Nel secondo dei tre capitoli in cui abbiamo suddiviso il dossier del teologo Gordo, si registrano le simpatie godute dall’Opus sotto i pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, si rileva l’aumento dei conflitti con le Chiese locali e si presenta la riforma della prelatura voluta da papa Francesco.
Non sorprende che, nel tempo intercorso tra l’approvazione della costituzione apostolica Ut sit (1982), il Sinodo ordinario del 1987 e il pontificato di Francesco (2013), l’Opus Dei abbia avuto – come era prevedibile – una crescita spettacolare: presente in più di sessanta paesi e composto da più di 93.000 membri laici, molti dei quali affermati politici e uomini d’affari, contava duemila sacerdoti, la maggioranza in Europa e in America Latina.
Una lenta deriva
Fu un’epoca ricca di servizi al vescovo di Roma e alla sua curia – ovviamente, nella fedeltà al modello pre-conciliare per quanto riguarda la comprensione e l’esercizio dell’autorità e del potere, promosso dal vertice della Chiesa cattolica – durante i pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. E, allo stesso tempo, di grandi dissapori con molti vescovi locali.
Ma è anche vero che fu un’epoca in cui non sono mancate le denunce per la sua vicinanza e il suo schieramento a favore di politiche e di prassi economiche liberali profondamente antievangeliche, senza che i corrispondenti dicasteri della Santa Sede accogliessero tali accuse.
Da parte di membri della stessa prelatura aumentarono le imputazioni nei confronti di determinate decisioni o iniziative diocesane o riguardo a teologi sospettati – a parere dei denuncianti – di deviazioni dottrinali. E tali denunce – a differenza di quelle segnalate in precedenza – incontrarono una notevole accoglienza presso la Santa Sede. Segno chiaro che i criteri di coloro che denunciavano erano in piena sintonia con le opzioni ecclesiologiche, morali, teologiche e di governo imperanti durante i due pontificati anteriori a quello di Francesco.
Non sorprende tuttavia che, a poco a poco, siano affiorate preoccupanti segnalazioni critiche sui modi di procedere e sulle particolari opzioni della prelatura; soprattutto da parte di persone che, dopo averne fatto parte, avevano deciso di uscirne. E lo fecero comunicando le motivazioni e le ragioni della loro decisione.
Né deve stupire che si cominciassero a conoscere dossier con giudizi molto negativi sulla prelatura in cui si denunciavano comportamenti e decisioni che, compiuti da membri dell’Opus Dei, si scontravano frontalmente con le scelte adottate da diverse Chiese locali in cui operava l’Opus Dei o qualche organizzazione ad esso collegata.
La prelatura personale – si poteva leggere in quei dossier – non solo “andava per conto suo” nelle Chiese locali, ma dichiarava di poterlo fare perché aveva il sostegno del papa e della sua curia.
Il legame con la destra politica ed economica, l’impunità ecclesiastica di cui i suoi membri sembravano godere di fronte alle accuse di molti dei loro ex membri e la loro arroganza, fecero sì che alcuni media e alcune associazioni sociali ed ecclesiastiche dessero per buona la qualifica di “santa mafia” applicata all’Opus Dei. Apparsa sulla stampa, per la prima volta, nel 1970, quella qualifica fortemente negativa intendeva denunciare l’Opus come un’organizzazione segreta con un’enorme capacità di manovrare i fili del potere dentro e fuori il Vaticano. Accusa che la prelatura ha ripetutamente rifiutato, ma con scarso successo.
Sono anni – come si intuisce – di rapporti molto tesi e complicati, non solo tra l’Opus Dei e alcuni gruppi della società civile, ma anche con la grande maggioranza delle Chiese locali, escluse, ovviamente, quelle che erano presiedute da vescovi in sintonia spirituale e teologica con la prelatura personale.
Altrettanto si può dire di alcuni dei cosiddetti “nuovi movimenti”, sebbene ciascuno di essi abbia la propria peculiarità.
Forse per questo non stupisce che, dopo l’elezione di Francesco, siano aumentate le informazioni critiche e le denunce ecclesiastiche contro l’Opus Dei, molte delle quali particolarmente scandalose non solo alla luce del Vangelo ma anche della legge civile.
È possibile che la storia che abbiamo sommariamente raccontata e la molteplicità delle segnalazioni siano all’origine del fatto che il “papa venuto dalla fine del mondo” decidesse di intervenire sulla prelatura personale con la lettera apostolica Ad charisma tuendum (2022) e con il motu proprio dell’8 agosto 2023. E che lo abbia fatto invitando l’Opus Dei a recuperare le sue radici carismatiche e ad abbandonare la sclerotizzazione istituzionale in cui si era trovata immmersa negli ultimi decenni.
