Budapest: fede, scienza e società

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Il Congresso eucaristico internazionale è un’occasione per incontrare Gesù Cristo e per rilanciare il dialogo tra i popoli e le religioni. Potrà portare la grazia della riconciliazione per la nostra società e per l’Europa che ha tanto bisogno di speranza. Sono questi gli obiettivi che ha formulato il cardinal Péter Erdő a proposito dell’evento mondiale che avrà luogo dal 5 al 12 settembre.

All’insegna di questi pensieri la radio pubblica Kossuth ha organizzato un colloquio sui rapporti tra fede e la scienza, nonché sulle influenze di queste sulla società. Al colloquio hanno partecipato il cardinal Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest, Zoltán Balog, vescovo calvinista, presidente pastore della Chiesa calvinista ungherese, Slomó Köves, rabbino direttore della Comunità israelitica unita d’Ungheria (EMIH) e E. Szilveszter Vizi, neurobiologo, già presidente dell’Accademia delle scienze dell’Ungheria.

L’Eucaristia ci collega

Originalmente era programmato un convegno in occasione del Congresso eucaristico internazionale di Budapest, in cui diversi luminari del mondo scientifico ungherese e internazionale avrebbero condiviso i propri pensieri sulla fede, sulla scienza e sulle loro influenze sulla società. L’evento è stato cancellato a motivo della pandemia. I relatori invitati hanno però inviato degli scritti che sono stati raccolti in un volume dal titolo: Fede, scienza e società.

Nel volume intervengono rappresentanti delle scienze naturali, di quelle sociali e quelle giuridiche e teologiche per affrontare vari temi. Alcune delle domande affrontate: è possibile dimostrare tramite la ragione l’esistenza del Dio infinito? Esiste un ponte tra spirito e materia, tra fede e ragione, tra il mondo immanente e quello trascendentale?

Nonostante la ricchezza tematica, gli interventi puntano nella stessa direzione: l’ascolto, la conoscenza, il dialogo, il pensare comune sul nostro mondo, su noi stessi tra credenti e non credenti e tra le diverse correnti religiose e scientifiche. Questo è stato anche l’obiettivo dei partecipanti alla tavola rotonda radiofonica, che hanno ragionato intorno ai punti (o meglio, ai ponti) che collegano persone di religione e cultura diversa. Quale immagine di Dio, ad esempio, hanno un cardinale cattolico, un rabbino, un vescovo calvinista e un neurobiologo?

Péter Erdő ha sperimentato la presenza di Dio contemplando il mare. Il neuroscienziato ha incontrato Dio studiando il mondo creato e riconoscendovi un ordine sorprendente. Che cosa significa crescere in una famiglia profondamente religiosa, dove Dio è una presenza personale a cui ci si rivolge nel quotidiano vivere, o ritrovare Dio dopo essere cresciuti insieme a genitori atei? Il vescovo calvinista Zoltán Balog ha richiamato la sua esperienza di Dio cresciuta nel contesto di una famiglia credente, mentre il rabbino Slomó Köves, cresciuto al contrario in un clima convintamente ateo, ha raccontato come il suo interesse giovanile si era concentrato sulla questione dello sperimentare Dio attraverso la via della ragione.

La figura del benedettino Stanley Jáki

I dialoganti hanno trovato un denominatore comune nella convinzione che, nella ricerca della verità, la fede e la scienza camminano insieme. Rendere esclusiva solo una di queste polarità del conoscere ha fatto dei danni a tutta l’umanità. I partecipanti al colloquio hanno evocato la figura e l’opera del monaco benedettino Stanley (Szaniszló) Jáki, il quale aveva studiato fisica sperimentale con il premio Nobel Victor F. Hess.

Il desiderio della conoscenza del mondo creato, le sue conoscenze nel campo della teologia e della fisica gli hanno permesso di elevare nei suoi scritti i rapporti tra fede e scienza in una nuova dimensione. Jáki ha rifiutato l’esclusività di una sola delle due forme di sapere nella conoscenza del reale. La sua opera scientifica è stata seguita con grande attenzione da diversi papi; tanto il suo pensiero si può considerare una delle basi dell’enciclica papale Fides et ratio di Giovanni Paolo II.

Szilveszter Vizi, che nella vita è ricercatore, ha sottolineato come nei comandamenti del decalogo che riguardano i rapporti tra le comunità umane si scorge l’evoluzione del pensiero e come anche la scienza si configuri come una forza che crea e trasforma il mondo. Allo stesso tempo, ha aggiunto, uno scienziato può giungere al punto di riconoscere che nel mondo esiste un ordine sorprendente, che è riflesso del Dio creatore.

La pandemia apre un nuovo capitolo

Si è parlato inevitabilmente anche della pandemia. Zoltán Balog ha paragonato la situazione pandemica al racconto biblico della torre di Babele: ambedue hanno un effetto globale e mostrano una certa pedagogia divina: è ora di fermarsi e rendersi conto dei nostri limiti.

Il cardinale primate Péter Erdő, nel suo intervento, ha ricordato che nella storia dell’umanità le grandi epidemie sono state sempre degli spartiacque epocali della civiltà. I grandi cambiamenti della storia non si sono mai verificati perché gli uomini hanno tratto delle conclusioni dai loro ragionamenti, ma per il fatto che la realtà ha imposto dei cambiamenti anche traumatici e che questi hanno comportato delle concrete conseguenze. Erdő si aspetta qualcosa di simile anche oggi: la pandemia ci insegna a rivalutare le cose, a ridirsi quanto vale e quanto è fondamentale nella vita dell’uomo. La religione non potrà mancare all’appello. Il tempo che viviamo ci permette di riesaminare le nostre priorità. Saranno veramente necessari anche dopo la pandemia tanti viaggi costosi e inquinanti, oppure in certi casi si potrà ancora fare riferimento alla modalità delle videoconferenze?

Szilveszter Vizi confida in una reazione «anti-Babele»: la pandemia può insegnarci, davanti a un nemico comune e invisibile, ad agire insieme per il bene comune.

Slomó Köves, parlando del pericolo invisibile, ha posto l’accento sull’assoggettamento odierno all’idolo di una falsa sicurezza. «Abbiamo tentato di creare noi la nostra sicurezza considerandola il valore più alto. L’umanità si è fidata troppo di sé stessa, come i costruttori della torre di Babele. Abbiamo elevato mura che sono crollate. La vera sicurezza viene solamente dall’infinito trascendente».

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