Per una normalità nuova e spirituale: questo il titolo di una significativa lettera pastorale dei vescovi austriaci, datata a Pentecoste (31 maggio 2020). Partendo dal racconto degli Atti degli apostoli (2,1-6), i vescovi hanno sviluppato in una ventina di pagine il tema dei sette doni dello Spirito, chiedendosi quali sarebbero i nuovi doni dello Spirito dopo il culmine della pandemia.
Sono nate così le sette coppie di valori che la fede suggerisce ai credenti e a tutti gli uomini e donne di buona volontà in un momento storiche che potrebbe ridefinire molte modalità del vivere: spirito di gratitudine e umiltà; spirito di riconciliazione e unità; spirito di attenzione e solidarietà; spirito di valorizzazione e docibilità; spirito di curiosità e di decisione; spirito di pazienza e gioia di vivere; spirito di fiducia e di sicurezza.
Alla riflessione sul contesto della pandemia si aggiunge una particolare attenzione all’enciclica Laudato si’ non solo per l’occasione dei suoi 5 anni di pubblicazione, ma per la sua capacità profetica di indicare una profonda revisione della vita personale e collettiva. Il passaggio tra la fase più acuta e il processo di normalizzazione richiede la conferma di una criterio decisivo: il bene comune, senza rinunciare alla libertà individuale. «Per questa delicata, ma necessaria considerazione abbiamo bisogno di un nuovo Spirito» che rinnovi, come a Pentecoste, il miracolo dell’accordo e del mandato.
Gratitudine e unità
Spirito di gratitudine e umiltà. Un sincero grazie è risuonato nei giorni difficili dell’esplosione del Covid-19. Anzitutto a Dio che ha donato pace e speranza, ma poi a molti, a partire da chi ha garantito il funzionamento delle infrastrutture essenziali (sanità, alimentari, trasporti, energia, finanza, pubblica sicurezza), alle famiglie che hanno coltivato le relazioni e il compito educativo, ai servizi ospedalieri, ai bambini e ai giovani che si sono adattati alle nuove disposizioni restrittive. Una menzione particolare alla Caritas, alla Croce Rossa e alle altre organizzazioni sociali di aiuto.
«In queste settimane molti sono diventati consapevoli che dipendiamo gli uni dagli altri. Nessuno può gestire la vita da solo. Una consapevolezza che ci ha resi più umani e umili». Un contesto che è risuonato come un invito alla «spiritualità del ringraziamento». «Chi inizia a ringraziare si libera ed esce dal circuito vizioso dell’invidia e dell’avidità».
Spirito di riconciliazione e unità. Il distanziamento sociale ha fatto crescere la consapevolezza dell’unità sociale: dai concerti sui balconi, alle telefonate, dalle comunicazioni sui social ai saluti ai vicini di casa, dai lumini alle finestre ai cori virtuali. «L’umanità esiste in forma piena solo nel rapporto reciproco». È un’esperienza da non dimenticare nei futuri giorni difficili. Molti genitori sono arrivati al limite di sopportazione, molti anziani ricoverati nelle strutture hanno perso ogni contatto con i familiari, per tutti c’è stato il rischio dell’isolamento emozionale, delle malattie depressive, dei contraccolpi psicologici.
«Lo Spirito Santo si presenta come avvocato e consolatore a fianco degli intimiditi e dei deboli. La vera unità può crescere solo se tutti continuiamo il cammino della riconciliazione». Nel perdono si alimenta una nuova qualità di vita.
In questo secondo dono spirituale i vescovi sottolineano con forza i legami europei: «La battaglia contro la pandemia mostra ancora una volta l’importanza dell’Europa unita e anche la sua fragilità». Ricordano le divergenti e scoordinate politiche iniziali, ma anche il successivo ritrovarsi per l’assoluta inconsistenza delle pulsioni nazionalistiche. Lo Spirito di Pentecoste dovrebbe immunizzare contro «il virus nazionalistico delle piccole patrie», rendendo obsoleta la pretesa di farcela da soli.
