Criteri per riparare la Chiesa

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La crisi attuale della Chiesa non ha precedenti. È molto profonda. È visibile nel dolore, nello smarrimento, nell’indignazione e nella vergogna per gli abusi sessuali del clero, nelle sue procedure inadeguate e le sue coperture sistematiche.

Oltre alla crisi attuale, ce n’è anche un’altra. Sono molti anni che i cattolici avvertono la distanza e la mancanza di comunicazione con i loro sacerdoti e, specialmente, con i loro vescovi.

Ambedue le crisi obbligano a effettuare dei cambiamenti decisivi affinché la Chiesa, come spazio di incontro e di comunione, continui a collaborare con la missione di Gesù.

Nell’immediato futuro, alcuni cattolici e cattoliche possono cercare orientamenti che li consolino e li aiutino a discernere cosa fare in quanto discepoli di Cristo. Prima però vorrei condividere alcune riflessioni per superare questi momenti così difficili e contribuire a incoraggiarli a partecipare ad una profonda ricostruzione della Chiesa che molti di noi sognano e sperano.

Le nostre radici
  • Noi cristiani, da un punto di vista teologico, siamo Gesù per la Chiesa e la Chiesa per Gesù. Siamo il popolo di Dio. Dobbiamo collaborare con Gesù ad alleviare la Chiesa e, dall’altra parte, come membri integranti della Chiesa, speriamo di essere alleviati e risanati da Gesù. L’attuale crisi della fede è anche una crisi di fedeltà. Non possiamo abbandonare la barca. Sarebbe come dimenticarci gli uni degli altri. Lo Spirito Santo dovrebbe ravvivare la fedeltà dell’amore di Dio in noi e tra di noi.
  • La ragion d’essere della Chiesa consiste nel continuare la missione di Gesù. La crisi della Chiesa è dovuta in buona parte al fatto che la gerarchia ecclesiastica l’ha concentrata su se stessa. Essa non deve esistere per riprodursi e prolungare la sua esistenza lungo i secoli. Gesù ne ha bisogno affinché il regno di Dio giunga in modo particolare alla gente più bisognosa di amore, di giustizia, di attenzione, di consolazione e di perdono.
  • La Chiesa appartiene all’eternità. Non è una ONG che, una volta compiuta la sua missione o perché scarsa di fondi, chiude i suoi uffici. Noi cristiani crediamo che la nostra appartenenza ecclesiale ci permette già fin d’ora di vivere come se questa vita avesse un valore eterno. Il mistero della morte e risurrezione di Cristo, in cui la Chiesa ha la sua origine, costituisce la fucina in cui i cristiani plasmano la loro vita. Niente e nessuno esentò Gesù dai patimenti che gli furono inflitti. Il suo trionfo pasquale non ci risparmierà dal soffrire ciò che stiamo attraversando, ma deve farci credere e darci le forze di lottare per una Chiesa migliore di quello che siamo.
  • Noi cristiani non sapremmo niente di Gesù se la Chiesa non ci avesse trasmesso l’esperienza che fece di lui prima e dopo la sua morte. La Chiesa è l’unica foto che abbiamo di Gesù. È una foto che ha duemila anni. È sbiadita. Ma, grazie a questa Chiesa vecchia e decadente sotto molti aspetti, noi godiamo di un’appartenenza millenaria. Far parte di una grande tradizione è qualcosa di meraviglioso. E, soprattutto, costituisce per noi un patrimonio di esperienze, di prove, di errori e di conoscenze che una volta servirono e che oggi sono utili per fare dei confronti, in una parola, di numerosi tentativi di voler essere umani come ha potuto essere Gesù. Questa tradizione per noi oggi costituisce un criterio fondamentale per discernere la strada da seguire. Senza tradizione, la creatività è impossibile.
crisi attuale della Chiesa

