George Bell e mons. William Temple. In pace o in guerra, il mandato della Chiesa non cambia: l’annuncio del Vangelo. Non deve appiattirsi nel sostegno acritico allo sforzo bellico. Sono sei i pericoli maggiori. Anzitutto, lo sciovinismo e l’euforia, che sfociano nel nazionalismo cieco. Importante da rilevare è il rifiuto della demonizzazione del nemico, e l’esortazione a coltivare tutti i rapporti possibili.
La guerra può essere accettata solo con sofferenza, sapendo che rappresenta comunque una sfida per la fede cristiana. È importante che si documentino le atrocità commesse e che i responsabili siano chiamati a risponderne nei tribunali, vegliando perché lo ius in bello (il diritto umanitario internazionale; cf. qui su SettimanaNews) sia salvaguardato. Evitare la scelta dei vincitori, dopo la prima guerra mondiale, di farla pagare ai vinti.
Inoltre: «Se il rinnegamento da parte dell’Occidente delle promesse fatte alla Russia alla fine della guerra fredda è stata una variabile, anche se non determinante, che ha contribuito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, come può l’Occidente garantire che, nel sostenere il diritto all’autodifesa dell’Ucraina, non cerchi… una più ampia umiliazione della Russia e la riorganizzazione dell’architettura della sicurezza europea a sfavore della stessa?».
Si afferma, infine, l’urgenza che l’attuale sistema di governance internazionale sia ridisegnato per trovare soluzioni ai nuovi problemi internazionali.
Cirillo immemore
Nel quadro dei criteri qui schematizzati, torna con forza la denuncia ai comportamenti del patriarca Cirillo e alla direzione della Chiesa ortodossa russa che hanno piegato la fede a giustificazione della guerra, condividendo il disprezzo del nemico ucraino e ignorando i massacri e le disumanità delle truppe di Putin.
Il patriarca – è un mio commento – sembra aver dimenticato quello che ha scritto e approvato ne I fondamenti della concezione sociale: «La guerra è male. Essa è causata, come il male nell’uomo in generale, dall’abuso peccaminoso della libertà data da Dio» (cap. 8, par. 8, n. 1).
La Chiesa anglicana, pronunciandosi contro l’invasione e per il sostegno all’Ucraina, non ha smesso di porre domande etiche al sostegno del governo inglese, richiamando tutti al rispetto del diritto umanitario, alla corretta registrazione dei crimini di guerra, alla trasparenza dei costi dell’intervento bellico.
La Chiesa è convinta dell’urgenza di accordi di pace, offrendo per ora un’ampia gamma di aiuti. Sono stati raccolti 435 milioni di sterline per le associazioni caritative cristiane in Ucraina. Essa sostiene gli sforzi del Consiglio mondiale delle Chiese (CEC) per il dialogo interconfessionale russo-ucraino e si preoccupa della difesa e della protezione dei siti religiosi distrutti o danneggiati.
E tutto questo in una visione ecumenica che schiodi le comunità religiose dalla giustificazione acritica della guerra.
Domande alle Chiese ucraine
Entrando più direttamente nel contesto confessionale ucraino, il documento anglicano ricorda che sono tollerabili «restrizioni alla libertà di manifestazione della religione solo se sono prescritte dalla legge e necessarie per proteggere la sicurezza pubblica». Altrimenti, si corre il rischio di ingiustificate punizioni collettive.
Pone quindi in dubbio la pertinenza del progetto di legge che prevede lo scioglimento di comunità i cui vertici siano in Russia (cioè la Chiesa non autocefala ucraina), la proposta di legge 8371. Essa può diventare una minaccia per la risposta unitaria della società all’aggressione russa e sembra non riconoscere gli sforzi fatti dalla Chiesa di Onufrio per staccarsi da Mosca.
Vi è più di un sospetto per l’allontanamento del monastero e dell’accademia teologica della Chiesa di Onufrio dalla laura delle grotte di Kiev e per la diffusa pratica delle amministrazioni locali che sottraggono alla Chiesa non autocefala comunità e edifici, non senza episodi di violenza. Non è accettabile che si giustifichi la sospensione dei diritti di libertà religiosa attendendo la fine della guerra.
Meno noti ma non meno problematici i comportamenti dei russi nelle zone occupate in cui, contro il diritto umanitario, applicano le leggi russe, pongono restrizioni alle minoranze religiose e attuano sparizioni, detenzioni e torture contro il clero e i membri delle comunità greco-cattoliche ed evangeliche. A loro carico, vi è la preoccupante distruzione del patrimonio culturale e religioso. L’attacco missilistico alla cattedrale di Odessa è emblematico.
Per il futuro, sia la Chiesa anglicana sia il governo inglese sono chiamati ad elaborare una diversa visione per un ordine internazionale che rimanga ancorato alle regole condivise. La prevedibile nuova era di rivalità fra le potenze (USA, Cina e BRICS) impone una nuova vitalità all’ONU e un rinnovato sforzo di cooperazione internazionale.
Secondo me le religioni oltre il dialogo intereligioso devono sviluppare il rispetto e la valorizzazione reciproca dando importanza agli elementi comuni per aiutare le persone ad amarsi ed a rispettarsi nella diversità. Non escluderei in dialogo anche con chi non è religioso ( atei, agnostici) perché la società è composta anche da loro. Condivido il dare maggiore vitalità all’ONU affinché diventi capace a sedare i conflitti.