Come sono cambiate le abitudini ecclesiali in questo periodo? Come era la nostra preghiera, liturgia, fede a gennaio, prima dell’emergenza sanitaria che ha sospeso le celebrazioni con il concorso del popolo? E com’è oggi? Preghiamo di più o di meno? Ci siamo avvicinati o allontanati da Dio? Anche per aiutare la nostra Chiesa a capire e a vivere meglio questo tempo di COVID-19 abbiamo effettuato un sondaggio.
Il sondaggio («Nella Chiesa che cambia? Il cambiamento del sentire, della pratica e delle abitudini religiose dei cattolici in Italia al tempo del COVID-19») – formulato e diffuso dall’Associazione di dibattito ecclesiale «Nipoti di Maritain» e curato da Piotr Zygulski – è stato condotto con metodologia CAWI, autosomministrato, diffuso presso canali social cattolici e con il passaparola della messaggistica istantanea, tra il 24 e il 28 aprile 2020. Riprendiamo di seguito le premesse e le conclusioni del sondaggio, che può essere letto integralmente sul sito «Nipoti di Maritain».
Premesse
I rispondenti sono stati 411, di cui 160 (39%) di genere maschile e 251 (61%) di genere femminile; sono distribuiti per il 23% nel Nord-Ovest, 12% nel Nord-Est, 20% nell’Italia Centrale e 45% nel Mezzogiorno, Isole comprese. Per quanto riguarda l’età, il 13% aveva meno di 30 anni, il 14% tra i 31 e i 40 anni, il 20% tra i 41 e i 50 anni, il 25% tra 51 e 60 anni, il 19% tra i 61 e i 70 anni e il 9% oltre i 71. Il 31% ha dichiarato di avere uno stato di vita laicale e di non essere sposato, il 62% (percentuale che tra quelli di sesso femminile sale al 68%) di essere in coppia e/o con eventuali figli, il 4% è presbitero e il 2% (prevalentemente femminile) appartiene a una fraternità religiosa o laicale.
Hanno espresso inoltre il loro orientamento ecclesiale: molto progressisti sono il 14% degli uomini e il 18% delle donne; abbastanza progressisti il 34% degli uomini e il 40% delle donne; moderati il 38% degli uomini e il 30% delle donne; moderatamente conservatore l’11% degli uomini e l’8% delle donne; tradizionalista/reazionario il 2% degli uomini e il 4% delle donne rispondenti a questo quesito.
Tra i vari quesiti, uno ha permesso di suddividere gli intervistati sulla base della partecipazione di persona alla Santa Messa nel mese del gennaio 2020: il 6% non c’è mai andato (i cosiddetti “lontani”, ma che, in larga maggioranza, avevano seguito celebrazioni in diretta televisiva o in streaming già allora), un altro 9% una o due volte (“saltuari”) e l’85% almeno settimanalmente (“praticanti”), suddivisi tra quelli “della domenica” (55% del totale), “più volte alla settimana” (17%) e “messa quotidiana” (13%). Si tratta pertanto di rispondenti riconducibili all’ambito ecclesiale che utilizzano una connessione internet: poiché la ricerca è stata effettuata esclusivamente per mezzo di un questionario online, non è pienamente rappresentativa dei fedeli che non dispongono almeno di uno smartphone per potervi accedere. Sono stati effettuati arrotondamenti per eccesso con valori pari o superiori al mezzo punto.
