«La Chiesa, alla luce della Rivelazione, ribadisce e conferma in modo assoluto questa dignità ontologica della persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio e redenta in Cristo Gesù. Da questa verità trae le ragioni del suo impegno a favore di coloro che sono più deboli e meno dotati di potere, insistendo sempre “sul primato della persona umana e sulla difesa della sua dignità al di là di ogni circostanza”».[1]
È, questa, una vera dichiarazione programmatica e di metodo, che è dato leggere nell’esordio della dichiarazione Dignitas infinita, pubblicata dal Dicastero vaticano per la dottrina della fede, previa approvazione pontificia.
Il metodo è quello teologico (dalla rivelazione cristiana alla dottrina teologica e morale, con la conseguente rilettura della realtà antropologica ed etico-sociale). E ciò con inevitabili risvolti dialogici, per cui ci si confronta con tutto il movimento teorico dei diritti fondamentali della persona umana, nonché con risvolti operativi e caritativi d’impegno nei confronti di sorelle e fratelli tutti, senza discriminazioni. Tutto in nome della comune dignità, che è quasi un concetto infinito, nel senso che è sempre da definire e precisare e che, soprattutto, precede la libertà e ogni altro diritto fondamentale dell’essere umano, orientando e misurando le stesse libere scelte etiche.
Il fondamento teologico e cristologico della dignità personale
La Carta di Nizza o dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, adottata all’esordio del terzo millennio (Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, 2000/C 364/01), fu promulgata per condividere in Europa un futuro di pace fondato su valori comuni. Essa all’art. 1 recita: «La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata».
Tra i valori indivisibili e universali dell’Unione, oggi, alla vigilia di una tornata elettorale, la dignità umana era, insomma, sulla soglia del terzo millennio, il primo ad essere enunciato, insieme con quelli di libertà, di uguaglianza e di solidarietà.
D’altra parte, sul piano nazionale, la Carta costituzionale italiana informa già tutto il nostro ordinamento con il cosiddetto principio personalista, che fonda i conseguenti diritti di uguaglianza e i doveri di solidarietà.
E tuttavia, nonostante tutte queste affermazioni di principio, non ci si può non domandare – come fa ora la stessa Dichiarazione vaticana – come potersi ancora riferire alla dignità della vita umana, oppure fare appello ai diritti inalienabili della persona, a fronte di tanti e tanti attentati alla pur asserita e ribadita dignità fondamentale.
Difatti, portandosi sul piano fattuale e senz’alcuna inflessione dottrinale, il Documento afferma: «Si dovrà riconoscere che si oppone alla dignità umana “tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario”. Attenta altresì alla nostra dignità “tutto ciò che viola l’integrità della persona umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, le costrizioni psicologiche”. E, infine, “tutto ciò che offende la dignità umana, come le condizioni di vita subumana, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni di lavoro, con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e responsabili”. Bisognerà pure qui menzionare il tema della pena di morte: anche quest’ultima, infatti, viola la dignità inalienabile di ogni persona umana al di là di ogni circostanza. Si deve, al contrario, riconoscere che “il fermo rifiuto della pena di morte mostra fino a che punto è possibile riconoscere l’inalienabile dignità di ogni essere umano e ammettere che abbia un suo posto in questo mondo. Poiché, se non lo nego al peggiore dei criminali, non lo negherò a nessuno, darò a tutti la possibilità di condividere con me questo pianeta malgrado ciò che possa separarci”. Appare opportuno anche ribadire la dignità delle persone che si trovano in carcere…».[2]
La persona, id quod est perfectissimum in tota natura
Un lunghissimo, e ancora incompleto, elenco, quello appena riportato, di tanti ricorrenti attentati alla dignità umana. Un elenco ancora più cocente dopo le stragi di innocenti e di bambini, che vengono ancora perpetrate nel corso delle tante guerre in atto.
La risposta a tutti questi eventi drammatici, e relative domande, dev’essere, perciò, essenziale ed efficace, ovvero dovrebbe riuscire a correlare intrinsecamente, non soltanto sul piano dei principi o delle raccomandazioni, la dignità umana al valore ontologico della persona umana, a sua volta da pensare in riferimento alle persone sussistenti in Dio.
Già il grandissimo filosofo-teologo Tommaso d’Aquino († 1274), esplicitamente citato dalla Dichiarazione, in una stagione medievale complessa sia sul piano sociale che ecclesiastico, sintetizzava, andando oltre il rationalis naturae individua substantia, la definizione della persona come distinctum subsistens in natura intellectuali, o anche ciò che è il perfettissimo in ogni realtà.
