Ci sono spartiacque nella vita di un’istituzione che non appaiono essere immediatamente tali, magari perché si incastonano nel divenire dei vissuti personali. Eppure, anche questi ultimi non sono irrilevanti per il destino di un’istituzione come lo è la Chiesa cattolica.
Una di queste soglie è stata attraversata verso la fine del marzo scorso, quando Hans Zollner ha rassegnato le sue dimissioni dalla Pontificia commissione per la tutela dei minori. Dopo una vita di lavoro per edificare una Chiesa che sappia farsi carico, anche strutturalmente, delle vittime degli abusi sessuali compiuti al suo interno, fino alla fondazione dell’Istituto di antropologia in seno all’Università Gregoriana, Zollner ha aperto ora un altro versante davanti alla riluttanza e alle resistenze insite nel corpo istituzionale della Chiesa cattolica.
Un lavoro ai fianchi, si potrebbe dire, in cui si cerca di convocare l’opinione e il dibattito pubblico come fattore esterno di ingiunzione a un compito davanti al quale non si possono mostrare timidezza e poca chiarezza. Che, invece, continuano a regnare nella Chiesa.
Le contraddizioni interne sono un danno per l’affidabilità dell’istituzione: “La Pontificia commissione per la tutela dei minori non applica a sé i criteri che la Chiesa si è ufficialmente data: assunzione di responsabilità, dovere di rendere conto e trasparenza” (intervista alla Taz, 27 maggio 2023).
Anche l’inquadramento della Pontificia commissione nella struttura curiale della Chiesa cattolica appare vago e di difficile definizione: “Se si leggono i documenti degli accordi fra la Commissione e gli altri dicasteri vaticani, secondo la mia impressione, si può vedere che è tutto molto vago e difficilmente attuabile. Si rimane al livello di dichiarazioni di intenti, senza sapere quale sia esattamente la meta e chi deve verificare il tutto. Anche l’inquadramento della Commissione all’interno del Dicastero per la dottrina della fede non è cosa felice. Ma adesso le cose stanno così, e ci vuole qualcuno che è disposto ad affrontare il maniera decisa le conflittualità. E il card. O’Malley non lo fa. Si tratta di un ambito che genera molte resistenze nel Vaticano, come ovunque”.
Nella Chiesa cattolica si fa fatica a comprendere che la questione degli abusi non solo è pervasiva, ma anche di lunga durata – e proprio per questo deve diventare la priorità nelle sue preoccupazioni, azioni, decisioni. Se, da un lato, papa Francesco, “per ciò che concerne l’empatia, il calore e la prossimità alle persone di cui tocca il dolore è del tutto credibile”, d’altro lato, nonostante “abbia tenuto ben desto il tema degli abusi nella coscienza della Chiesa, non ne ha però fatto la priorità numero uno del suo pontificato. Queste sono la lotta alla povertà, la migrazione e l’ecologia – certo gli abusi giocano un ruolo importante, ma non il più importante”.
In un contesto civile, politico e culturale, in cui si tende globalmente a relativizzare la questione degli abusi sessuali su minori, un’azione profetica e trasparente della Chiesa verso se stessa avrebbe un significato epocale.
Troppi sono i tentennamenti e le insufficienze nella nostra società e cultura: “urgentemente necessario è che in tutti i cicli di studio e i luoghi di formazione che preparano al lavoro con i bambini e i giovani, la tutela e protezione dei minori sia una disciplina obbligatoria. Fino a oggi, nelle facoltà di medicina, psicologia e scienze dell’educazione non si trova nulla di tutto ciò. E questo mi sembra incredibile”.
Non riesco a fare a meno, purtroppo, ogniqualvolta sento la parola “misericordia” della negazione della misericordia, della criminalizzazione, allontanamento (una vera e propria damnatio memoriae) perpetrati contro i preti che si sposano accogliendo la chiamata al matrimonio. Pur di non cambiare la mentalità clericale, si sacrificano dei (con)fratelli.
Parole amare ma che fanno riflettere quelle dell’articolo. Le resistenze alla presa di coscienza del fenomeno degli abusi (sessuali e spirituali) nella Chiesa e alla conseguente adozione di misure concrete ed efficaci per arginarle sono purtroppo radicate e diffuse, al di là dei proclami istituzionali. Resta lo sconcerto tra i fedeli che si trovano davanti ad una gerarchia arroccata su sé stessa e vittima di una sempre più imbarazzante “esculturazione”. Non sono tuttavia certo che la pressione dell’opinione pubblica (e dei fedeli) possa scalfire questo atteggiamento/situazione. A fronte di un’ostinata tendenza all’indifferenza o all’adozione di misure palesemente inadeguate (come quelle adottate dalla Chiesa italiana sul tema degli abusi) non può che esserci tanto sconcerto e anche tanta delusione. Eppure sperare che si dimentichi tutto e che la strategia dello struzzo che nasconde la testa sotto la sabbia possa bastare è davvero una da stolti…..