Conclusioni
La ricerca ha studiato i cambiamenti verificatisi tra gennaio 2020 e l’ultimo mese considerato, vale a dire il periodo che precedeva l’intervista (tra il 20 marzo e il 20 aprile, in cui è caduto anche il Triduo Pasquale). La Chiesa non ha interrotto la sua azione pastorale. I fedeli apprezzano sia la collaborazione con le autorità per la sospensione delle celebrazioni in tempo di emergenza, sia gli sforzi per trasmettere le celebrazioni in streaming, nonostante qualche diffidenza tra gli stessi presbiteri. Le più apprezzate restano quelle di Papa Francesco, ma nel complesso lo stesso numero di “praticanti” si è semplicemente spostato senza troppe difficoltà a seguire le Messe in diretta. Crescono le pratiche religiose, ovviamente quelle digitali ma non solo: la meditazione della Parola di Dio è la più frequentata ma sono in crescita anche le devozioni in casa, come il Rosario. Questo tempo viene percepito in larga maggioranza come una grazia – un’occasione per ripensare la propria vita e quella ecclesiale – sperimentando più fortemente la presenza amorevole di Dio e la creatività imprevedibile dello Spirito.
- Sentire religioso più forte di prima: Parola di Dio al primo posto
Per quanto riguarda il “sentire religioso”, ponderando le risposte (mai=0; poco=0,25; abbastanza=0,50; molto=0,75; moltissimo=1), possiamo segnalare un generale incremento di tutti gli aspetti considerati, fatta eccezione per un lieve calo della dipendenza dalla gerarchia poco sotto lo 0,35 (soprattutto per quanto riguarda le famiglie e i praticanti “della domenica”), dell’importanza di sostenere economicamente la Chiesa (da 0,49 a 0,48) e della vicinanza della propria comunità parrocchiale, che scende dallo 0,50 a 0,46 (in particolare nelle zone in cui non si sono verificati contagi).
Al contempo cresce però più sensibilmente la percezione di vicinanza della Chiesa (da 0,57 a 0,61), avvertita maggiormente dalle face d’età più anziane e dai rispondenti “progressisti”, sia del Mezzogiorno, sia dove il COVID-19 ha avuto un impatto sulla comunità.
Stilando una classifica ponderata di ciò che è più sentito, al primo posto i nostri rispondenti collocano l’importanza di leggere e meditare la Parola di Dio (0,76), in aumento più considerevole tra i praticanti, gli assidui e i giovani. Nella fascia d’età 18-40 i “moltissimo” passano dal 25% al 43% e la somma dei “molto” e “moltissimo” supera il 70%; nel complesso si passa al 66% (dal 61% di gennaio). In seconda posizione – ma prima tra i giovani (dove raggiunge un punteggio di 0,78) – la sempre più sentita necessità di dare forma alla propria vita, con lo 0,74, e terza la presenza amorevole di Dio con 0,73. Segue dunque a 0,72 l’importanza di ricevere la comunione sacramentale, che in assoluto segna il record di risposte “moltissimo” (44%), ma nel bilanciamento generale cresce meno rispetto ad altri aspetti e perde la prima posizione, tranne che per il campo moderatamente conservatore. Per tutti, i “molto” sommati ai “moltissimo” sono al 63%, dal 64% di gennaio. Forte è anche la percezione del soffio creativo dello Spirito Santo allo 0,70 (da 0,62 di gennaio). L’importanza di riunirsi come comunità ecclesiale raggiunge il punteggio di 0,67 (a gennaio era 0,63) e cresce anche la necessità di un ripensamento della Chiesa (tra i praticanti allo 0,58 dallo 0,52 di gennaio). Si riscontra inoltre un notevole incremento trasversale dell’importanza di pregare il Rosario da 0,48 a 0,55: la somma dei molto e moltissimo sale dal 34% al 46% ed è in aumento pure tra i molto progressisti (dal 16% al 22%).