Solidarietà e “docibilità”
Spirito di attenzione e solidarietà. La funzionalità delle piattaforme digitali è stata investita dalla disponibilità all’aiuto reciproco, mostrando il grande potenziale solidaristico presente nella gente. In un contesto dove è anche emersa la connessione fra povertà, vergogna sociale ed emarginazione: un composto che indebolisce la società se non vi sono decisioni coraggiose.
75 anni fa, dopo la guerra, la gente ha saputo reagire ponendo le basi per una consapevolezza solidale a base dello stato sociale: lo strumento che ha funzionato anche contro il virus. Esso richiede il convergente lavoro di politica e parti sociali in un rinnovato patto di solidarietà nazionale. La sua prova immediata è l’aiuto a superare l’impennata della disoccupazione, ma anche le difficoltà di contesti più limitati ma importanti come i piccoli artigiani, l’ambiente artistico e della cultura.
Una rinnovata normalità «ha bisogno di un nuovo contratto sociale fra disoccupati e occupati, poveri e ricchi, integrati e non, sani e malati, senza-tetto e residenti», ragionando anche sul reddito di cittadinanza. L’amore del prossimo è un vero e proprio atto politico, da mettere in atto anche nei rapporti globalizzati che segnano le generazioni attuali, come i rifugiati e i richiedenti asilo.
Spirito di valorizzazione e docibilità. L’emergenza ha reso evidente l’importanza di gruppi di lavoro e di servizi troppo spesso dati per scontati: dalle cassiere dei supermercati alle agenzie di pulizia, dai servizi di sicurezza e quelli di cura. Ambiti in cui la presenza femminile è preponderante. E oltre a questi, tutti i servizi di volontariato o non pagati di cui nella vita ci si serve senza accorgersi.
È bene ricordarlo nel momento di passaggio alla “fase due” in cui riemergono aggressività, ricerca dei colpevoli e degli errori. Atteggiamenti in parte legittimi ma che non dovrebbero impedire soluzioni condivise. Non va favorita la polarizzazione degli interessi, sapendo che nessuno è irrilevante.
Per molti imprenditori questi sono giorni difficili. Già in difficoltà prima della crisi, sono ora stretti fra le esigenze del mercato, le normative giuridiche e gli impegni sociali ed ecologici. Non possiamo fare a meno della loro creatività e iniziativa. Essi «contribuiscono in modo significativo alla prosperità delle nostra popolazione e all’attrattiva turistica del paese».
Il dono della docibilità, della disponibilità a imparare e a innovare è legato all’azione dello Spirito. «Lo Spirito di Pentecoste ci libera da rivendicazioni esagerate» e allontana lo spirito maligno dell’invidia, rendendo possibile una comunicazione non violenta e una «cultura positiva dell’errore». Una società docibile può dare spazio a tutti. «In ogni caso tutti noi in futuro faremo parte di una “società dell’apprendimento”. La crescente digitalizzazione e globalizzazione lo rendono necessario».
Curiosità e gioia di vivere
Spirito di curiosità e di decisione. La grave crisi economica, industriale e dei trasporti è certamente drammatica. Ma la pandemia ha anche concesso un tempo di pausa alla creazione. A Pechino si è potuto vedere l’azzurro del cielo, i fiumi sono diventati limpidi e molti animali selvatici hanno ripreso i loro spazi: una sorta di rigenerazione della natura. Come suggerisce la Laudato si’, dovremmo sviluppare di più questa dimensione della curiosità, del guardarci attorno, della responsabilità in ordine all’ambiente naturale. In caso contrario dobbiamo attenderci che il cambiamento climatico produca conseguenze ancora più gravi della pandemia.
