La profezia della fede che salda il cielo con la terra si nutre di attese fiduciose sul bene che Dio non cessa di seminare all’interno dell’umanità concedendo al credente di cercare e trovare persino nella realtà più degradata e periferica l’arricchimento spirituale e culturale utile alla conversione ecclesiale.
È questa in fondo una delle caratteristiche del carisma spirituale di don Giuseppe Dossetti (1913-1996), il quale radicava la sua fede e quella della comunità monastica che ha fondato – La Piccola Famiglia dell’Annunziata – sulla Parola di Dio e sull’Evangelo.
Questo sguardo profetico spinse Dossetti a pensare, già negli anni successivi al Concilio, all’apertura di una delle comunità monastiche della sua Famiglia al Sud Italia. Sebbene le sue origini fossero settentrionali, egli riconosceva un’attrazione particolare per il meridione: «Sono tutto formato nel Nord, ma ho sempre pensato al Sud e ancora ci penso. Sono stato da politico molte volte nel meridione, ne ho visto gli errori, i vizi, le deformazioni, so tutto, non ho illusioni, però credo anche all’inesauribile deposito di energie spirituali che il Sud ha»[1].
In una lettera inedita scritta a Gerico da don Dossetti il 6 maggio 1983 dichiarava l’urgenza di confrontarsi con altri contesti al di fuori della Chiesa bolognese: «Avere un punto esterno ad essa ed esterno a tutta la nostra situazione regionale e pur tuttavia ancora compreso nella Chiesa italiana, ci potrà consentire di vagliare meglio tutti gli sviluppi e tutte le novità»[2]. Don Giuseppe avvertiva la necessità di alimentare la sua comunità monastica dell’esperienza spirituale maturata in differenti contesti ecclesiali seppur segnati da evidenti limiti sociali e culturali; egli infatti non guardava alla realtà meridionale come un problema insolubile: «Io mi aspetto moltissimo dalle Chiese del Sud. È assolutamente necessario per l’Italia e per l’Europa che le Chiese del Sud abbiano una loro vitalità»[3].
La prospettiva ottimistica di Dossetti non è ingenuamente distaccata dalla realtà, bensì arriva ad immergersi totalmente nel contesto culturale e sociale esortando i vescovi del Mezzogiorno d’Italia a investire sulla ricchezza della spiritualità locale per una più autentica collegialità volta a generare un clima di collaborazione lontano da ogni campanilismo che sembra limitare ancora oggi il risveglio ecclesiale: «I vescovi del Sud – questo lo dico con convinzione – si mettano insieme, con una volontà costruttiva»[4].
La riscoperta della spiritualità meridionale non lo sottraeva al compito dell’autocritica ecclesiale di fronte a quelle che lui chiamava «colpe scandalose dei cristiani rispetto al ricambio»[5]. Dossetti faceva luce su quel meccanismo che inquina le relazioni di ogni ambito sociale ed ecclesiale in merito alla classe dirigente: «Hanno sempre preso figure comode, squallide, ancor più deviate di loro, e con questo sistema hanno soffocato l’emergere delle nuove generazioni e delle nuove possibilità»[6]. Questo realismo, lungi dal consumare l’olio della speranza, ha sempre permesso a don Giuseppe di resistere alle difficoltà e agli imprevisti dentro e fuori la comunità ecclesiale: «Ho grandi speranze, ma bisogna che la Chiesa si svegli nel Sud».
È un risveglio che nell’attualità richiede sinodalità, profezia e radicamento nella Parola di Dio. Don Giuseppe Dossetti diede il suo contributo concreto quando il 20 novembre 1994 fu consacrato l’altare della cappella delle Monache della Piccola Famiglia a Bonifati (CS), nella diocesi di San Marco Argentano-Scalea: da allora ancora oggi continuano ad amare e abbellire la Chiesa calabrese insieme alla comunità dei fratelli.
Nei desideri di Dossetti queste monache e questi monaci avrebbero proseguito sul sentiero tracciato nei secoli dai numerosi eremiti e monaci (san Nilo, san Bruno, san Francesco da Paola). Nella lettera prossima alla pubblicazione scritta da Gerico don Giuseppe apprezzava e riconosceva la “diversità” della Chiesa calabrese: «In Calabria abbiamo messo un piccolissimo “periscopio” che ci dia qualche luce; qui a Monte Sole siamo prevalentemente una comunità settentrionale. In Calabria, attraverso le nostre sorelle, ho avuto un contatto molto elementare e semplice con anime meravigliose e con ingegni potenti, di potenzialità forse non sfruttate. Quindi ho grandi speranze, ma bisogna che la Chiesa si svegli nel sud, certo anche nel nord per altre ragioni; ma nel sud c’è un terreno meraviglioso»[7].
Questo periscopio è ancora presente e in grado di esplorare gli orizzonti della “comunità degli amici”, additandoli a coloro i quali soffrono o subiscono ancora “lo stato degli schiavi”[8]. Ancora palpitante è la testimonianza di don Giuseppe Dossetti nel quale il prezioso tesoro della sacra Scrittura si è unito mirabilmente alla Costituzione italiana e ai documenti del concilio ecumenico Vaticano II.
Da questi beni umani e spirituali potrebbe ripartire la Chiesa del Mezzogiorno d’Italia per continuare a dare spazio alla messianicità liberante e consolante di Cristo stesso: «Non dobbiamo perdere di vista, quando si fa il discorso sulla povertà, quell’elemento che ci caratterizzata fin dall’inizio, di un contatto più diretto con i più poveri»[9].
[1] G. Dossetti, La Parola di Dio seme di vita e di fede incorruttibile, Dehoniane, Bologna 2002.
[2] G. Dossetti, Lettera del 6 maggio 1983 da Gerico, pro manuscripto ad uso della PFA.
[3] G. Dossetti, La Parola di Dio seme di vita e di fede incorruttibile, Dehoniane, Bologna 2002.
[4] Ibidem.
[5] Ibidem.
[6] Ibidem.
[7] Ibidem.
[8] Secondo la felice attualizzazione della profezia di Gioacchino da Fiore a cura di don Tonino Bello in AA.VV., Chiesa e lotta alla mafia, La Meridiana, Molfetta 1992.
[9] Giuseppe Dossetti, Linee essenziali della storia della comunità, in La Piccola Famiglia dell’Annunziata, Paoline, Milano 2004.