- Pratiche religiose in aumento di un terzo, e non solo in streaming
In crescita media del +33% l’indicatore delle dodici tra pratiche religiose e abitudini che somma tutte quelle considerate per frequenza settimanale: da 12,7 di gennaio a 16,7 per gli uomini e da 15,4 a 20,6 per le donne. Aumenta maggiorente per le famiglie (+39%: dal 13,2 al 18,3) che non per i laici non sposati (+26%: dal 16,7 al 21) o per le fraternità (+13%: dal 30,3 al 34,2) e invece segna una lievissima decrescita per i presbiteri: dal 36,4 al 35,7 (-2%), presso i quali la celebrazione della Messa resta al primo posto, seppur in calo (da 5,88 a 5,25). Tra i laici, la meditazione del Vangelo del giorno è la più diffusa, con un’assiduità di 3,56 tra le donne e di 2,66 per gli uomini, in aumento del +27%. Segue la Messa in diretta, con una assiduità maggiore per le fasce d’età più elevate (3,40) rispetto ai giovani (2,11), che – quanto a frequenza – prediligono oltre al Vangelo (2,81), le letture spirituali (2,59) e la celebrazione almeno parziale della Liturgia delle Ore (2,47) ma pure le devozioni a casa (2,15).
In generale sono in aumento tutte le pratiche in diretta e online, dalle devozioni in streaming come il Rosario (+208%) a lectio, catechesi, esercizi spirituali (+317%), soprattutto nelle fasce più giovani. Anche le devozioni a casa sono in crescita media del +68%, più marcata nella fascia 18-40 anni (+88%) e tra chi si definisce progressista (+79%), generalmente più diffidente verso questo tipo di pratiche. Le meditazioni spirituali aumentano del +48% tra i laici non sposati, del +29% tra chi vive in famiglia e del +14% tra i presbiteri e chi conduce vita fraterna (4,87 contro il 2,59 dei laici). La Liturgia delle Ore segna un +31%, con una media settimanale tra i laici del 2,05 contro il 5,31 dei presbiteri (+9%); seppur più diffusa tra i conservatori/tradizionalisti, con una frequenza tra 2 e 3, tra i “molto progressisti” raddoppia dallo 0,90 a 1,77 settimanalmente. È maggiore pure la partecipazione a iniziative ecumeniche (+38%) includendo quelle virtuali, ma resta maggiore tra le fraternità (1,53) che non tra i laici (0,51) e ancor meno tra i presbiteri (0,23); è notevole l’aumento nella fascia under 40: +82%. Il volontariato segna una variazione del -17% tra i laici, soprattutto nel Nord-Ovest (-46%) mentre è più contenuta al Mezzogiorno (-5%). Calano di un terzo i contatti con il proprio parroco, che tuttavia sono in lievissimo aumento tra i “molto progressisti” (+5%). In drastico calo, molto prevedibile a causa dei divieti, la preghiera personale in Chiesa (-60%) e la Santa Messa partecipata di persona (-85%).
- Decidere: praticità, collaborazioni e responsabilità sono apprezzate
Tra le scelte compiute in questo periodo, riscuotono ampio apprezzamento i presbiteri che hanno iniziato a celebrare in diretta e a fare video, con un indice di condivisione pari allo 0,70 per i maschi e allo 0,78 per le femmine; le frange più estreme progressiste/tradizionaliste sono relativamente meno entusiaste (0,69) rispetto ai moderati (0,76). Ma principalmente tra gli stessi presbiteri paradossalmente il dato è sensibilmente inferiore: 0,53. Ciò denota insofferenza per questa forma di preghiera. La collaborazione dei vescovi con il Governo italiano per sospendere le celebrazioni eucaristiche con il popolo è apprezzata, soprattutto dai presbiteri (0,81) ma pure dai laici (0,68). Se la condivisione è elevata tra i progressisti (0,76), anche i moderati hanno avallato tali scelte (0,64). Solo il 14% afferma di aver gradito poco o per nulla la collaborazione; qui emerge il malcontento tra chi si definisce moderatamente conservatore (0,44) o tradizionalista (0,31) e tra chi a gennaio aveva partecipato sporadicamente a Messa (0,50); chi invece viveva la celebrazione eucaristica con frequenza settimanale in larga maggioranza approva la sospensione (0,75).
