Dalle circa 5.000 risposte al sondaggio “La Croix – Le Pèlerin” si evince un forte desiderio di pulizia e di riscatto della Chiesa di Francia.
La Lettera al popolo di Dio (20 agosto 2018) di papa Francesco sollecitava i fedeli a prendere parte attiva, con la preghiera e il digiuno, al momento difficile che scuote la Chiesa. Di fronte agli abusi sessuali, di coscienza e di potere non bastano la vergogna e il pentimento, ma è quanto mai «necessario – scrive papa Francesco – che ciascun battezzato si senta coinvolto nella trasformazione ecclesiale e sociale di cui abbiamo tanto bisogno».
A questo pressante e personale invito rivolto ad ogni battezzato si deve associare quello più ampio e istituzionale rivolto a tutte le parti attive del popolo di Dio.
Cinquemila risposte
Da qui la scintilla che ha dato vita all’iniziativa del quotidiano cattolico francese La Croix unitamente al settimanale Le Pèlerin – entrambi editi dagli Assunzionisti di Bayard Presse – nella forma di un questionario indirizzato ai cristiani di Francia e reso pubblico nella primavera del 2019. Undici domande aperte, semplici e concise, che hanno sollecitato un giudizio sulla Chiesa e su quanto stava accadendo, sulle cause, e hanno aperto una riflessione sulle ricadute personali quanto ai vissuti di fede e di appartenenza. Ancora, domande che hanno spinto a chiedersi che cosa pensare di questo drammatico presente, in quali luoghi poterne parlare e con chi. E, se nella coscienza personale è rimasto vivo uno spazio di speranza, quali eventuali consigli offrire, su quali “cantieri” diventa urgente mettere mano.
Una sintesi delle cinquemila risposte pervenute è raccolta ora nel volume curato da Dominique Greiner dal titolo Réparons l’Eglise. Scandales, abus, révélations, (Bayard, 2020, pp. 130), il quale completa una prima analisi delle risposte già apparsa sul numero di La Croix del 4 novembre 2019.
Nelle ultime quattro pagine del volume è riportata la Cronologia dei fatti del 2019: una lista utile per cogliere l’elemento sostanziale dell’enorme smarrimento dei cattolici francesi di fronte all’inanellarsi di una serie impressionante di eventi che hanno avuto l’effetto di un cataclisma.
I fatti: si va dalle vicende che hanno coinvolto alti prelati di Francia (e non solo), all’uscita di libri (Sodoma di Frédéric Martel) e film (Grâce à Dieu di François Ozon) fino ad arrivare all’incendio della cattedrale di Notre-Dame del 15-16 aprile, con la portata emozionale che questo disastro ha provocato.
Tuttavia, all’interno di questo luciferino concatenamento di fatti, due in particolare hanno avuto effetti devastanti: la questione “Philippe Barbarin” e la diffusione sul canale televisivo Arte del documentario sugli abusi sessuali perpetrati da chierici ai danni di religiose. Due fatti che hanno sconvolto più di altri le coscienze e lacerato ulteriormente la credibilità della Chiesa. «Il documentario sulle religiose abusate mi ha particolarmente scossa. Esso mette bene in evidenza quanto di strutturale hanno questi abusi» (Gisèle, 72 anni).
Dalle risposte sintetizzate nel libro si possono avanzare alcune considerazioni. Innanzitutto una profonda sofferenza, un grido di dolore che abita la coscienza credente dei fedeli e che, in alcuni casi, ritiene insufficiente l’invito (francescano) di “riparare” la Chiesa, espresso nel titolo del sondaggio. «Non amo molto l’espressione “riparare la Chiesa”, anche se essa ha un’origine francescana. Trovo che abbia una connotazione un po’ pelagiana» (Christophe, 47 anni). La Chiesa non è un edificio da riparare e nemmeno le persone si riparano. Più che di riparare si tratta di riformare le mentalità prima ancora delle strutture: «Riparare? È una parola un po’ infantile, come a dire: “Forza, una bella spolverata e via, si gira pagina!”. No, non si tratta di una spolveratina. Serve piuttosto che ciascuno si metta in discussione, parroci, parrocchiani, papa, vescovi, religiose e religiosi. Tutti, nessuno escluso. E che il tutto e le parti siano cambiati. Cambiati, non rimaneggiati» (Agnès).