S. Angelo in Formis, Affreschi del XI secolo, Capua (CE)

Che fare di fronte alla crisi?
  • Fissare lo sguardo su Gesù e il suo Vangelo. Egli si prenderà cura di noi, sue sorelle e suoi fratelli.
  • Nei momenti di grandi agitazioni della vita non è mai bene spazientirsi, disperarsi e cambiare le nostre decisioni più profonde. Adesso, più che mai, è necessario mantenere la calma. Oggi è molto importante perseverare.
  • L’attuale momento di crisi richiede di stare uniti e di andare avanti con gli altri. Si apre una possibilità. Non siamo soli. Bisogna pregare gli uni con gli altri e gli uni per gli altri. Inoltre, è opportuno renderci responsabili dei più fragili: incoraggiarli, informarli con la verità, ma senza allarmarli, aiutarli a fare i passi che un cristiano deve compiere nelle circostanze attuali. È fondamentale sentirci Chiesa e sentirci responsabili nei suoi confronti.
  • Non subordinare la nostra permanenza nella Chiesa all’agire della gerarchia ecclesiastica. Nemmeno possiamo farla dipendere dalle trasformazioni che questa dovrebbe compiere. I cambiamenti necessari sono talmente grandi da richiedere degli anni prima di compiersi, se si compiranno. Nel frattempo non abbiamo scuse per non vivere la fraternità tra noi e nel cercare di rendere fraterno questo mondo.
  • Analizzare e cercare di capire in che cosa consiste la crisi del rapporto tra l’istituzione ecclesiastica e i cristiani. Il problema è piuttosto impegnativo sapendo che dobbiamo creare qualcosa di veramente nuovo.
Criteri di azione per far fronte ai problemi immediati
  • Pregare e dialogare più che in altre circostanze.
  • Mettersi al posto delle vittime degli abusi del clero. Identificarsi con loro. Accompagnarle e aiutarle se è possibile. Immaginare il futuro della Chiesa dal loro punto di vista.
  • Pregare per le persone che hanno perpetrato crimini e abusi, e per le autorità ecclesiastiche pigre e occultatrici, affinché si assumano la responsabilità di ciò che è successo e facciano riparazione quanto prima verso le loro vittime.
  • Pregare per le autorità della Chiesa che non hanno commesso alcun atto illecito e che attualmente si sforzano di rendere giustizia e di riparare i danni prodotti; pregare e aiutare i sacerdoti che si sentono tanto addolorati, indignati e perplessi, come l’insieme dei laici.
  • Fare un esame di coscienza. Nell’attuale crisi della Chiesa ci sono stati peccati di indole molto diversa. È importante prenderne coscienza e chiedere perdono per la colpa che ognuno può avere nella situazione della Chiesa.
Criteri per recuperare la rotta perduta
  • Tornare allo stile di Gesù. Identificarci e avvicinarci ai poveri: carcerati, tossicodipendenti, disoccupati, bambini abbandonati, malati, anziani, persone che non dispongono dei beni essenziali. Possiamo fare qualcosa per loro affinché sappiano che Dio li ama.
  • Creare nuove comunità e curare e rafforzare quelle che ci sono. Il modello possono essere le prime comunità cristiane (At 2,42-47).
  • Creare nuovi modi di celebrare la fede. L’eucaristia è la forma eminente della festa di ringraziamento a Dio. Ciò non impedisce che i cristiani inventino nuove celebrazioni eucaristiche per leggere la Parola, mangiare, condividere e chiedere uniti. La chiave deve essere – direbbe il Vaticano II – la partecipazione di tutti. Oggi sono necessarie nuove modalità di riunioni liturgiche perché mancano sempre più sacerdoti o perché il clericalismo di molti di essi li rende incapaci di accompagnare le comunità.
  • Mostrare con la nostra testimonianza perché siamo cristiani e perché non smetteremo mai di esserlo.
  • Sostenere le iniziative di altre persone che promuovono la venuta del regno di Gesù. Ci sono delle attività e dei gruppi organizzati da persone non cattoliche che forse gradirebbero il nostro aiuto.
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