La proposta di sussidi per le celebrazioni domestiche vede una buona accoglienza (0,65), maggiore tra i presbiteri (0,84) e tra chi conduce vita fraterna (0,63) che non tra le famiglie (0,63); qui l’apprezzamento cresce proporzionalmente alla frequenza delle Messe di gennaio (0,63 tra i “cristiani della domenica”; 0,74 per gli assidui plurisettimanali; 0,83 tra chi invece prendeva parte quotidianamente alle celebrazioni).
Abbastanza apprezzate – ma non molto o moltissimo, se non da presbiteri (0,8), fraternità (0,73) e assidui quotidiani alle Messe di gennaio (0,73) – anche le iniziative di evangelizzazione laicale (0,55), che scontano una certa diffidenza da parte dei cristiani saltuari (0,37) ma non presso i giovani (0,60). Sarebbe da indagare se ciò dipende da una visione clericale di evangelizzazione o dalla non sempre eccelsa qualità delle proposte. Ad ogni modo sono state gradite molto o moltissimo dal 43% dei rispondenti, poco o pochissimo dal 31%. Poco appezzamento invece per i preti che hanno preferito non celebrare in attesa di riunire la comunità (0,35) o per coloro che hanno fatto processioni e ostensioni in giro (0,32), con valori poco superiori allo 0,40 tra gli assidui alle Messe di gennaio e tra lo 0,50 e lo 0,60 solamente tra i conservatori e i tradizionalisti. Infine vi è una forte disapprovazione verso quei pochissimi presbiteri che hanno violato i divieti per celebrare con il popolo di nascosto (0,16); anche i moderati deprecano tale scelta (0,19), mentre sono un poco più comprensivi coloro che si considerano conservatori (0,33) o tradizionalisti/reazionari (0,40).
È stato chiesto quale sia l’opzione preferita quando non possono essere celebrate Sante Messe con concorso di popolo. La celebrazione in diretta di Papa Francesco è l’opzione scelta dalla maggioranza di 5 fedeli su 10, con un dato più marcato nella fascia più anziana (64%, contro il 30% dei giovani) e al Sud e Isole (56%) contro il 40% del Nord Italia, che nel 16% sceglie invece di ascoltare la celebrazione del proprio vescovo, a fronte di una media del 10% generale. Il 16% (con lieve prevalenza femminile) preferisce il proprio parroco e il 15% sceglie un altro prete: tra i giovani sale al 19% e tra i conservatori moderati al 22%, mentre il dato si ferma al 9% tra i praticanti quotidiani di gennaio. Solo 1 rispondente su 10 predilige la celebrazione domestica della Liturgia della Parola in famiglia allo streaming di qualunque tipo; nella fascia giovanile la percentuale sale al 21% ed è la modalità più caldeggiata anche dai presbiteri che hanno risposto al nostro questionario (63%).
Il laicato e il Meridione ancora faticano, forse perché non sono stati sufficientemente preparati a vivere il proprio sacerdozio battesimale o per comodità, preferendo delegare ai sacerdoti (ordinati) le celebrazioni cui assistere da uno schermo anziché celebrare in prima persona, in famiglia, la Mensa della Parola di Dio. Nondimeno c’è chi ha segnalato che l’una non esclude l’altra, soprattutto in un periodo in cui Papa Francesco con le celebrazioni a Santa Marta è indicato come segno di unità ecclesiale ed esempio di essenzialità e profondità liturgica.
- Un tempo di grazia: una Chiesa più ricca spiritualmente e partecipata
Il periodo di emergenza è un’opportunità da vivere nella creatività per l’81% dei rispondenti; salgono al 94% tra i presbiteri, al 90% tra i progressisti e all’85% tra i fedeli che conoscono più contagiati. Un 15% considera questo momento come uno stallo: tali risposte raggiungono il 21% tra i saltuari e il 22% tra i moderatamente conservatori. La minoranza tradizionalista tende a vedere questo periodo come vuoto e assolutamente insensato nel 25% dei casi, rispetto al 2% del totale intervistati. Un ultimo 2% dei rispondenti seleziona l’alternativa “castigo divino”: tale percentuale sale all’8% tra i conservatori moderati e al 17% tra i tradizionalisti/reazionari.
