Padre Leone Dehon ha vissuto in prima persona, come stenografo, il concilio Vaticano I (8 dicembre 1869 – aggiornato sine die il 20 ottobre 1870).
Le note riguardanti questo periodo sono state redatte in una sorta di diario che raccoglie le memorie della sua vita (Notes sur l’histoire de ma vie).
In occasione del 150° anniversario dell’apertura del Concilio, come rivista dehoniana, desideriamo condividere con i nostri lettori e lettrici non solo un modo di guardare alla Chiesa e alla società a partire dall’attualizzazione della spiritualità dehoniana nel contesto dell’Europa contemporanea, ma anche le nostre radici storiche che risalgono all’esperienza spirituale e al carisma di fondazione di p. Dehon.
Ma oggi qual è lo scopo di questa assemblea del pontefice? Il Santo Padre ne ha tracciato la via nella bolla di indizione: «In questo Concilio generale si dovranno accuratissimamente esaminare e stabilire le cose che prima di tutto riguardano, specialmente in questi difficilissimi tempi, la maggior gloria di Dio, l’integrità della fede, il decoro del culto divino, l’eterna salute delle anime, la disciplina del clero secolare e regolare, l’istruzione salutare e solida dello stesso clero, l’osservanza delle leggi ecclesiastiche, la correzione dei costumi e la cristiana educazione della gioventù, la comune pace e concordia di tutti. Parimenti con impegno intensissimo si deve procurare che, con l’aiuto di Dio, siano rimossi i mali dalla Chiesa e dalla società civile, affinché i miseri erranti vengano richiamati al retto sentiero della verità, della giustizia e della salute; siano eliminati i vizi e gli errori; l’augusta nostra Religione e la sua salutifera dottrina rivivano in tutto il mondo e ogni giorno di più si dilatino e dominino, sicché la pietà, l’onestà, la probità, la giustizia, la carità e tutte le virtù cristiane, con somma utilità della società umana, prendano vigore e fioriscano».[1] Tale sarà dunque lo scopo di questa assemblea, la più solenne sulla terra.
Sotto il mantello dello Spirito
Di buon ora, la mattina dell’8 dicembre, una folla immensa riempie la basilica di San Pietro. Una moltitudine di pellegrini giunti da tutte le parti del mondo sono venuti qui per congiungersi ai romani per porgere un saluto al Concilio nel giorno della sua apertura. I prelati sono stati convocati nella vasta cappella che è situata sotto l’atrium. Si tratta di circa un migliaio di persone: cardinali, patriarchi, primati, arcivescovi, vescovi, di tutti i paesi e di tutti i riti. Alle otto il Santo Padre arriva tra di loro e li benedice. Tutti si inginocchiano. Il Santo Padre intona il Veni Creator e la processione viene preparata. Questa marea di prelati scende verso la basilica. Avanzano due a due. La piccola guardia pontificia tiene libero il passaggio. I prelati passano cantando il Veni Creator e vanno verso l’altare della Confessione.
Tra i presenti nella folla, ciascuno riconosce i suoi. Si rende manifesto quello che la loro scienza e la loro eloquenza hanno reso celebre, quelli venuti da lontano, quelli che hanno fondato delle nuove Chiesa tra i popoli barbari, quelli che hanno sofferto per la loro fede. I latini hanno la mitria bianca, gli orientali hanno le loro corone simili a quelle dei re.
Sull’altare maggiore viene esposto il santo sacramento e, dopo averlo adorato, i prelati si recano nella sala conciliare. Poi arriva il Santo Padre. La folla non può trattenere le sue acclamazioni, nonostante la serietà e solennità di ciò che sta accadendo. Siamo là anche noi, gli stenografi per ultimi, come giustamente conviene alla nostra modesta funzione: «Da ultimi, dopo gli officiali, procedono gli stenografi indossando la veste talare». Il mio cuore batteva forte, e pregavo per la Chiesa ammirando questa imponente manifestazione della sua unità e santità.
Il Santo Padre adora il santo sacramento, canta le orazioni dello Spirito Santo e della santa Vergine e si reca nella sala conciliare. Tutti i prelati sono seduti secondo il loro rango. Siccome non dobbiamo scrivere nulla nel corso delle sessioni solenni, siamo seduti nelle tribune superiori, giusto sotto quelle riservate ai principi e agli ambasciatori.
Il cardinale decano del Sacro Collegio canta la messa dell’Immacolata Concezione. Dopo la messa, il Concilio ascolta la meditazione di un vescovo che appartiene all’ordine dei Cappuccini, monsignor Passavalli nativo di Trento e vescovo di Iconium (…).
Dopo la meditazione il Santo Padre dà la sua benedizione e si veste dei paramenti sacri come per la messa, mentre viene recitato il Salmo 83. A questo punto inizia la toccante celebrazione dell’obbedienza. Tutti i padri del Concilio, uno per uno, si recano a rendere al Santo Padre l’omaggio della loro sottomissione. I cardinali baciano le mani (del papa), gli arcivescovi le sue ginocchia, gli abati e i superiori degli Ordini i suoi piedi. Che magnifica testimonianza dell’unità della Chiesa e dei vincoli di carità e di obbedienza che fortificano e perpetuano questa unità!
Adsumus, Domine, Sancte Spiritus
Dopo l’obbedienza tutti i padri si inginocchiano e il papa, da solo, pronuncia questa magnifica preghiera e professione di fede: Adsumus, Domine, Sancte Spiritus… Traduco: «Eccoci qui, Spirito divino, eccoci qui umiliati dalle nostre colpe e però riuniti nel vostro nome. Venite a noi, dimorate tra noi, degnatevi di effondervi nei nostri cuori. Insegnateci quello che dobbiamo fare, verso dove dobbiamo andare. Mostrateci quello che dobbiamo fare con il vostro aiuto per poter essere a voi graditi. Siate la nostra salvezza e l’autore dei nostri giudizi. Voi che solo, insieme a Dio il Padre e suo Figlio, possedete un nome glorioso.