Resta da vedere se, vista questa sclerotizzazione, sarà possibile per l’Opus Dei “nascere di nuovo” dopo essere così invecchiata; e ripartire con un nuovo slancio (cf. Gv 3,4).
Per fugare questo dubbio, non c’è niente di meglio che sapere cosa dicono la lettera apostolica promulgata da Francesco nel 2022 e il motu proprio dell’8 agosto 2023, oltre a prendere in considerazione alcune delle reazioni più significative su quella che appare – a un anno di distanza – la vera posta in gioco.
La lettera apostolica “Ad charisma tuendum” (2022)
Papa Francesco, dopo aver ricordato i motivi per cui Giovanni Paolo II aveva eretto la prelatura dell’Opus Dei, sottolinea la sua volontà di confermarla «nell’ambito autenticamente carismatico della Chiesa, riposizionando la sua organizzazione in sintonia con la testimonianza del Fondatore, san Josemaría Escrivá de Balaguer, e con gli insegnamenti dell’ecclesiologia conciliare circa le prelature personali», in accordo con la costituzione apostolica Praedicate Evangelium (19 marzo 2022) con cui egli ha riformato l’organizzazione della Curia Romana.
Questa è la ragione per cui ha ritenuto «opportuno affidare al Dicastero per il clero la competenza per tutto ciò che spetta alla Sede Apostolica circa le prelature personali, delle quali l’unica finora eretta è quella dell’Opus Dei».
Pertanto, a partire da questo documento, spetta al Dicastero per il clero valutare e rapportarsi, secondo la materia, con gli altri Dicasteri della Curia Romana «mediante l’opportuna consultazione o trasferimento delle pratiche».
Papa Francesco afferma di prendere questa decisione in considerazione del «preminente compito» che svolgono i chierici nella prelatura, i quali contano «sulla collaborazione organica dei laici che si dedicano alle opere apostoliche».
Da parte sua, il prelato presenterà ogni anno al Dicastero per il clero «una relazione sullo stato della prelatura e sullo sviluppo del suo lavoro apostolico».
Se non erro, in questa revisione, la centralità e l’importanza passano dal ruolo che il prelato aveva nella costituzione Ut sit ai sacerdoti e ai loro «cooperatori organici», particolarmente impegnati nell’«attività evangelizzatrice» nel mondo e, quindi, direttamente coinvolti nella tutela del carisma fondazionale della prelatura.
È questo che spiega perché la prelatura cessa di “dipendere” dalla Sacra Congregazione per i vescovi e di avere un’importanza analoga a quella delle altre Chiese locali nel mondo, le quali devono presentare una relazione quinquennale e il cui vescovo deve compiere la visita ad limina.
Si tratta – sempre se non mi sbaglio – di un vero e proprio “declassamento”, pur conservando formalmente il titolo di prelatura; un modo di procedere molto personale (qualcuno direbbe particolarmente sagace) di Francesco.
Ma questo, pur essendo molto, non è tutto. Papa Francesco “ordina” che «gli Statuti caratteristici della prelatura dell’Opus Dei» siano «opportunamente adattati, su proposta della stessa prelatura», tenendo presente il riassetto carismatico da lui proposto. E che, una volta adattati, siano presentati e approvati «dagli organi competenti della Sede Apostolica». Mi sembra che questa decisione e l’argomento della rigenerazione carismatica che la fondano suonino più come una rivoluzione – o, se si preferisce – come una radicale trasformazione che come una semplice riforma.
Ciò appare ancora più evidente quando si legge, poco più avanti, che «è necessaria una forma di governo basata più sul carisma che sull’autorità gerarchica» e che, pertanto, «il prelato non sarà insignito dell’ordine episcopale», concedendogli, a partire dalla presente lettera apostolica, «l’uso del titolo di protonotario apostolico soprannumerario», quello di monsignore, e di poter «usare le insegne corrispondenti» a questo titolo. In definitiva, acqua gasata.
Congresso straordinario dell’Opus Dei (12-16 aprile 2023)
Dal 12 al 16 aprile 2023, circa 300 membri dell’Opus Dei si sono incontrati a Roma per regolare e adeguare gli Statuti alla lettera apostolica di papa Francesco Ad charisma tuendum, in particolare nei punti relativi all’importanza del carisma originario dell’organizzazione e per regolare la vita di detta istituzione e, una volta riveduti e adattati, presentarli «per l’approvazione dei competenti organi della Sede Apostolica».
Pochi giorni prima di questo congresso straordinario, si poté leggere sul sito dell’Opus Dei che, «poiché il papa è il legislatore nel caso degli Statuti delle prelature personali, non è prevista alcuna comunicazione pubblica della proposta finale di modifica degli Statuti da parte dell’Opus Dei, ma che questa sarà presentata direttamente al Dicastero per il clero» dopo la fine del congresso.