Come, infatti, oggi esplicita la Dichiarazione, «in realtà, la dignità è intrinseca alla persona, non conferita a posteriori, previa ad ogni riconoscimento e non può essere perduta. Di conseguenza, tutti gli esseri umani possiedono la medesima ed intrinseca dignità, indipendentemente dal fatto che siano in grado o meno di esprimerla adeguatamente».[3]
Fu lo stesso Tommaso che, oltre a specificare, sul piano teologico la definizione boeziana – preferendo “intellettuale” a razionale e “sussistente” a sostanziale ai fini della predicabilità della nozione di persona non soltanto in humanis ma in divinis –, aveva argomentato opportunamente, secundum analogiam, anche a proposito della persona umana, sostenendo che essa può fruire di un proprio essere sussistente; tuttavia, sempre in relazione ad un Creatore, che ne deve assicurare ex nihilo la forma sostanziale, ovvero deve garantire in essa quella determinazione psico-spirituale, che conferisce l’atto d’essere alla totalità umana corporeo-spirituale. In tal modo, davvero la persona umana, oltre a «un essere posto-da Dio, un ek-sistere ricevuto in virtù della creazione divina, nondimeno è precisamente per questo stesso essere e sussiste in una propria reale, robusta autonomia».[4]
Una felice espressione di san Giovanni Paolo II
Fu san Giovanni Paolo II – nel corso di un Angelus (domenica 16.11.1980) alla presenza di persone disabili – a utilizzare, in riferimento alla persona umana, ancorché diversamente abile, la fortunata espressione di dignità infinita.[5]
Lo fece nel corso di un viaggio apostolico nella Repubblica Federale Tedesca, svoltosi il 15-19 novembre 1980, evocando appunto persone presenti o lontane in Germania, che portavano addosso “il peso di qualche handicap”: «Dio ci ha mostrato con Gesù Cristo in maniera insuperabile come egli ama ciascun uomo e gli conferisce con ciò una dignità infinita».
L’amore infinito del Dio infinito – continuò il santo papa – viene mostrato in maniera insuperabile in Gesù Cristo e, con lui, in lui e per lui, in ogni persona umana, a cui viene, per il fatto stesso della verità di Cristo, conferita una dignità infinita.
Di qui la particolare parenesi di Giovanni Paolo II che, allora, ne approfittò per ribadire l’alta meta, che Dio ha assegnato a ciascun essere umano, al di là degli svantaggi, come sua creatura diletta. In questo senso, ogni essere umano riceve da Dio una propria vocazione del tutto personale e degnissima, da tutelare a ogni costo.
L’allusione alle barriere e muri divisori di papa Wojtyla viene, oggi, ripresa testualmente dalla Dichiarazione Dignitas infinita, con riferimento a vecchie e nuove barriere culturali e cultuali, che spesso si ergono tra le persone: «Gesù ha abbattuto le barriere culturali e cultuali, ridando dignità alle categorie degli “scartati” o a quelle considerate ai margini della società: gli esattori delle tasse (cf. Mt 9,10-11), le donne (cf. Gv 4,1-42), i bambini (cf. Mc 10,14-15), i lebbrosi (cf. Mt 8,2-3), gli ammalati (cf. Mc 1,29-34), i forestieri (cf. Mt 25,35), le vedove (cf. Lc 7,11-15). Egli guarisce, sfama, difende, libera, salva».[6]
È significativo che, tra le barriere esaminate, non manchi una formulazione, linguisticamente interessante ed enunciata senza disagio, a proposito di sesso e gender, testualmente, secondo la Dichiarazione, «sesso biologico (sex) e ruolo sociale-culturale del sesso (gender)».[7] Nella linea del distinguere ma non separare, già enunciata da papa Francesco nella Amoris laetitia, sulla questione specifica che aveva anche agitato qualche dubium, ora si ribadisce «l’ineliminabile differenza sessuale fra uomo e donna».[8] Insomma, «differenza nella reciprocità, così come consegnatoci dal Creatore stesso. Sono, dunque, da respingere tutti quei tentativi che oscurano il riferimento all’ineliminabile differenza sessuale fra uomo e donna: “non possiamo separare ciò che è maschile e femminile dall’opera creata da Dio, che è anteriore a tutte le nostre decisioni ed esperienze e dove ci sono elementi biologici che è impossibile ignorare”».[9]
Distinguere, non separare
La concezione integrale della persona umana è, del resto, sotto ogni aspetto – non soltanto quello sessuale –, il filo rosso di tutta la Dichiarazione. Perciò, ogni essere umano ha diritto a vivere con dignità e a svilupparsi integralmente, e nessun Paese può, di conseguenza, negare tale diritto fondamentale.[10]
