Intorno al sesto comandamento riteneva Carlo Maria Martini è meglio non fare troppe parole: «Talvolta sarebbe stato meglio tacere»[1], in merito ai pronunciamenti magisteriali. Nel suo lungimirante sguardo sulla realtà umana, il cardinale sulle situazioni delicate in materia sessuale e morale si limitava a dire: «La dedizione è la chiave dell’amore»[2].
Il suo modo positivo e concreto di confrontarsi con questi aspetti della vita morale incoraggia la comunità ecclesiale a ripensare la relazione con il contesto sociale odierno nel quale crescono, tra l’altro, le legislazioni a favore delle coppie omosessuali e un riconoscimento sempre più ampio della comunità LGBTQ.
Questi mutamenti coinvolgeranno inevitabilmente sempre più la comunità ecclesiale che sarà chiamata a valutare con maggiore delicatezza e fondatezza i suoi interventi riguardo a queste persone. Il Responsum della Congregazione per la dottrina della fede apparso il 15 marzo scorso nel suo linguaggio e nel suo approccio risente ancora di un background limitato e fuorviante in merito all’accoglienza reale di coloro i quali vivono relazioni sessuali al di fuori del matrimonio (come dice il testo della CDF).
Qualora si ritenesse necessario sciogliere il silenzio che proponeva il card. Martini, si richiede almeno che quel pronunciamento coinvolga i destinatari – nella ricchezza delle esperienze esistenziali e affettive che vivono (magari da anni) – e, in secondo luogo, che interpelli lo spirito e l’intelligenza di chi scrive al fine di lasciarsi mettere in discussione prima di rispondere con un frettoloso e arido: “negativamente!”[3].
Non senza di loro
In tal senso nella Relatio post disceptationem del 13 ottobre 2014 con parole molto chiare i padri affermavano: «Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana: siamo in grado di accogliere queste persone, garantendo loro uno spazio di fraternità nelle nostre comunità? Spesso esse desiderano incontrare una Chiesa che sia casa accogliente per loro. Le nostre comunità sono in grado di esserlo accettando e valutando il loro orientamento sessuale, senza compromettere la dottrina cattolica su famiglia e matrimonio? La questione omosessuale ci interpella in una seria riflessione su come elaborare cammini realistici di crescita affettiva e di maturità umana ed evangelica integrando la dimensione sessuale: si presenta quindi come un’importante sfida educativa»[4].
Nello sviluppo magisteriale su tale argomento si percepisce ormai l’insufficienza di un richiamo, seppur leale e costante, all’accoglienza pastorale di queste persone, se non si indica come avviare processi di accompagnamento, discernimento e integrazione delle loro fragilità[5].
Definire illecita una benedizione destinata ad una coppia di cristiani (omosessuali, conviventi…) vuol dire definire illecito il loro amore, correndo il rischio di limitare la possibilità di grazia che Dio vuole seminare anche nelle loro vite imperfette. Infatti, il ricorso sbrigativo alla rilevazione di quello che manca in queste relazioni favorisce un ingombrante senso di inadeguatezza di fronte all’istituzione ecclesiale che talora può trasformarsi in fughe verso altri spazi maggiormente vitali e caldi.
Dio, una benedizione per tutti
Più che insistere sul carattere peccaminoso delle unioni in questione, sarebbe stato più opportuno invitare ad un amore possibile, casto e fragile insieme, al quale viene garantito, come a tutti i battezzati e le battezzate, di ricorrere continuamente al sacramento della riconciliazione[6], privilegiando così una lettura più personalista e meno naturalista della questione[7].
«Dio benedice l’uomo peccatore» conclude il Responsum. Pertanto lo benedice nella sua realtà umana fatta di concrete debolezze e non di slanci ideali.
Lo benedice nella sua storia di peccati commessi e non immaginati. La norma morale però ispirata alla divina rivelazione non può mai diventare ostacolo a ciò che essa significa: l’amore di Dio, che non si merita ma si accoglie ed è destinato in maniera preferenziale ai poveri e agli emarginati.
Sulla benedizione delle coppie omosessuali
Congregazione per la dottrina della fede: Responsum
Andrea Grillo: Coppie omosessuali: benedizione e potere
[1] Conversazioni notturne a Gerusalemme, p. 94.
