Il tema che ha delineato l’orizzonte dell’assemblea della COMECE, svoltasi tra il 23 e il 25 ottobre scorso a Bruxelles – la prima per il nuovo segretario generale, lo spagnolo don Manuel Barrios Prieto –, non poteva che essere quello delle prospettive per il prossimo quinquennio su cui intende muoversi la nuova Commissione Europea, ormai in procinto di entrare nel pieno esercizio delle sue funzioni anche se con un leggero ritardo.
Già da qualche mese disponiamo di un testo di riferimento al riguardo, con il discorso tenuto al Parlamento Europeo il 16 luglio scorso dalla presidente eletta Ursula von der Leyen, corredato dalle linee politiche della nuova Commissione.
Gli ambiti di tali orientamenti sono il proposito e la volontà di «un Green Deal europeo», di «un’economia che lavora per le persone», di «un’Europa pronta per l’era digitale», di «proteggere il nostro stile di vita europeo», di «un’Europa più forte nel mondo», di «un nuovo slancio per la democrazia europea». Ognuno di questi ambiti richiede un’esplorazione adeguata alla complessità delle questioni che abbraccia.
La questione ecologica
All’attenzione dell’assemblea sono state poste soprattutto la prevista creazione di un Commissario Europeo incaricato per la questione demografica, la preoccupazione per l’ambiente, la responsabilità per il bene comune.
Nonostante le possibilità non illimitate offerte dalle attuali competenze dell’Unione, questo rinnovato interesse per la demografia va visto positivamente e si intreccia con le scelte economiche da adottare, con il problema ecologico, con la questione migranti/richiedenti asilo, ma anche, più in generale, con la tenuta della democrazia, per non parlare della famiglia, pur restando la disciplina sostanziale di questa materia di competenza dei singoli paesi dell’Unione. Sembra comunque che demografia ed ecologia si profilino tra gli interessi principali della prossima Commissione.
La questione ecologica ha assorbito l’impegno maggiore dell’assemblea, che ha voluto incontrare e ascoltare non solo figure istituzionali della Commissione Europea, ma anche soggetti espressione della società civile e del mondo cattolico, come il Movimento cattolico globale per il clima, il CIDSE, Caritas Europa e la FAFCE. Ciò che emerge è, per un verso, il quadro di un tessuto sociale ed ecclesiale in fermento.
La coincidenza con lo svolgimento del Sinodo per la regione Panamazzonica – al quale ha partecipato come membro nominato il presidente della COMECE, l’arcivescovo Jean-Claude Hollerich, creato cardinale alla vigilia del Sinodo – ha rafforzato la percezione di questo clima, da cui emerge una sensibilità crescente anche se diffusa in maniera non uniforme.
D’altra parte, la presentazione di un’informazione sia pure essenziale sulla situazione ecologica attuale desta, a dir poco, grande preoccupazione. In tale contesto si apprende, con senso di fiducia, l’intenzione programmatica della nuova Commissione di emanare la prima legge europea sul clima con l’obiettivo della neutralità climatica per il 2050 e, insieme ad altre misure, la proposta di un patto europeo per il clima che riunisca tutti gli enti regionali e locali, la società civile, l’industria e le scuole, come pure obiettivi climatici e misure collegate per passare da un’economia lineare a un’economia circolare, nella quale le risorse non vengano più consumate e irreversibilmente distrutte, ma rigenerate e riutilizzate.
La presenza della Chiesa cattolica
La domanda sui compiti che la Chiesa ha di fronte a tali sviluppi trova facile risposta nella ripresa della Laudato si’ di papa Francesco e nelle molteplici iniziative che sono nate e continuano a nascere sulla scia della sua recezione. Si coglie con grande evidenza, anche su un piano europeo, la conoscenza e la considerazione dell’enciclica ben oltre i confini ecclesiali; qualcuno, anzi, insinua più fuori di essi che dentro.
L’idea che si afferma sempre di più è che il compito dei soggetti ecclesiali deve essere rivolto alla promozione e alla diffusione di una visione integrale della questione ecologica, quale insegnata dall’enciclica, secondo cui la cura dell’ambiente non è separata e non si contrappone alla cura della persona nella sua integralità, ma ormai ne costituisce il contesto e la condizione. In questo senso, si può parlare di conversione ecologica, che rilegge e pone in nuova luce il messaggio biblico, la teologia della creazione, una spiritualità corrispondente e un’etica conseguente.
Proprio tali sviluppi della riflessione sulla questione ecologica impongono una considerazione più generale sulla missione della COMECE e sul rapporto tra la Chiesa nelle varie nazioni dell’Unione e l’Unione stessa. Ora si vede più chiaramente la differenza tra la Chiesa cattolica – come pure le altre Chiese, oltre che le altre confessioni e religioni – e le organizzazioni che fanno lobby presso l’Unione (peraltro in maniera trasparente, secondo un registro e regole definite).