E così, con evidenti allusioni all’etica del flourischement (vedi le teorie di Barbara Fredrickson e James Pawelski, promotore del movimento delle positive humanities e del concetto di human flourishing), si auspica che il tutto possa fiorire nella promozione integrale della persona umana.[11]
D’altra parte, nella peculiare prospettiva della Chiesa, è Cristo risorto a rivelare in pienezza la dignità integrale (ecco un sinonimo di infinita dignità) di ogni uomo e di ogni donna.[12] Sarebbe, perciò, diabolico separare uomo e donna, o dimensioni integrate della persona, o persona da persona, così come «non si può separare la fede dalla difesa della dignità umana, l’evangelizzazione dalla promozione di una vita dignitosa, e la spiritualità dall’impegno per la dignità di tutti gli esseri umani».[13]
Fin dalle prime battute dei ben 66 paragrafi del Documento vaticano, si afferma, in serrato confronto con la tradizione culturale antica, medievale e moderna, questo principio di ordine dottrinale e pratico, relativo alla correlazione tra i diversi ambiti dell’attività e della ricerca umana, quindi anche tra fede e ragione, etica umana ed etica teologica, diritti umani fondamentali e diritti del credente, uomo e donna, morenti e neonati, filosofia e teologia…
Dignità umana, vita dignitosa, dignità di tutti gli esseri umani: ecco i dati di fatto ricorrenti, che tutta la modernità, a volte anche atea o anti-clericale, aveva ampiamente maturato e che ora sono sanciti nella dottrina cattolica. Un dato, questo, che viene ora approfondito sul piano etico, se si può anche indipendentemente dalla dottrina strettamente teologica.
La Dichiarazione vaticana fa comunque avvertire con forza gli echi della Rivelazione cristiana, così come erano stati espressi da parte di pensatori moderni, che pure avevano messo in discussione alcuni dei fondamenti dell’antropologia cristiana tradizionale. Anzi, «sulla base di alcune riflessioni filosofiche più recenti circa lo statuto della soggettività teoretica e pratica, la riflessione cristiana è arrivata poi a sottolineare ancor più lo spessore del concetto di dignità, raggiungendo una prospettiva originale, come ad esempio il personalismo, nel XX secolo».[14]
In merito, è sintomatico che la Dichiarazione vaticana rinvii esplicitamente a J.H. Newman, al beato A. Rosmini, a J. Maritain, E. Mounier, K. Rahner, H.U. von Balthasar, e a non nominati altri.[15] Come insegnava Rosmini, si tratta di chiamare di nuovo in ballo il concetto di carità intellettuale essendo, peraltro, il pensatore di Rovereto, oggi molto studiato e proposto nel mondo cristiano, in particolare tra i cattolici. Si è riscontrata, difatti, in A. Rosmini Serbati († 1855) una possibile illustrazione teorica e una tensione realizzativa notevole, soprattutto per la forma di carità intellettuale da lui prestata nel pensare cristianamente la filosofia, non dubitando, cioè, della potenza del cattolicesimo anche in campo socio-politico (a sua volta sempre correlato alla religione).
Convinzione, questa, già di Rosmini, peraltro verificabile nelle Dichiarazioni laiche: «La “laica” Costituzione Italiana trasuda valori morali molto elevati: onestà, lealtà, solidarietà, rispetto e cura dei deboli, diritto alla vita e alla salute, all’istruzione, alla famiglia, libertà di pensiero, dignità del lavoro, rappresentanza politica, divisione dei poteri ecc.».[16]
Dietrich Bonhoeffer (Breslavia, 4.2.1906-Flössenburg 9.4.1945) metteva già al centro della sua riflessione l’uomo intero nella molteplicità delle sue dimensioni, sulla base di Mt 5,48; per cui tutti i vari eventi devono essere riportati sempre a un comune denominatore, senza frammentazioni, anche nei momenti terribili e drammatici di un bombardamento: «Ad esempio. nell’impegno di diffondere tranquillità intorno a noi, la situazione diventa completamente diversa; la vita non viene ridotta ad una sola dimensione, ma resta pluridimensionale-polifonica. Quale liberazione è poter pensare e conservare nel pensiero la pluridimensionalità!». [17]
