Cina: chi viola l’accordo?

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Guo Xijin e Claudio Celli

Claudio Maria Celli con i due vescovi di Mindong Vincenzo Guo Xijin e Vincenzo Zhan Silu

Le recenti critiche sulle vicende in Cina nella diocesi di Mindong, Fujian, dove al vescovo Guo Xijin potrebbe essere impedito di celebrare i riti pasquali, e per la demolizione di una chiesa nello Shaanxi, dimostrano le preoccupazioni nella Chiesa per l’applicazione dell’accordo tra Santa Sede e Cina. Ci sono profonde divisioni a Roma al riguardo. Alcuni ritengono che tali episodi dovrebbero fare ripensare l’accordo del 22 settembre 2018. Tali divisioni sull’accordo non ci sono solo da una parte, ma anche in Cina (cf. i commenti su Settimana News: Un accordo storico; Accordo sugli zucchetti viola).

Un anno fa il Global Times, costola inglese del Quotidiano del Popolo, il giornale ufficiale del comitato centrale cinese, pubblicava una foto con capo delegazione Vaticano sulla Cina l’arcivescovo Claudio Maria Celli in mezzo ai due vescovi riconciliati di Mindong, Guo, l’ex clandestino che accettava di fare un passo indietro e diventare ausiliare, e Zhan Silu, l’illegittimo che Roma riconosceva. Se un anno dopo invece tale riconciliazione non riesce a essere portata a termine certamente è un’offesa per la Chiesa e uno schiaffo alla comunità cattolica ma lo è ancora di più per Pechino che aveva mostrato pubblicamente come la pace era stata raggiunta. La demolizione della Chiesa nello Shaanxi è un evento analogo. Infatti negli stessi giorni in cui le ruspe buttavano giù il tempio, un gruppo di giornalisti cinesi presenziava al lancio del libro di padre Antonio Spadaro sul futuro della Chiesa in Cina a Civiltà Cattolica. Ciò era un segno pubblico dell’avvicinamento con Pechino.

Tifoserie opposte

Si tratta di due segnali opposti, uno di chiusura uno di apertura. Di nuovo cosa significa?

Si può pensare, certo, a un atteggiamento schizofrenico, oppure baro delle autorità cinesi. Ma tali interpretazioni presumono che la Cina sia una specie di massiccio monolite in pieno controllo di ogni evento dentro e fuori dal paese. In realtà, per quanto Pechino cerchi il controllo, ciò è molto difficile in un paese di quasi 1,5 miliardi di persone, grande quanto l’Europa fino agli Urali. Più facile piuttosto pensare che certe scelte del governo centrale siano diverse da quelle del governo locale.

Non è un mistero che anche in Cina sulla firma dell’accordo con la Santa sede ci siano profonde divisioni. Forse sia il Papa che il presidente Xi Jinping hanno a che fare con opposizioni interne determinate a far fallire l’accordo o quantomeno a non lavorare per il suo successo, semplicemente perché hanno altri piani sulla Chiesa o sulla Cina. Tali piani possono essere anche legittimi, ma di certo ostacolano l’applicazione dell’accordo. Oggi esso, proprio perché ha un doppio fronte di opposizione, in Cina e in Santa Sede, ha bisogno di grande buona volontà da parte di tutti per non rimanere impantanato in mille trappole. Quindi c’è un problema forse anche personale: Noi vogliamo spingere per una maggiore unità e colloquio, pace e riconciliazione della comunità cattolica cinese o vogliamo lavorare contro? Questo è un problema che è fondamentale per confrontarsi con i mille problemi che ci sono e ci saranno nell’applicazione dell’accordo.

Futuro e buona volontà

Inoltre c’è il moltiplicatore. Il “partito” dei contrari all’accordo in Santa sede o in Cina lavora in realtà all’unisono, l’uno prendendo a scusa l’altro, come è per gli opposti estremismi in ogni momento rivoluzionario. Per esempio in Italia negli anni ‘70 il terrorismo rosso e quello nero si giustificavano a vicenda. Gli ultra comunisti sostenevano di dover prendere le armi per difendersi dai terroristi fascisti e dallo Stato che li proteggeva; i fascisti sostenevano la stessa cosa contro i comunisti. Certo con l’accordo del Vaticano non c’è un confronto tra opposti terroristi ma nei fatti le tifoserie contrarie all’accordo si riflettono l’una dentro l’altra. Aldilà dei problemi specifici forse occorre un cambio di atteggiamento mentale e spirituale da parte dei tanti che tifano contro e dei più confusi e schiacciati in mezzo.

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