[2] Ibidem, p. 95.
[3] In tale direzione si auspica che un pronunciamento teologico e magisteriale tenga maggiormente in considerazione gli sviluppi delle scienze e il valore della coscienza umana ( si consiglia la lettura di Amoris laetitia, 303).
[4] Card. Peter Erdo, Relatio post disceptationem, nn. 50-51, 13 ottobre 2014.
[5] Il riferimento è chiaramente all’ottavo capitolo di Amoris laetitia.
[6] A. Fumagalli, L’amore possibile, Cittadella, Assisi 2020, p. 182.
[7] Ibidem, p. 155.
Se «la Chiesa non dispone del potere di impartire la benedizione a unioni di persone dello stesso sesso» è perché queste unioni già sono di per sé una benedizione; ascoltando spesso queste realtà, è evidente. Ecco perché nessuno – neppure la Chiesa – può “disporre” di questa benedizione, nessuno può negare questa realtà: l’amore – che è Dio stesso – è la benedizione per tutti noi. La Chiesa non dispone neppure il potere di benedire Dio, perché è Dio la benedizione stessa. E così dovrebbe avere persino la castità di non benedire neppure il matrimonio, perché è l’amore tra gli sposi la vera benedizione nuziale: la Chiesa non ha il “potere” di disporre dell’amore di Dio. Preferisco leggere così il secco Responso “negativo”, che pure ha nella nota esplicativa inevitabili elementi di verità (frutto della prassi della pastorale con le persone LGBT e del magistero più recente, cfr. la Nota del 2003 ormai del tutto superata contro il riconoscimento anche solamente civile delle unioni, ora avallata anche da papa Francesco) che resteranno, mentre passeranno le contingenti prese di posizione (del tutto politiche) per giocare in anticipo contro le conclusioni del Sinodo della Chiesa tedesca. Ciò appare celato dal lessico e le incoerenze della peggiore tarda scolastica decadente, incapaci di cogliere la mera distinzione tomasiana tra sacramento e sacramentale, la gratuità delle amicizie e pure la prassi storica bimillenaria della benedizione di relazioni spiritualmente feconde anche se non necessariamente matrimoniali. Grazie a don Roberto e ai molti presbiteri (e persino un arcivescovo) che in vari modi hanno espresso il loro disappunto, e talvolta anche indignazione e disgusto, verso questo le motivazioni di tale Responso, consci che la realtà è superiore all’idea.
«non è lecito impartire una benedizione a relazioni, o a partenariati anche stabili, che implicano una prassi sessuale fuori dal matrimonio» questo scrive la congregazione. Non vedo cosa c’entri benedire amicizie o altri legami affettivi. Poi è evidente che non è l’amore ad essere in discussione quanto la prassi sessuale e l’unione stabile che la consolida. L’amore di cui S. Giovanni parla è donazione gratuita di se all’altro. Questo amore non implica una unione sessuale. Qualora la implichi deve farlo secondo il progetto e l’idea di Dio che è superiore ad ogni realtà.
Peraltro se davvero la realtà fosse superiore all’idea saremmo ancora appollaiati su qualche albero a cibarci di bacche. Saluti
MI associo a Fra Daniele Sciacca. Le ragioni esposte dalla Congregazione mi sembrano chiare e fondate Teologicamente, liturgicamente e pastoralmente. Inoltre, non credo che i componenti e i consultori della Congregazioni siano degli sprovveduti e meno preparati dell’autore dell’articolo, ovvero Roberto Oliva, al quale vorrei chiedere: “Se tra qualche anno si diffondesse la poligamia (l’antropologia ci insegna che in passato è stata praticata), e si presentassero tre soggetti uniti da una relazione affettiva, la Chiesa dovrebbe anche in questo caso benedire la relazione, giacché umanamente concepibile?
Penso poi anche questo: spesso capita di fedeli che non frequentano la parrocchia di residenza, ma per motivi di amicizia personale chiedono ad un parroco della parrocchia vicina o ad un prete amico o parente la benedizione della casa, della macchina, ecc. Niente di male, per carità. Ebbene, in una società ecumenica come l nostra dove in ogni città trovi Comunità valdesi – metodiste, Avventiste ecc, se una coppia di persone dello stesso sesso sento il bisogno di una benedizione, possono tranquillamente rivolgersi a queste Comunità. Non vedo il problema.
