Riprendiamo l’undicesimo contributo (dicembre 2022) della rubrica «Opzione Francesco», firmata dal teologo Armando Matteo per la rivista Vita Pastorale. Per gentile concessione del direttore, don Antonio Sciortino, la rubrica viene interamente pubblicata su SettimanaNews.
Una delle note principali dell’Opzione Francesco riguarda l’assunzione di un atteggiamento realistico nei confronti all’attuale situazione della Chiesa, in particolare quella in Occidente. È tempo di riconoscere che, come comunità credente, falliamo proprio nel cuore della nostra missione: non riusciamo più a fare nuovi cristiani e nuove cristiane.
I dati sociologici sul sentimento religioso e cristiano delle nuove generazioni sono decisamente inquietanti. Pur frequentando il nostro catechismo, pur partecipando alla vita in parrocchia e in oratorio, arriva un momento in cui i nostri cuccioli ci lasciano e vanno via. Non si tratta, in verità, di un rifiuto consapevole ed esplicito della religione cristiana. Più semplicemente accade che non sanno a cosa potrebbe servire una cosa come la religione cristiana, quando smettono di essere bambini, quando insomma iniziano a diventare grandi.
Qui incrociamo il nervo scoperto della crisi del cristianesimo occidentale: la nostra fatica ad intercettare le domande e la ricerca di senso degli adulti e delle adulte di oggi, profondamente riformulate dopo il cambiamento d’epoca che ci è toccato vivere. A queste domande e a questa ricerca di senso continuiamo a dare quelle risposte che andavano bene per i genitori e i nonni degli adulti e delle adulte di oggi.
Per far fronte a tutto ciò serve propriamente quel radicale cambiamento di mentalità pastorale che è al cuore dell’Opzione Francesco. Urge cambiare, in breve, se desideriamo essere all’altezza della nostra missione e se desideriamo dare ancora alla luce nuovi cristiani e nuove cristiane. Ogni cambiamento, però, è sempre accompagnato da un naturale sentimento di paura, con il quale è bene ora fare finalmente i conti.
Non si deve certamente demonizzare la paura. La si deve piuttosto dominare prima che essa ci domini e ci paralizzi. Ma come si domina la paura? Contro la paura si deve far ricorso al potere dei sogni. Sì, al potere dei sogni!
I sogni, infatti, hanno un potere premonitore: anticipano e aprono nuovi scenari e nuove possibilità. Hanno il potere di trasformare la realtà proprio mentre ci permettono di immaginarla in modo differente di come si manifesta a noi, quando non sogniamo.
I sogni accendono una luce per il buio che potrebbe venirci incontro nel cammino; permettono di intravedere un orizzonte più grande per la fatica che potremmo affrontare; costruiscono un’alternativa contro quella prepotenza con cui tante volte si presenta a noi la realtà.
Per proseguire con l’Opzione Francesco, serve allora a tutti noi proprio il sogno di una Chiesa che torni ad essere “madre”: il sogno di una Chiesa cioè che torni a generare figli e figlie alla fede, una Chiesa che sia sempre di più luogo in cui chiunque possa incontrarsi con il vangelo di Gesù e con il Gesù del vangelo ed innamorarsi di lui.
L’Opzione Francesco, pertanto, ci pone davanti ad un interrogativo molto semplice ma molto fecondo per il cristianesimo futuro: abbiamo ancora un sogno per questa nostra Chiesa? Abbiamo ancora un sogno per la fede possibile dei nostri cuccioli?
È vero la Chiesa deve tornare ad essere madre, cioè deve essere capace di generare cristiani ad ogni latitudine e ad ogni longitudine. Tuttavia i sogni servono perché, grazie alla potenza dell’immaginazione, possiamo trasformare la realtà. La paura c’è: è evidente. Ma manca quella spinta propulsiva e propositiva di dar vita ad una nuova – nel senso di rinnovata – Chiesa. Più che i sogni, manca il carburante.