Infine si è domandato ai rispondenti come sarà la Chiesa dopo l’emergenza COVID-19; per questo si è fatto un bilancio tra opzioni più/meno ma anche un bilancio ponderato (che pesa maggiormente le risposte “molto più” e “molto meno”). In qualunque modo lo si calcoli, i risultati non differiscono: secondo gli intervistati la Chiesa sarà molto più ricca spiritualmente (+91%), molto più vicina al popolo (+89%) e molto più attenta alle necessità spirituali (+88%). È forte anche la visione di una Chiesa più partecipata (+76%) soprattutto nel Meridione, ma anche tra le famiglie e i progressisti, mentre sono più cauti i presbiteri (+33%). Sarà inoltre maggiore, a detta degli intervistati, la presenza mediatica (+69%) e fisica (+60%) della Chiesa, più attenta anche alle necessità materiali (+55%).
Tendenzialmente sarà anche più ecumenica (+52%) soprattutto secondo i laici: il Papa è riferimento anche per i meno “praticanti” e questo virus che, laicamente, ha reso di fatto tutti i laici “non praticanti” limitatamente alla celebrazione delle Messe può essere occasione per una maggiore comprensione sia di chi non riceve o non può ricevere i sacramenti, oltre che per un riavvicinamento con i cristiani riformati grazie alla frequentazione più assidua della Parola ma al contempo con l’Oriente cristiano grazie all’attenzione alle devozioni e alla ripresa del culto. Qualcuno precisa che le risposte che ha fornito sono le proprie aspirazioni, non il proprio pronostico. Invece la Chiesa sarà un poco meno clericale (-34%) e meno esibizionista (-63%); tuttavia qui i presbiteri che hanno risposto si esprimono in senso opposto +45% di esibizionismo, da mettersi in relazione anche con la diffidenza registrata verso lo streaming. Infine tutti concordano che la Chiesa sarà più povera economicamente (-72%), forse per il calo delle offerte di questo periodo.
- Integrazione digitale e coinvolgimento relazionale
Di certo le energie non sembrano mancare per operare in futuro, in presenza, con un’attenzione maggiore alle comunità, alle persone, alle relazioni, alla formazione umana, spirituale, fraterna. Si invoca semplicità, autenticità, amicizia, prossimità, servizio in ginocchio, coinvolgimento, “sporcarsi le mani” e attenzione a ciò che soprattutto ci unisce, abbandonando atteggiamenti giudicanti, polemici, divisivi o tantomeno discriminanti.
Non bisogna aver timore di integrare – purché senza esagerazioni o improvvisazioni – la presenza fattiva con quella mediatica. Non si parla tanto di continuare con le Messe in streaming (se non per quella del Papa, cui si riscontra molta affezione) quanto piuttosto di iniziative creative di preghiera, di formazione teologica del sacerdozio battesimale per laici e soprattutto di approfondimento esperienziale della Parola di Dio da monasteri femminili e dalle famiglie. Se la presenza fisica – guardarsi negli occhi, leggere sul volto il calore delle emozioni – è da molti ritenuta insostituibile anche per una maggiore empatia e una vicinanza spirituale, la presenza mediatica può aiutare nei contatti e, azzerando le distanze fisiche, nel raggiungere chi è lontano: malati e anziani, ma anche i meno “praticanti”.
In questo periodo la Chiesa ha saputo far percepire la sua vicinanza al suo popolo: ha l’occasione per continuarlo a fare, calandosi maggiormente nella realtà delle comunità di appartenenza, segnalando le situazioni di necessità e dando visibilità – con un approccio familiare e al contempo qualificato nella comunicazione – alle iniziative più significative. Si rimanda per questo e altro all’allegato con le risposte estese al quesito proposto dalla Conferenza Episcopale Italiana: Grazie all’ambiente mediale, le nostre Chiese hanno raggiunto moltissime persone: come continuare a coinvolgerle anche dopo?