Non permettete che offuschiamo la causa della giustizia, voi che amate la sovrana equità. Fate che l’ignoranza non ci incateni, che la benevolenza non ci indebolisca, che i doni o l’amicizia non ci corrompano. Ma uniteci efficacemente a voi mediante il dono della vostra grazia, affinché noi diveniamo uno in voi, per non allontanarci di nulla dalla verità, così che riuniti in vostro nome, sappiamo mettere insieme la giustizia e la pietà, che i nostri pensieri siano conformi ai vostri e che, compiuto il nostro dovere, riceviamo la ricompensa eterna».
Che impressione profonda lascia poi in tutti i cuori il canto delle litanie! La Chiesa militante associa la Chiesa trionfante alle sue battaglie. Nel corso delle litanie per tre volte il supremo pontefice benedice il Concilio: Ut hanc sanctam Synodum et omnes gradus ecclesiasticos benedicere, regere et conservare digneris, te rogamus audi nos. Quale contrasto rispetto alle nostre povere assemblee politiche, che non sanno più invocare Dio all’inizio dei loro lavori!
Allocuzione di Pio IX
Poi il cardinale diacono canta il Vangelo e l’Evangelario viene posto sull’altare. A questo punto il Santo Padre fa leggere la sua allocuzione al Concilio; la riassumo per sommi capi: «Il nostro cuore esulta di gioia vedendo questa assemblea conciliare riunirsi sotto gli auspici della Vergine Immacolata; e vedendo voi, che condividete con noi la nostra sollecitudine per il governo della Chiesa, qui riuniti più numerosi che mai.
Vi siete riuniti nel nome di Cristo per rendere con noi testimonianza alla parola di Dio, per insegnare agli uomini la via della salvezza e per condannare le opposizioni che si appropriano dal falso nome della scienza.
Voi sapete come la Chiesa sia attaccata da nemici potenti che portano avanti il pretesto della libertà. I diritti rispettivi sono violati, i vincoli di giustizia e di autorità si sono allentati. Ma la Chiesa, come dice san Crisostomo, è più forte di tutti i suoi nemici. Il cielo e la terra passeranno, ma le parole di Cristo non passeranno mai – e si tratta di queste parole: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” (Mt 16,18).
Il nostro cuore deborda di affetto. Vedendovi ci sembra di vedere tutta la Chiesa, e pensiamo a tante prove di amore che abbiamo ricevuto, a tante buone opere compiute sotto la vostra direzione. Non possiamo resistere al desiderio di esprimere, in vostra presenza, la nostra riconoscenza per tutti i fedeli e preghiamo Dio affinché la testimonianza della loro fede, molto più preziosa dell’oro (cf. 1Pt 1,17), sia gradita a Dio.
Pensiamo poi alla misera condizione di tanti uomini che si ingannano sulla realizzazione della vera felicità e desideriamo provvedere alla loro salvezza.
Gettiamo il nostro sguardo su questa città privilegiata che, grazie all’aiuto di Dio, non è ancora caduta in mano alle nazioni, e ci felicitiamo per l’amore e la fedeltà del nostro popolo.
Noi gioiamo nel Signore anche per il vostro zelo e la vostra strettissima unione con noi e con la Santa Sede…».
Gli ultimi sprazzi di un’epoca al tramonto
Dopo questa cordiale effusione, il Santo Padre invoca lo Spirito Santo, la Vergine immacolata, i santi apostoli Pietro e Paolo e tutti i santi.
Nella parole di questa allocuzione si ritrova tutto lo spirito di Pio IX. Uno spirito buono, uno spirito sempre pio, ma anche uno spirito fine. Giustamente, il primo giorno (del Concilio) e come senza parlarne, ha condannato il liberalismo, ha rivendicato i diritti temporali del papato e ha raccomandato ai padri del Concilio l’unione con lui e con la Santa Sede (…).
Dopo l’allocuzione di Pio IX si canta di nuovo il Veni Creator, poi tutto il personale non-conciliare viene fatto uscire e i padri del Concilio votano due decreti che riguardano la dichiarazione di apertura del Concilio e l’inizio della seconda sessione fissata per il 6 gennaio. Il tutto termina con il canto del Te Deum.
Dopo si rientra sotto una pioggia battente. Un buon numero di vescovi poveri vanno a piedi, portando le loro insigne sotto il braccio. Altri salgono in quattro su una carrozza sgangherata. È chiaro che il clero non dispone più di quelle ricchezze che nei secoli passati oscuravano quelle di qualcun’altro.
Testo tratto da: L. Dehon, Notes sur l’histoire de ma vie. Cahier VII (nostra traduzione dal francese).
[1] Pio IX, Aeterni Patris, Bolla di indizione del Concilio Vaticano (29 giugno 1968).
Una strada fecondissima: dalla dottrina, all’ecumenismo, alla psicologia, alla logica, alla cultura tutta, alla pastorale. Comporta un salto di paradigma che pochi tra le gerarchie hanno iniziato a percepire, grazie alle oscillazioni dovute agli orientamenti di GP II, Benedetto XVI e Francesco. In vario modo i riduttivismi del razionalismo: la ragione astratta; lo spirito disincarnato; il resto pragmatico. Talora giustapposti. Il cuore divino e umano di Gesù è la chiave di ogni cosa.