Più avanti, la Santa Sede comunicherà le modifiche definitive agli Statuti approvati dal papa, che è il legislatore in materia.
Finora nulla è venuto alla luce di quanto è stato dibattuto e approvato; soltanto speculazioni. Ma non mancano coloro che sostengono che l’Opus Dei non ha alcuna fretta di rivedere gli Statuti, aspettando che il pontificato di papa Francesco finisca presto e che tale “adattamento” possa essere vanificato, rimanga cioè acqua di borragine. E non mancano coloro i quali sostengono che la lettera apostolica dell’8 agosto di quest’anno sia una conseguenza dell’occhiata che la Curia vaticana ha già dato alla documentazione presentata dalla prelatura.
La lettera apostolica dell’8 agosto 2023
Nella lettera apostolica dell’8 agosto 2023, papa Francesco – penso dopo aver visto l’accoglienza della lettera apostolica dello scorso anno – apporta tre importanti modifiche ai canoni 295 e 296 del Codice di diritto canonico in materia di prelature personali.
Sono modifiche che aiutano a chiarire il significato e la portata di Ad charisma tuendum dell’anno precedente. Se, prima d’ora, la prelatura personale era retta da Statuti emanati dalla Sede Apostolica e un prelato veniva nominato come suo Ordinario con «diritto di erigere un seminario nazionale o internazionale, nonché incardinare studenti e promuoverli agli ordini a titolo di servizio della prelatura», a partire dalla presente modifica la prelatura personale è «assimilata alle associazioni clericali pubbliche di diritto pontificio con la facoltà di incardinare chierici» e potendo i suoi statuti essere «approvati o emanati dalla Sede Apostolica».
Nella seconda delle modifiche, riferita alle responsabilità del prelato circa la formazione e il sostentamento dei chierici incardinati nella prelatura, si precisa che «agisce da moderatore, dotato delle facoltà di un Ordinario»; rimanendo responsabile «sia della formazione spirituale di coloro che ha promosso con il titolo menzionato, come del loro dignitoso sostentamento».
Nella terza delle determinazioni, relative alla partecipazione dei laici alle attività apostoliche della prelatura, si dice che «possono dedicarsi alle opere apostoliche di una prelatura personale mediante convenzioni stipulate con la stessa prelatura», ma mettendo bene in chiaro che «il modo di questa cooperazione organica e i principali doveri e diritti ad essa connessi devono essere determinati con precisione negli Statuti».
Appena tre ore dopo che la Santa Sede aveva pubblicato questa lettera apostolica, l’Opus Dei ha rilasciato un breve comunicato in cui indicava che avrebbe studiato «quali conseguenze queste modifiche possono avere» e che lo faranno «in un clima di comunione con il Santo Padre».
Secondo me l’Opus Dei rimane la più grande promessa incompiuta della chiesa di oggi. Doveva essere un gruppo apostolico che, grazie alla costante preghiera e pratiche ascetiche, si dedicasse all’apostolato fra i laici meglio di qualunque altro gruppo, e invece si è trasformata (per colpa di Giovanni Paolo II) in una sorta di anti chiesa, in lotta con gli oratori, gelosa degli altri movimenti, chiusa nei confronti delle nuove associazioni ecclesiali. È la sua fine? Certo che no. Ma sicuramente va declassata, come voluto da Papa Francesco, perchè recuperi il carisma. Di una cosa sono sicuro tuttavia: non fu colpa di Escrivà (che è santo) ma del papa polacco. Capacissimo di annunciare il vangelo ai popoli, ma con una capacità di direzione della chiesa al suo interno pari a quella di una vongola. Non dovevano avere così tanto potere…
“Altrettanto si può dire di alcuni dei cosiddetti “nuovi movimenti”, sebbene ciascuno di essi abbia la propria peculiarità.”
Frase dell’articolo da non tralasciare anzi… !!!
Pensavo che l’ articolo del monsignore fosse piu’ tecnico, o almeno piu’ giornalistico, invece e’ pieno di pettegolezzi e riporta i provvedimenti di Francesco che sono di pubblica opinione e perfettamente in linea con la IUVENESCIT ECCLESIA del 2015.Quindi mi pare che se vogliamo parlare dei fatti separati dalle opinioni , possiamo solo inquadrare le decisioni papali nell’ ambito della riforma dei Dicasteri e dell’ associazionismo. Niente a che vedere con questo panphlet che si ispira, con ben minore maestria, a IL NOME DELLA ROSA, finendo con l’ imitare i film tratti dai libri di Dan Brown.
Nessuno che ricordi che il fondatore dell’Opus Dei, mons. Josemaria Escrivá, è stato.proclamato Sznto e come tale ha chiese a lui dedicate. E che il 26 giugno, giorno della sua festa, i vescovi di tutte le Diocesi del mondo celebrano messd pubbliche in sua memoria.
