Ho partecipato con entusiasmo e con gioia all’incontro di papa Francesco con i popoli indigeni, il 19 gennaio, a Porto Maldonado, durante la sua visita in Perù. Il discorso che pronunciò davanti a cinquemila rappresentanti degli indiani della Pan Amazzonia fu coinvolgente e forte. Quasi alla fine disse: «Abbiamo bisogno che le popolazioni indigene modellino culturalmente le Chiese locali amazzoniche. E, a proposito, mi ha riempito di gioia nel sentire uno dei testi della Laudato si’ letto da un diacono permanente della vostra cultura. Aiutate i vostri vescovi, aiutate i vostri missionari e le vostre missionarie a diventare una sola cosa con voi e così, dialogando con tutti, potete formare una Chiesa dal volto amazzonico e una Chiesa dal volto indigeno. Con questo spirito, ho convocato un Sinodo per l’Amazzonia nel 2019 («il cui primo incontro del Consiglio pre-sinodale si terrà qui oggi pomeriggio» – queste parole non erano incluse nel discorso pubblicato. Il papa le ha aggiunte di getto).
Quel pomeriggio ho partecipato all’incontro con una trentina di vescovi, esperti e consulenti, coordinati dal card. Claudio Hummes, presidente della REPAM – Rete ecclesiale Pan Amazzonia. Eravamo raggianti di gioia. Con la netta sensazione che il papa avesse proferito il discorso inaugurale del Sinodo panamazzonico.
Il card. Lorenzo Baldisseri (ex nunzio apostolico in Brasile), segretario del Sinodo, presentò dettagliatamente gli obiettivi dell’evento, i partecipanti e le tappe da percorrere. Fu evidente la fiducia che egli mostrò nel proficuo processo di riunioni, studi e documenti già realizzati dalla REPAM. Ci ha chiesto di presentare gli argomenti che dovrebbero essere inclusi nel documento preparatorio e di suggerire i consulenti per la composizione della commissione che lo avrebbe redatto. La formulazione finale si sarebbe tenuta a Roma il 12 e 13 aprile alla presenza di papa Francesco. È un segno inequivocabile dell’importanza che il papa attribuisce a questo Sinodo straordinario.
Fui felice, pochi giorni dopo, quando vidi che il nome di Giustino Sarmento Rezende, salesiano, il primo sacerdote indigeno della mia diocesi di São Gabriel da Cachoeira, figurava tra i 25 membri della commissione pre-sinodale. È l’unico indigeno tra gli esperti della commissione.
Il documento preparatorio
L’8 giugno, solennità del Cuore di Gesù, è stato pubblicato il documento. L’ho letto tutto d’un fiato. È ottimo. Completo e sintetico, chiaro e provocatorio.
Sottolineo solo alcuni aspetti che sono fondamentali per me nel processo che dovrebbe coinvolgere il maggior numero possibile di persone e comunità della Chiesa e tutti gli uomini e donne di buona volontà della Pan Amazzonia.
Il documento segue il metodo «vedere-giudicare-agire», un segno distintivo del percorso della Chiesa dell’America Latina da Medellin (1968). Con un’importante integrazione apportata da papa Francesco: il giudicare è illuminato dal discernimento! Questo marchio ignaziano è presente nel prossimo Sinodo: «Giovani, fede e discernimento vocazionale».
La metodologia induttiva del «vedere-giudicare-agire» parte dalla realtà multidimensionale concreta che è multietnica, multiculturale, multi-religiosa. Dall’inizio del suo pontificato, papa Francesco ci invita ad assumere la cultura dell’altro e ci avverte: «A volte nella Chiesa cadiamo nella vanitosa sacralizzazione della propria cultura, e con ciò possiamo mostrare più fanatismo che autentico fervore evangelizzatore» (EG 117).
La proposta di questo Sinodo è la costruzione di una Chiesa dal volto amazzonico. Perciò è necessario aiutare le persone a liberarsi da tutte le forme di alienazione e di neocolonialismo che distruggono la loro biodiversità attraverso l’imposizione di modelli culturali, religiosi, educativi, economici e politici estranei alla loro vita.
I Padri sinodali dovranno collaborare alla costruzione di un mondo capace di rompere con strutture che sacrificano la vita e con la mentalità della colonizzazione, per costruire reti di solidarietà e di interculturalità.
