L’esito della visita apostolica condotta in giugno dal card. Arborelius, vescovo di Stoccolma, e da mons. van den Hende, vescovo di Rotterdam, nella diocesi di Colonia è stato inviato alla Santa Sede.
Ora si attende una decisione del papa, soprattutto per quanto riguarda il personale ecclesiastico direttamente coinvolto dal report giuridico sulla gestione dei casi di abuso nella più grande diocesi tedesca (in particolare, mons. Heße vescovo di Amburgo che ha rassegnato le proprie dimissioni al papa le cui accettazioni sono state momentaneamente sospese da Francesco e il vescovo ausiliare di Colonia mons. Schwaderlapp – entrambi sospesi dall’esercizio del loro ministero).
A breve si attende la pubblicazione dell’indagine commissionata dalla diocesi di Monaco, con il corredo delle dimissioni presentate dal vescovo locale, il card. Marx, respinte da papa Francesco. Oltre al personale attualmente in carica, a Monaco o altrove nella Chiesa tedesca, il rapporto riguardante la diocesi di Monaco tocca anche il breve periodo di ministero episcopale esercitatovi da Ratzinger.
In merito, è emerso già quantomeno un caso che lascia intendere una qualche mancanza dei doveri di ufficio da parte del papa emerito. Ma per avere un quadro più dettagliato, preciso e obiettivo bisognerà appunto attendere la pubblicazione completa dell’indagine giunta oramai al suo termine.
In una recente intervista il padre gesuita K. Mertes, che undici anni fa è stato colui che ha sollevato dall’interno il velo dell’omertà sui casi di abuso in Germania con una lettera inviata agli ex-studenti del Canisius-Kolleg di Berlino, ha affermato che è importante separare la questione della gestione ed elaborazione dei casi di abuso sessuale nella Chiesa da quella che riguarda questioni di politica ecclesiastica: “Vi sono molte vittime per le quali è del tutto indifferente se la Chiesa toglie o meno l’obbligo del celibato per l’esercizio del ministero ordinato. Questioni come queste non sono ciò che per loro è importante. Si tratta piuttosto del fare luce sui fatti, del risarcimento, di un sostegno effettivo e magari – ancora un volta – della prevenzione perché è importante che cose del genere non si ripetano”.
Un altro aspetto importante, sottolineato da Mertes, riguarda il rapporto e la comunicazione con le vittime – qui sono necessari cambiamenti strutturali e culturali nella Chiesa per renderla una comunità più sensibile, capace di ascolto.
Questo soprattutto tenendo conto che, a motivo del quadro costituzionale e giuridico tedesco, la Chiesa cattolica è chiamata a essere uno degli attori protagonisti per quanto riguarda l’indagine di archivio e tutto il processo implicato nel portare alla luce sia casi di violenza sia il modo in cui essi sono stati gestiti. Differente è la situazione per ciò che concerne i paesi anglosassoni, dove le procure possono imporre la consegna degli archivi ecclesiastici ai magistrati incaricati – il che può essere anche una sgravio enorme per la Chiesa stessa, come ha recentemente espresso il vescovo di Belfast.
Mertes ha poi ricordato che la questione di abusi e violenze non riguarda solo la Chiesa ma l’intera società e tutto il tessuto delle relazioni umane. Questo non per giustificare, ma per rendere consapevoli che rimangono molti settori del vissuto sociale che ancora si sottraggono a un processo di chiarimento, indagine e responsabilità civile e penale in merito (in particolare lo sport e le scuole).
“Trattandosi di un problema complessivo, trovo che la Chiesa stia facendo un buon servizio alla società nel momento in cui si è fatta carico di portare alla luce casi di abuso al suo interno. In questo momento la Chiesa tedesca ha anche una buona reputazione, una sorta di esemplarità nella società, e non solo una cattiva (…). Coloro che si fanno carico di tale questione in Germania sanno bene che, nel frattempo, possono trovare nella Chiesa il partner più forte e adeguato”.
Se in una chiesa si commette abbusi chi a commesso abbusi non lo si manda fuori lo si denuncia e lo si Manda fuori dalla chiesa perché non degno di starci
“Vi sono molte vittime per le quali è del tutto indifferente se la Chiesa toglie o meno l’obbligo del celibato per l’esercizio del ministero ordinato. Questioni come queste non sono ciò che per loro è importante. Si tratta piuttosto del fare luce sui fatti, del risarcimento, di un sostegno effettivo e magari – ancora un volta – della prevenzione perché è importante che cose del genere non si ripetano”.
Non è importante per le vittime di ieri, ma per le potenziali vittime nel futuro.