Da parte sua, Jacques Maritain, autore del trattato Distinguer pour unir (1932), cercava già – come osservato da Abbagnano – di unire san Tommaso e Aristotele (al quale, ma non solo a lui, san Tommaso si ispirava): «Sono perciò, secondo Maritain, i maestri filosofici che non subiranno tramonti finché l’uomo vorrà porre su solide basi, non solo la sua conoscenza, ma l’intera sua vita spirituale. E da questo punto di vista il tomismo non è un sistema chiuso da prendere o lasciare ma una saggezza essenzialmente aperta e senza frontiere che può affrontare ogni nuovo problema che, nel campo della conoscenza o della vita, si presenti all’uomo. Esso non si oppone alla scienza, ma dal suo canto la scienza, con tutti i suoi progressi e le sue innovazioni, non può contraddirlo perché parte dal riconoscimento preventivo della realtà dei suoi soggetti: riconoscimento che è per l’appunto il realismo tomistico».[18]
Maritain aveva già notato che «le vicissitudini della scienza morale moderno-contemporanea potrebbero suggerire che un’autentica filosofia morale per la nostra epoca rimanga ancora da stendere»[19]. Anzi, lasciando il condizionale, «un’etica (distinta dalla teologia…) resta ancora da scrivere»,[20] versando tutti noi, oggi, in una situazione che, insieme con la «crescita quasi violenta del binomio scienza-tecnica», e con la «decostruzione del discorso ontologico»,[21] esige davvero una convinta ripresa dell’umanesimo cristiano e della veneranda, e tutta cristiana, nozione di persona. Un umanesimo che possa frenare la depressione incurabile, che porta oggi una giovane, come Zoraya, a optare per l’eutanasia, oppure voglia fermare, come si legge nella Dichiarazione, «ogni specie di omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario».[22] Tale umanesimo integrale non può che fare riferimento a Cristo, dal momento che «non è Adamo che spiega Cristo, ma Cristo che spiega Adamo».[23]
Feria quarta
Ci troviamo di fronte a un documento che, per la serietà e la centralità della questione della dignità nel pensiero cristiano, ha avuto bisogno di un lungo processo di maturazione per arrivare alla stesura definitiva che, infine, viene pubblicata in feria secunda, cioè lunedì, 25 marzo 2024. Nel gergo notarile vaticano, come avvenne anche nel corso del processo a Giordano Bruno nel primo Giubileo del Seicento, le riunioni ristrette di cardinali o di esperti avvenivano ordinariamente in feria quarta (partendo dalla domenica, primo giorno della settimana, la feria quarta cadeva il mercoledì).
Ora, è sintomatico che, nel raccontare la storia delle successive redazioni della Dichiarazione, protrattesi nelle riunioni e revisioni nel corso di ben cinque anni, per tre volte si parli di Feria IV: «Il 6 febbraio del 2023, il nuovo testo emendato è stato valutato da una Consulta ristretta che ha proposto alcune ulteriori modifiche. La nuova versione è stata sottomessa alla valutazione della Sessione Ordinaria del Dicastero (Feria IV) il 3 maggio del 2023. I Membri hanno concordato che il documento, con alcune modifiche, poteva essere pubblicato. Il Santo Padre Francesco ha approvato i Deliberata di questa Feria IV nel corso dell’Udienza a me concessa il 13 novembre del 2023. In questa occasione, mi ha inoltre chiesto di evidenziare nel testo tematiche strettamente connesse al tema della dignità… Con lettera datata 2 febbraio 2024, in vista della Feria IV del successivo 28 febbraio, è stata inviata ai Membri del Dicastero una nuova bozza del testo, notevolmente modificata, con la seguente precisazione: «questa ulteriore stesura si è resa necessaria per andare incontro ad una specifica richiesta del Santo Padre. Egli ha esplicitamente sollecitato a fissare meglio l’attenzione sulle attuali gravi violazioni della dignità umana nel nostro tempo».[24]
Benché promulgato dal Prefetto del Dicastero dopo una prima richiesta di integrazione da parte di papa Francesco – «nel corso dell’Udienza a me concessa il 13 novembre del 2023», la Dichiarazione risulta dunque ben ponderata in riunioni e gruppi ristretti del mercoledì e, infine, approvata dal Santo Padre: «Nel corso nell’Udienza concessa a me insieme al Segretario della Sezione Dottrinale, mons. Armando Matteo, in data 25 marzo 2024, il Santo Padre ha quindi approvato la presente Dichiarazione e ne ha ordinato la pubblicazione».
Pertanto, il Documento può essere fondatamente inventariato come un atto autorevole, e più volte approfondito, di magistero, peraltro nel campo specifico della sezione dottrinale del Dicastero.