«Con la stessa intensità con cui abbiamo lottato contro il Covid-19 dovremo impegnarci per la salvezza del pianeta». «Preghiamo insieme per uno spirito di curiosità e di decisione per la salvaguardia del creato». Il che significa uscire dalla dittatura del consumo: «consumo sì, ma con misura e ragione». Un compito che coinvolge non solo le istituzioni, ma anche i comportamenti dei singoli e delle famiglie: dai sistemi di riscaldamento alle ristrutturazioni termiche, dai pannelli solari alle buone abitudini circa la mobilità.
Spirito di pazienza e gioia di vivere. A parte le difficoltà iniziali del confinamento, abbiamo sperimentato una certa gioia e freschezza, soprattutto quando si guarda con simpatia agli altri e alle loro fatiche. In questo si può intravedere l’opera dello Spirito che libera dalla tristezza e dallo sconforto. «Insieme a papa Francesco vogliamo condividere con tutti la “gioia del Vangelo”. Gesù Cristo è quella fonte fresca della gioia e motore propulsivo per le molteplici innovazioni necessarie per far fronte alla crisi attuale e alle sue conseguenze». Una nuova letizia legata anche alla diversa percezione del tempo che la crisi attuale ci ha dato. «Il tempo è un dono di cui non dobbiamo abusare come una preda». La difesa della domenica come tempo ritmato e come momento delle relazioni e della preghiera rientra nella necessaria ri-comprensione obbligata dalla pandemia.
Assieme alla gioia di vivere vi è la pazienza, che sarà necessaria nella comunicazione sociale e pubblica, ma anche nei rapporti fra le generazioni. Un’indicazione precisa anche in ordine alla discussione sollevata nel paese a proposito dell’eutanasia. Malati e anziani fanno parte della società e non si deve permettere che arrivi loro l’impressione di essere inutili, di sollecitare in loro la domanda di morire.
Per una narrazione sapienziale
Spirito di fiducia e di sicurezza. «Con Dio la vita non finisce mai»: l’affermazione di papa Francesco nella sua preghiera nella Piazza San Pietro deserta a fine marzo è stata una parola di conforto e di consolazione. Davanti al venir meno della fiducia verso la politica, il sistema sanitario e la vita è bene reagire. Non accettare il sentimento che non ci sia più nulla da fare, non accedere a forme esoteriche o a teorie complottiste.
E neppure rifugiarsi in un attivismo senza freni. «Paure e mancanza di prospettive possono dominare e paralizzare ciò che sarebbe necessario per superare la situazione, e cioè, saggezza, prudenza e determinazione. Il ricordo del primo prete vittima del furore nazista, Otto Neururer, morto a Buchenwald nel 1940, è una bella testimonianza della forza di resistenza della fede nei contesti più difficili. Così come è successo per l’intero popolo austriaco all’indomani di una guerra devastante, 75 anni fa, sorretto dalla sicurezza e dalla fiducia in Dio.
Ritornano le domande fondamentali: dov’è la fonte della creatività, dell’innovazione, della speranza? Gesù Cristo, la fede e la comunità rafforzano la libertà e il coraggio. E questo vale anche per la Chiesa, provata, come tutti e costretta a innovare la sua liturgia, i suoi legami, la sua catechesi. I segnali di innovazione apparsi in questo frangente non vanno dispersi.
«Una rinnovata normalità ci può essere se abbiamo fiducia nel discernimento comune. La nostra lettera vuole essere un contributo costruttivo e cordiale, senza nessuna pretesa dottrinale e senza soluzioni certe sui temi affrontati. Ci prepariamo come società e come Chiesa a comprendere, ringraziare e pregare perché una rinnovata normalità spirituale sia vivibile».
Le parole dei vescovi austriaci sono un esempio prezioso per una narrazione spirituale e culturale della pandemia che non si accontenti dei racconti confusi delle consorterie interessate, delle paure etnico-nazionali o a quelli imposti dalle nuove egemonie internazionali. Essa non alimenta il conflitto o il ritorno all’indietro, ma l’attesa fiduciosa del futuro aperto all’inventiva dello Spirito.
Si veda sul mio blog: Il cuore divino e umano di Gesù, chiave di ogni cosa. Una strada semplice e profonda