Accanto ad un’esigua minoranza che sostiene che il tempo è ormai scaduto e che la Chiesa così com’è non può riuscire nell’intento di una radicale riforma di se stessa nonostante gli sforzi riconosciuti a papa Francesco, molti hanno risposto interpretando il tempo presente nell’ottica della fede. Gesù Cristo non può certo abbandonare la sua Chiesa e in lui si deve riporre ogni speranza. «È un tempo di purificazione grazie allo Spirito Santo che mette in luce le opere sataniche. Un’occasione di apertura, di avanzamento e di creatività per annunciare Gesù Cristo nel mondo contemporaneo» (Magui, 69 anni).
Ne consegue che questo è un tempo di prova e di purificazione. Un tempo – scrivono in molti – di grazia, di discernimento. Vista nell’ottica della fede, la crisi attuale è, per molti cattolici, l’occasione di un rinnovato attaccamento filiale e solidale alla Chiesa. Rimane che una buona parte di fedeli non ama più definirsi cattolico e preferisce dirsi cristiano: «Io mi sento più cristiana che cattolica – dice Élaine –. Mi nutro più del Vangelo che della dottrina della Chiesa».
La piaga del clericalismo
Laddove non si fanno sconti è sulle forme del clericalismo, indicato come un cantiere sul quale mettere mano con urgenza. Papa Francesco, nella sua Lettera, dedica parole dure a questo problema: il clericalismo – scrive il papa – «è un modo anomalo di intendere l’autorità nella Chiesa», esso è «quell’atteggiamento che non solo annulla la personalità dei cristiani, ma tende anche a sminuire e a sottovalutare la grazia battesimale che lo Spirito Santo ha posto nel cuore della nostra gente». Che risieda proprio qui uno di quei peccati contro lo Spirito Santo di cui parla il vangelo di Matteo (12, 31-32)?
Il clero deve ripensare se stesso in ragione anche del legame stabilito dal testo papale tra clericalismo e le varie forme di abuso, quello sessuale compreso. Le comunità cristiane nelle quali l’autorità della Chiesa è impostata secondo modelli clericali sono le più esposte alle derive degli abusi. Questo nesso non può passare inosservato e meriterebbe degli approfondimenti, tanto più che altre risposte indicano in molti giovani preti appena usciti dai seminari dei soggetti segnati da forti tendenze al clericalismo: «Il profilo dei giovani preti che escono dai seminari non aiuta a migliorare le cose. […] Se non reagiamo in fretta, la Chiesa di Francia diventa una sorta di club privato, ripiegato su se stesso, nel quale la difesa delle tradizioni vale più dell’evangelizzazione della società» (Claude).
In ogni caso, molte risposte alle domande 8-10, le quali chiedevano di indicare le piste d’azione utili per uscire dalla crisi attuale, gravitano attorno all’accesso ai ministeri ordinati: che i preti possano sposarsi, che uomini sposati possano accedere all’ordinazione, che alle donne sia aperto il diaconato, per alcuni anche il sacerdozio. L’attenzione all’affettività è indicata come il fattore decisivo nella formazione del clero.
Una grande convergenza di risposte chiede una Chiesa più fraterna, capace di prossimità, soprattutto con i poveri, e una Chiesa che non escluda, capace di ritrovare e di vivere la dinamica del concilio Vaticano II. È da rilevare che solo in pochi hanno sottolineato come la formazione sia un obbligo anche per i laici, benché uno strumento efficace per combattere il clericalismo sia proprio il poter contare su laici formati.
Attivare luoghi di scambio di parola, poter dare corpo al grande desiderio di parlare e di essere ascoltati, è la richiesta espressa da un numero consistente di donne e di uomini della Chiesa di Francia e, certamente, anche delle comunità cristiane dell’intero globo.