Pian piano e a poco a poco la società e le Chiese in Brasile si stanno rendendo conto delle conseguenze del «colpo di stato parlamentare» contro la democrazia, orchestrato dalla destra contro l’ex presidente Dilma Roussef, in carica dal 2011 fino al 31 agosto 2016. Al suo posto è stato eletto presidente Michel Temer, dal passato politico ed economico-finanziario non del tutto chiaro.
La destra neoliberale è decisa ad imporre al paese un programma, che provocherà scontri e sollevazioni. In prima linea nell’opporsi al piano dell’esecutivo è il Consiglio permanente della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (CNBB) che, riunito a Brasilia dal 25 al 27 ottobre, ha divulgato una “nota” e manifestato la sua aperta opposizione rispetto alla proposta di emendamento alla Costituzione (PEC) 241/2016, firmata dal presidente dei vescovi brasiliani, l’arcivescovo di Brasilia, dom Sergio da Rocha, dal vice dom Murilio S.R. Krieger, arcivescovo di San Salvador di Bahia e dal segretario Leonardo Ulrich Steiner.
Una proposta contestata
La proposta prevede la spesa di 300 miliardi di dollari per pagare alle banche gli interessi del debito dello stato. Ciò comporterà che vari settori della vita del paese non potranno avere fondi per la loro attività. Particolarmente colpiti sarebbero l’educazione, la salute, le infrastrutture, la sicurezza, e tutto questo per vent’anni. In pratica, nessun aumento reale di investimenti nelle aree primarie potrà essere fatto per due decenni. La “nota” accusa la proposta di emendamento della Costituzione come «ingiusta e selettiva», perché vengono colpiti i lavoratori e i poveri, quelli che avrebbero maggiormente bisogno di essere sostenuti dallo stato. Ne beneficiano – precisa ancora la “nota” – coloro che detengono il capitale finanziario, perché non vengono tassate le grandi imprese. Ancora secondo la Conferenza episcopale, la PEC 241 sopravvaluta il mercato a detrimento della Stato e cita la Evangelii gaudium di papa Francesco n. 58 e il Compendio della dottrina sociale della Chiesa n. 349 sull’idolatria del mercato.
Cosa chiedono i vescovi
I vescovi chiedono che la proposta di emendamento della Costituzione venga dibattuta in «forma ampia e democratica». «La mobilitazione popolare e la società civile organizzata sono fondamentali per superare la crisi economica e politica. Pesa, in questo momento, sul Senato federale la responsabilità di dialogare ampiamente con la società riguardo alle conseguenze della PEC 241».
In campo, per opporsi alla proposta, anche la Commissione episcopale pastorale per il servizio della carità, giustizia e pace, presieduta dal vescovo di Ipameri, dom Guilherme Werlang, con una nota (19 ottobre 2016).
Anche il Consiglio nazionale delle Chiese cristiane (CONIC) ha fortemente criticato la proposta con una nota del 6 settembre, richiamando i politici ai valori autentici della democrazia, condannando le repressioni nelle mobilitazioni, che stanno investendo il paese. A rischio è la libertà di espressione.
Anche la 31ª assemblea ordinaria del Centro ecumenico di servizio all’evangelizzazione e all’educazione popolare (CESEEP), riunita nella Casa di ritiri Emaus a Embu, nei pressi di San Paolo, la domenica 23 ottobre, ha espresso la sua preoccupazione per la grave situazione sociale del paese. Il Centro, coordinato dal teologo e storico José Oscar Beozzo, è formato da note personalità del mondo ecclesiale sia cattolico sia protestante.