I lettori di Settimananews.it hanno già a disposizione la prolusione del card. Gualtiero Bassetti al Consiglio permanente della CEI (25-28 settembre). Della sua prima allocuzione come presidente della Conferenza episcopale vale la pena sottolineare alcune novità.
– Si archivia la lunga stagione ruiniana. È stato un processo molto lento. La decennale presidenza Bagnasco ne ha preso progressivamente le distanze, ma ne portava ancora i segni. All’attenzione politica si è sostituita quella sociale, alla teologia la pastorale, al rafforzamento degli uffici una gestione più misurata dell’istituzione. Rimanevano segnali non secondari come la “contrapposizione” al moderno, la “limatura” delle iniziative ecclesiali più esposte, l’insistito “continuismo”. Bassetti ringrazia e va oltre, senza la necessità di mostrare differenze o alternative.
– Francesco entra nel racconto. Fin dalla designazione dell’assemblea episcopale, la candidatura del vescovo di Perugia era sostenuta dalla motivazione dell’esplicita vicinanza al papa. Nel testo, al di là delle numerose citazioni, si respira l’indirizzo contenuto in Evangelii gaudium e nell’intervento al convegno ecclesiale di Firenze. La profezia del papa «richiede un’autentica ricezione di tutta la Chiesa… Il papa chiama ognuno a fare la sua parte. Sa che c’è bisogno di tutti. E chiede di liberarci dal clericalismo, perché ogni persona possa avere pienamente il suo spazio in una Chiesa autenticamente sinodale».
– Si respira aria a-concordataria. La sensibilità ecclesiale che emerge non è anticoncordataria e, ancora meno, poco consapevole del ruolo storico, culturale e civile della prevalente confessione cattolica del paese. La forte convergenza sulla centralità di Gesù e sul compito missionario relativizza le forme istituzionali della tradizione, compresa la dimensione pattizia. «Siamo chiamati, innanzitutto, ad essere Chiesa al servizio di un’umanità ferita. Che significa, inequivocabilmente, essere Chiesa missionaria». Il nostro compito è annunciare «un vangelo sine glossa, quel vangelo che dobbiamo ad ogni uomo e a ogni donna, senza imporre nulla».
– Due casi: gender e migrazioni. Fra i numerosi compiti accennati per la Chiesa e la società italiana prendo solo due elementi. La denuncia della «teoria di genere», presenza fissa nelle ultime prolusioni, viene così espressa: «La terza sfida (per la famiglia) ci introduce, infine, in uno dei più grandi temi di discussione degli ultimi decenni e si riferisce alla questione antropologica e alla difesa e alla valorizzazione della famiglia tra uomo e donna, aperta ai figli. Una sfida culturale e spirituale di grandissima portata».
Sulle migrazioni si registra un «dibattito pubblico particolarmente aspro» e «il riemergere drammatico della xenofobia». Senza parlare espressamente del progetto di legge sullo ius soli, si auspica un processo di integrazione anche «attraverso il riconoscimento di una nuova cittadinanza, che favorisca la promozione della persona umana e la partecipazione alla vita pubblica di quegli uomini e donne che sono nati in Italia, che parlano la nostra lingua e assumono la nostra memoria storica, con i valori che porta in sé». Favorevole quindi a un riconoscimento giuridico, ma senza identificarsi con una specifica legge e ampliandone i riferimenti ai valori e alle memorie.