Quando ha annunciato il Sinodo, durante l’Angelus del 15 ottobre 2017, il papa ha anche presentato gli obiettivi che sono ben riassunti nel titolo del documento: “Amazzonia: nuovi percorsi per la Chiesa e per un’ecologia integrale”. Si tratta di cercare nuovi percorsi. Questo appare esplicitamente nelle diciotto volte che il documento menziona la necessità di cercare «nuovi modi».I nuovi modi esigono di rilanciare con fedeltà e audacia la missione evangelizzatrice e di approfondire il processo di inculturazione. La Chiesa in Amazzonia deve fare proposte «coraggiose», con «audacia» e «senza paura», come il papa ripete da tempo. Egli insiste sulla necessità di essere creativi e coraggiosi.È urgente valutare e ripensare i ministeri che oggi sono necessari per rispondere agli obiettivi di «una Chiesa con un volto amazzonico» e «una Chiesa con un volto indigeno». In questa prospettiva, è necessario identificare il tipo di ministero che può essere dato alla donna, tenendo conto del ruolo centrale che le donne svolgono oggi nella Chiesa amazzonica. È necessario ripensare a nuovi modi perché il popolo santo e fedele di Dio, abbia un migliore e più frequente accesso all’eucaristia, centro e fonte della vita cristiana.
La cura della “casa comune”
I nuovi percorsi per un’ecologia integrale si trovano nella Laudato si’, dove papa Francesco insiste nel mostrarci che «tutto è collegato» (LS, 91, 117, 138, 240) come se fossimo una cosa sola, tutto è interconnesso in questa casa comune! In questa esauriente e profetica esortazione apostolica, il papa propone di dialogare con le radici spirituali delle grandi tradizioni religiose e culturali. La conversione dell’ecologia richiede di assumere la mistica dell’interconnessione e dell’interdipendenza di tutto ciò che è stato creato e donato. Abbracciare la vita nella solidarietà comunitaria presuppone una trasformazione del cuore. In tutto questo, i popoli tradizionali hanno molto da insegnarci con il loro amore rispettoso per Madre Terra e la loro relazione con gli ecosistemi.
Le popolazioni indigene che costituiscono il 95% degli abitanti del bacino del Rio Negro, dove si trova la diocesi di São Gabriel da Cachoeira, testimoniano questi valori. Grazie alla presenza di questi guardiani della “casa comune” è la regione meglio conservata dell’intera Amazzonia brasiliana. Solo il 3% della foresta è stato abbattuto. «La morte della foresta è la fine della nostra vita», soleva ripetere la martire Dorothy Stang, assassinata in Anapu, Pará, il 12 febbraio 2005.
Libertà e audacia
Molto importanti per gli studi e i dibattiti che si terranno nelle comunità, nelle associazioni e nei movimenti sono le domande formulate per provocare la discussione e la presentazione delle proposte per il Sinodo. Rivelano l’atteggiamento degli autori del testo e dello stesso papa che desiderano avviare un dialogo serio e non anticipare le risposte. Abbiamo bisogno di esercitarci nell’ascolto reciproco. È di vitale importanza per tutta la Chiesa ascoltare con rispetto la popolazione indigena e le comunità che vivono in Amazzonia come i primi e principali interlocutori di questo Sinodo.
I 107 vescovi delle circoscrizioni ecclesiastiche dei nove paesi che compongono la Pan Amazzonia (e quelli che saranno invitati dal papa) dovranno essere autentici e fedeli portavoce delle proposte formulate dal santo popolo fedele di Dio che vive nella sacra terra dell’Amazzonia.
Il metodo induttivo del «vedere-giudicare-agire» favorisce i percorsi per una Chiesa decolonizzata, inculturata e contestualizzata. Questo Sinodo, che sarà un kairòs per l’Amazzonia, nasce dalla fiducia nell’azione decisiva dello Spirito Santo (EG 265), che garantisce unità e diversità. Questa unità nella diversità, seguendo la tradizione della Chiesa, è strutturalmente poggiata su ciò che chiamiamo sensus fidei del popolo di Dio. Papa Francesco ha evocato questo aspetto sottolineato dal Concilio Vaticano II (LG 12, DV 10). È di fondamentale importanza, quindi, salvare la libertà e l’audacia del cristianesimo dei primi secoli e dello stesso Vaticano II (ristagnante e messo a tacere per decenni) che ci ha parlato dell’infallibilità del popolo di Dio nell’atto di fede (in credendo) perché «Dio dota la totalità dei fedeli di un istinto della fede – il sensus fidei – che li aiuta a discernere ciò che viene realmente da Dio (EG 119).
Madre di Guadalupe, icona di evangelizzazione inculturata in America Latina, aiutaci a lasciarci guidare dallo Spirito Santo per discernere e realizzare nuovi percorsi per la Chiesa e per l’ecologia integrale nell’immensa Pan Amazzonia.