Allego un articolo di qualche anno fa di Padre Faggioni di cui ho perso però la fonte:
“Ha destato curiosità e scalpore, alcune settimane fa, la notizia che a Milano è stata benedetta da una pastora valdese una coppia omosessuale. Gli argomenti più frequentemente usati dai sostenitori di questa prassi sono due: il primo è che per i Valdesi il matrimonio non è un sacramento, ma un fatto civile che viene regolato autonomamente dagli Stati; il secondo è che Dio ama qualunque forma di amore per cui la Chiesa non può negare una benedizione ad una coppia veramente innamorata.
In effetti, la Chiesa antica conosceva cerimonie di benedizione dell’amicizia, ma non benedizione dell’amicizia omoerotica. Per la Chiesa cattolica il matrimonio è una realtà naturale, umana e terrestre, ma aperta verso la trascendenza. Il matrimonio naturale, ferito dal peccato originale secondo il noto racconto di Genesi 3, è stato dal Signore Gesù redento ed elevato alla dignità di sacramento. Realtà naturale e realtà sacramentale del matrimonio non si sovrappongono, ma neppure si oppongono: il sacramento fiorisce nel contesto dell’amore umano. L’amore coniugale non è semplicemente un amore fra persone, ma è un amore totale, sensibile e spirituale, esclusivo, fedele e fecondo. Una comunione totale chiede come presupposto la diversità di sesso fra gli sposi perché solo se mi apro a chi non è sessualmente come me posso uscire da me e incontrare il tu. Se nell’amicizia non erotizzata il tu di una persona semplicemente un’altra persona, uomo o donna indifferentemente. Nel matrimonio il tu di un uomo non può essere altro che una donna e la fecondità è segno di questa apertura vitale nella diversità e reciprocità.
Non vogliamo entrare nella storia, nei vissuti, nelle emozioni dei due protagonisti dell’evento in questione, ma possiamo dire che, in linea di principio, l’uguaglianza di sesso impedisce radicalmente che possa darsi in tali casi un amore di qualità coniugale. Non neghiamo che possano esserci sentimenti e impegni anche molto significativi fra due persone dello stesso sesso, ma non si tratta di amore coniugale. Questo argomento è di natura antropologica – come si vede – e non teologica perché è una riflessione sulla struttura del matrimonio naturale.
Gli Stati possono ritenere di legittimare o regolare questa e altre situazioni consimili, come sta accadendo in alcuni paesi, ma resta il fatto che il matrimonio naturale è altro.”
Padre Maurizio Faggioni, docente di Teologia morale nella Facoltà Teologica dell’Italia Centrale
A me invece la risposta della CDF pare ben fondata, equilibrata e rispettosa della situazione: carità nella verità e verità nella carità!
Forse, qui sulla terra, l’equilibrio non sarà mai quello perfetto, ma non per questo siamo autorizzati a dire “bene” al male e “male” al bene!
Anche perché, il sesto comandamento secondo la formulazione originaria è di ben altro indirizzo se ;e se altrimenti fosse non esisterebbero le religioni e noi a discuterne; “Soltanto la ragione umana comprende la differenza tra la moglie propria e la moglie altrui”.
Quindi non è rivolto al mondo LGBT , proprio perché l’adulterio è un atto sessuale come il sesso matrimoniale che avviene mediante l’accoppiamento completo dei due appositamente reciproci organi sessuali, mentre nelle unioni omosessuali ciò non accade mancando quella specifica condizione se una controparte non può partecipare con un organo sessuale, ma fisiologicamente adibito ad altri scopi.
Quindi il Santo Uffizio ha ben ribadito che non èalcunché utile benedire eventi irragionevoli ,seppur non innaturali, quando subito nella lettura, anche io come Andrea Grillo, sono andato per riferimento alla benedizione di Sant’Antonio Abate se, la omosessualità esiste in natura anche tra gli animali ,però, appunto, come ci scrisse Ovidio, giusto negli Amores, gli animali sono “Ratione Carentes”.