Alcuni potrebbero, infatti, erroneamente etichettare l’azione della Chiesa cattolica come quella di un soggetto, sia pure sopranazionale, che abbia da difendere interessi di parte. Proprio il caso della preoccupazione per la cura dell’ambiente mostra invece che ci sono soprattutto fondamentali interessi comuni a richiedere il dialogo e la collaborazione della Chiesa con l’Unione e viceversa, soprattutto quando la Chiesa di cui si parla non è solo l’istituzione internazionale – quale ad esempio configurata nella Santa Sede e nella sua rappresentanza diplomatica – ma l’espressione legittima e riconosciuta delle comunità di credenti presenti nelle diverse nazioni.
Si tratta di un popolo europeo di credenti, che concorre alla vita dell’Unione in mezzo e insieme a tutti i popoli che trovano la loro organizzazione sociale e politica, statuale e costituzionale, ciascuno nella propria nazione. È tale configurazione che permette di riconoscere, anche nelle sedi istituzionali dell’Unione, che la Chiesa e la stessa COMECE, in quanto espressione degli episcopati nazionali, formano relazioni e reti di cittadini che coprono trasversalmente tutta l’Unione, costituendo così un fattore essenziale di integrazione che fornisce linfa vitale al progetto europeo. Un compito, questo, che la COMECE favorisce e assolve da quasi quarant’anni (l’anniversario ricorre l’anno prossimo) crescendo in esperienza e in capacità di riflessione, di relazione e di comunicazione. Ciò che la Chiesa si trova perciò a svolgere è un’opera di integrazione che le è connaturale per la sua identità comunionale, e si riflette in vari gradi e a vari livelli nelle dinamiche sociali e istituzionali nazionali e sopranazionali.
Essa porta nella dinamica sociale, culturale e politica pubblica il plesso di valori e di ideali che scaturiscono dalla fede comune che crea ed edifica la comunità ecclesiale, quali ad esempio quelli consegnati nel vivo e creativo insegnamento sociale della Chiesa, come fino ad oggi si sperimenta con il magistero di papa Francesco.
È naturale e necessario che emergano differenze, anche non marginali, di sensibilità e di orientamento ideale ed etico tra i popoli e dentro ciascuno di essi, ma ciò non impedisce di condividere aspetti importanti degli obiettivi comuni che i processi sociali vedono perseguiti nel cammino delle singole nazioni e dell’Unione Europea nel suo insieme. Per questo l’Europa ha bisogno della Chiesa, e questa può trovare in essa lo spazio in cui non solo esprimere la sua identità e missione, ma in cui trovare le condizioni per maturare più pienamente l’una e l’altra.
L’azione della COMECE
Di fatto un luogo di incontro degli episcopati diventa anche un luogo di confronto, e come un laboratorio, dove le differenze di storia e di tradizione, di cultura e di politica, dei singoli territori trovano una stanza di compensazione tra le diversità alla ricerca di una sintesi, che può rifluire esemplarmente e costruttivamente nel cammino di mai finita integrazione dell’Unione Europea.
L’ambito ecologico – ma con esso anche quello demografico, con tutte le questioni connesse a livello economico e sociale – è solo un esempio di spazio di convergenza e di condivisione di interessi e di obiettivi che stanno a cuore a tutti per un bene comune indivisibile.
A conferma di quest’opera di integrazione culturale e sociale, ispirata dalla fede e aperta ad ogni forma di relazione che non escluda nessuno, proprio in questa assemblea la COMECE ha adottato alcune forme di collaborazione, come quella con Iustitia et Pax Europa, o anche l’Alleanza europea Laudato si’ (ELSi’A) che raccoglie diverse sigle impegnate nella salvaguardia della casa comune, che esprimono da sole il lavoro di integrazione che intende compiere all’interno della comunità ecclesiale e nello spazio pubblico della società europea, oltre che nelle sedi istituzionali dell’Unione Europea.
Merita, infine, di essere segnalata la dichiarazione, di imminente pubblicazione, firmata dai vescovi delegati in occasione del trentesimo anniversario della caduta del muro di Berlino, con la quale si vuole ricordare un evento decisivo per il superamento di una divisione dolorosa dell’Europa e per l’allargamento a est della stessa Unione, con il ritorno alla democrazia di tutto il continente.
Ora, a distanza di tempo, quell’evento chiama a nuove esigenze e apre a nuove speranze, che guardano verso un futuro oppresso da pesanti nubi ma nondimeno non privo di promesse, soprattutto dalle nuove generazioni, insieme alle quali molti guardano a un’Unione più giusta e democratica, più vicina ai popoli, ma anche più solida e forte nell’affrontare le sfide che le si presentano nei rapporti con i vicini e negli equilibri geopolitici del mondo di oggi.
«Essere Chiesa in Europa – ha detto il presidente introducendo i lavori – significa anche impegnarsi a fondo per unire i popoli, per fare in modo che essi vedano fratelli e sorelle gli uni negli altri, che cooperino per il Bene Comune, gettando ponti tra le rispettive realtà, condividendo le rispettive ricchezze e imparando dalle stesse».
La Missa pro Europa, che è stata celebrata nel contesto dell’assemblea in occasione della Presidenza finlandese di turno del Consiglio UE, ha confermato tutti nella certezza che ogni impegno è reso veramente fecondo dalla preghiera e dalla fede che lo animano, dalle quali unicamente esso riceve energia e sempre nuovo slancio.
Mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina, è uno dei vice-presidenti della COMECE.