L’allusione alla feria quarta sembra voler farci ricordare che, come un tempo Inquisizione e sant’Uffizio, «la Sezione Dottrinale si occupa delle materie che hanno attinenza con la promozione e la tutela della dottrina della fede e della morale. Essa, inoltre, favorisce gli studi volti a far crescere l’intelligenza e la trasmissione della fede al servizio dell’evangelizzazione, perché la sua luce sia criterio per comprendere il significato dell’esistenza, soprattutto di fronte alle domande poste dal progresso delle scienze e dallo sviluppo della società».[25]
Oggi, però, tutto ciò lo si fa non per imbavagliare, o convincere di eresia formale, o intimidire, bensì, alla vigilia del primo Giubileo del terzo millennio, per lanciare appelli e, soprattutto, per incoraggiare e promuovere un Ascolta! di sapore biblico: «La Chiesa rinnova oggi il suo forte appello affinché siano sempre tutelate la dignità e la centralità di ogni persona, nel rispetto dei diritti fondamentali, come sottolinea la sua Dottrina Sociale, diritti che chiede siano estesi realmente là dove non sono riconosciuti a milioni di uomini e donne in ogni Continente. In un mondo in cui si parla molto di diritti, quante volte viene di fatto calpestata la dignità umana! In un mondo dove si parla tanto di diritti sembra che l’unico ad averli sia il denaro».[26]
Sembra di risentire assonanze con lo Shemà di Primo Levi: «Voi che vivete sicuri/ Nelle vostre tiepide case,/ Voi che trovate tornando a sera/ Il cibo caldo e visi amici:// Considerate se questo è un uomo,/ Che lavora nel fango/ Che non conosce pace/ Che lotta per mezzo pane/ Che muore per un sì o per un no./ Considerate se questa è una donna,/ Senza capelli e senza nome/ Senza più forza di ricordare/ Vuoti gli occhi e freddo il grembo/ Come una rana d’inverno».[27]
[1] Dicastero per la dottrina della fede, Dichiarazione Dignitas infinita circa la dignità umana (25.3.2024), n. 1. In attesa dell’edizione in AAS, cf:
https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_ddf_doc_20240402_dignitas-infinita_it.html [9.4.2024]. D’ora in poi, Dichiarazione.
[2] Dichiarazione, n. 34.
[3] Ivi, n. 15.
[4] A. Milano, La persona fra storia e teologia. Quale eredità, quale futuro, “Vivarium” 12 (2004), 181-201: 188.
[5] Giovanni Paolo II, Angelus con i disabili nella Chiesa Cattedrale di Osnabrück (16 novembre 1980): Insegnamenti III/2 (1980), 1232.
[6] Dichiarazione, n. 12.
[7] Ivi, n. 59.
[8] Ibidem.
[9] Ibidem. Il rinvio testuale è a Francesco, Esort. ap. Amoris laetitia (19 marzo 2016), n. 56: AAS 108 (2016), 334; 425.
[10] Dichiarazione, n. 33.
[11] Ivi, n. 65
[12] Ivi, n. 66.
[13] Ivi, dalla Presentazione.
[14] Ivi, n. 13.
[15] Ivi, n. 25.
[16] G. Chimirri, Il rapporto filosofia/cristianesimo in Rosmini: prospettive politiche e gnoseologiche, “Il Contributo. Rivista di filosofia e scienze sociali” 3/2 (2023), 73-93: 79.
[17] D. Bonhoeffer, Resistenza e resa: lettere e altri scritti dal carcere, a cura di Christian Gremmels, Eberhard Bethge, Renate Bethge, e altri, Queriniana, Brescia 2022, 381-82. L’opera raccoglie le lettere ed altri testi scritti da Bonhoeffer nel carcere berlinese di Tegel, dove fu detenuto dall’aprile ‘43 all’ottobre ‘44, per poi essere trasferito nel carcere sotterraneo della Gestapo in Prinz-Albrecht-Strasse.
[18] N. Abbagnano, La saggezza della filosofia, Rusconi, Milano 1987, 131.
[19] V. Possenti, Incontrare l’esistenza. Jacques Maritain e la metafisica, edizioni Studium, Roma 2023, 131.
[20] Ibidem.
[21] Ivi, p. 167.
[22] Dichiarazione, n. 34.
[23] V. Possenti, Incontrare l’esistenza, p. 169.
[24] Dicastero per la dottrina della fede, Dichiarazione Dignitas infinita circa la dignità umana (25.3.2024), dalla Presentazione. In attesa dell’edizione in AAS, cf:
[25] Cf. il profilo storico, l’organizzazione e i compiti del Dicastero, come si leggono ufficialmente in:
https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_pro_14071997_it.html [9.4.2024].
[26] Dichiarazione, n. 41.
[27] Primo Levi, Ad ora incerta (è pure l’epigrafe che apre Se questo é un uomo), in Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, 525.