Mah, Giuseppe, quello che mi disse ufficialmente un monsignore psicologo della mia diocesi (uno che valutava i candidati al seminario) era che San José Maria Escrivà era, innanzitutto, uno psicopatico, soggetto a scatti di ira, e che poi fanno santi anche i matti.
Comunque, qui si discuteva non della santità dei singoli, ma dell’Opus Dei.
C’ è una cosa da dire, però. Io ho dato tanti soldi all’Opus Dei, sia quando lavoravo in Austria, sia una volta tornato in Italia. In Italia versavo, ogni mese, circa 120€ al seminario dell’Opera, oltre che il 5 per mille IRPEF. Quando a mia madre venne diagnosticato il cancro ormai al IV stadio dissi che facevo i versamenti mensili per la salute di mia mamma. Mia mamma durò oltre 4 anni e la sera del 2 ottobre 2013 (festa dell’ Opus Dei) il medico di base di mia mamma mi disse: sua madre è una miracolata. Era inoperabile, ma lo scorso gennaio siamo riusciti invece ad operarla.
Inoltre, l’ Opus Dei mi ha aiutato nella mia attività di apicoltore hobbista, come Obra Personal. Un po’ di miele l’ho dato anche ai sacerdoti dell’Opus Dei, ma molto l’ho donato- tramite la Caritas- ai poveri…per cui…
Sui politici…loro puntano molto sui giovani…non necessariamente ricchi. Devono essere giovani, però, che sanno aggregare, che sanno essere leader (i cosiddetti maschi alfa o femmine alfa). Gente molto decisa, competitiva, con soft skills ben coltivati. Il problema è che, ad un certo punto, questi giovani si perdono.
Io posso testimoniare questo: che un sacerdote indiano, ex fisico nucleare NASA, che lavora all’ ufficio comunicazione del Vaticano e veniva talvolta qui in Friuli ha detto A ME, anni fa’:. Altro non ho da aggiungere.
Ha detto a me: noi dell’Opus Dei abbiamo fatto eleggere Papa perché pensavamo di guidarlo passo passo….ma poi ci è sfuggito di mano.
Si è persa questa frase qui sopra.
L’ Opus Dei ha abbracciato le peggiori follie liberiste e globaliste. Ora che il capitalismo iper-liberista ci ha condotto alla catastrofe climatica, ambientale e sociale cercano di lavarsi la coscienza con qualche post ecologista su Facebook.
Sono stati in tutte le giunte locali ed in tutti i Governi possibili ed ora cercano di riacquistare un minimo di credibilità con il film Sounds of Freedom.
Sono finiti. La loro forza erano i mega-raduni e la manipolazione televisiva e giornalistica delle coscienze: tutta roba superata con l’ avvento dei Social.
Hanno dissolto il Cristianesimo Democratico ed hanno preparato la strada a Berlusconi, con la sua fusione (fallita) tra liberismo e cristianesimo.
Livet e Mousnier, nell’ ultimo volume di Storia dell’Europa, scrive che è stato l’ Opus Dei, in Francia, a creare la rivoluzione agricola, non più ambientalmente sostenibile.
Ho frequentato per breve periodo un gruppo preparatorio per poi entrare nell’Opus Dei. Ho un brutto ricordo. Persone rigide, ipocrite che guardano molto al tuo status sociale.
Stessa esperienza io.
Dottrina cattolica piegata a seconda delle convenienze: uomini conviventi accolti con il tappeto rosso, mentre a me guardavano anche le pagliuzze. Luogo di freddezza, acidità, alterigia, superbia intellettuale, iperc-competitività…nessuna misericordia. Arrivismo puro. Tanta ipocrisia e falsità, comodismo, mondanità ed attaccamento ai beni terreni. Poi non sono di Destra…da noi organizzavano incontri con politici del PD. I giovani non li seguono…su Facebook hanno pochissimi
: presente in più di sessanta paesi e composto da più di 93.000 membri laici, molti dei quali affermati politici e uomini d’affari, …. Si vede che avete “capito” tutto dell’Opus Dei
In poche parole : essendo per gli occhi di Bergoglio l Opus Dei di destra va distrutta. Essendo in accordo con il Magistero di sempre e non con il modernismo va azzerata. Quindi a mio uso e consumo prendo il CIC o il CCC o qualsiasi documento perfino i vangeli e il Padre nostro e lo piego ai miei voleri!
Ma abbiate l onestà morale di essere sinceri per favore.!
Per piacere, può definire “Magistero di sempre” e “modernismo”?
Leggo e poi vi so dire. Io sono stato per 20 anni cooperatore dell’Opus Dei… non conservo un buon ricordo. La mia esperienza in CL è stata, tuttavia, peggiore.