I crescenti disagi che stiamo affrontando per il perdurare della siccità, così come gli eventi estremi come trombe d’aria o bombe d’acqua che colpiscono il territorio sono tra gli effetti del cambiamento climatico. Serve un deciso e determinato cambiamento di rotta, per cercare di non arrivare al punto di non ritorno.
I governi si sono mossi assumendo impegni (che però non sempre vengono rispettati), ma anche le singole comunità e le singole famiglie possono fare molto. Parrocchie comprese. Come è stato ricordato in occasione delle Settimane Sociali dei cattolici italiani. Tra gli impegni proposti vi è la promozione di fonti di energia rinnovabile.
L’invito è che «tutte le comunità dei fedeli in tutte le parrocchie italiane avviino un progetto e diventino comunità energetiche», trasformandosi cioè in produttori di energia per far fronte ai propri consumi ma anche da immettere sul mercato.
Per raggiungere l’obiettivo di emissioni nette zero nel 2050, l’Italia ha bisogno di una produzione di 7 gigawatt da fonti rinnovabili. Alle Settimane Sociali è stato calcolato che «se in ciascuna delle 25.610 parrocchie del Paese si costituisse almeno una comunità energetica (o più di una) che produce fino a 200 chilowatt avremmo dato il nostro contributo di 5,2 gigawatt di nuova produzione da fonti rinnovabili». Largo alla creatività per i progetti.
- Agenzia SIR, 11 luglio 2022.
Un tempo si diceva che si stava passando da “E il Verbo si fece carne” al ben più triste “E il Verbo si fece carta”. Ora siamo arrivati addirittura al “E il Verbo si fece carta riciclabile”.
Però il Verbo incarnandosi ci ha comandato di agire nel mondo,di leggere i segni dei tempi e di essere lievito
La proposta è interessante, ma c’è una questione che viene ignorata: per trasformare tutte le parrocchie in comunità energetiche servono soldi per i pannelli solari, migliorare l’efficienza energetica, creare isolamento termico etc. Chi li mette questi soldi? Conosco parrocchie che si sono indebitate per interventi meno vasti di quelli sopradescritti, e questo prima della crisi Covid, che ha fatto crollare le offerte. Se andiamo a pescare dall’8 per mille dobbiamo tagliare da qualche altre parte, come la carità o il sostegno all’editoria cattolica, e questo non sarebbe fare sostenibilità. Più che proposte idealistiche servono piani concreti, tarati sulle realtà concrete (che sono molto diverse) e con scalette realizzabili, anche se in tempi medio-lunghi. Inoltre servono che le realtà ecclesiali facciano rete per contrattare con gli operatori del settore e imparare l’una dalle altre. Abbiamo però la forza di fare tutto ciò? E al fedele medio che sostiene economicamente la Chiesa tutto questo interessa?