Per ora è solo una minaccia, ma il ministero dell’interno, Lauri Läänemets, ha già definito le tappe di approvazione di una legge che definisce illegale la Chiesa dipendente dal patriarcato di Mosca. Viste le risposte reticenti e ritardanti della Chiesa filo-russa guidata dal vescovo Daniele – ausiliare e sostituto del vescovo Eugenio espulso dal paese come collaborazionista delle mire espansive di Putin e del patriarca Cirillo – ha sottoposto al parlamento un progetto di legge che prevede di approvare entro febbraio 2025 e mettere in esecuzione dall’aprile successivo. Si ripercorre in Estonia la stessa tormentata via dell’Ucraina.
Fingere di non sentire
Tre sono le principali richieste del governo ai filo-russi: nuovi statuti e una piena indipendenza da Mosca, nuovo nome per indicare l’appartenenza della Chiesa all’Estonia, rinuncia ai privilegi «patriarcali» per il monastero femminile di Pükhtitsa. Quelle fornite finora sono considerate insufficienti e temporeggianti (cf. SettimanaNews).
Duramente negativa la risposta che il vescovo ausiliare Daniele (filo-russo) ha dato alla proposta del vescovo della Chiesa ortodossa di obbedienza costantinopolitana, Stefano. Quest’ultimo aveva lanciato l’idea di accogliere le comunità filo-russe in un vicariato pienamente autonomo in vista di una possibile unificazione, formalmente auspicata da tutti.
Il rifiuto è indirettamente rivolto al governo che sosteneva e sostiene l’iniziativa del vescovo Stefano. Indicative delle tensioni crescenti – anche legate agli esiti del conflitto militare in Ucraina e alle esplicite minacce di aggressione russa ai paesi baltici – sono le risposte del vescovo Daniele come anche le affermazioni del ministro dell’interno in parlamento.
Ci obbligate allo scisma
«Nell’organizzazione della vita interna (la Chiesa filo-russa) è indipendente sul piano ecclesiale-amministrativo, economico, educativo così come nelle relazioni con le autorità civili, in conformità al tomo del patriarca Alessio (Mosca) del 26 aprile 1993. Esso ha restaurato l’autonomia accordata alla Chiesa ortodossa estone dall’amministrazione centrale della Chiesa del patriarcato di Mosca nel 1920 (patriarca Tikhon).
I nostri legami canonici con il patriarcato di Mosca non hanno mai limitato la nostra libertà di agire in Estonia nell’interesse del nostro gregge. La nuova versione degli statuti, approvata dall’assemblea ecclesiale il 20 agosto 2024 rinforzano la nostra indipendenza. Il legame con la Chiesa patriarcale di Mosca è un vincolo canonico, simile a quello della Chiesa (filo-costantiniana) con il patriarcato di Costantinopoli […].
Il modello (di normalizzazione delle relazioni) che voi proponete è inaccettabile per molti motivi […]. La rottura dei legami canonici con il patriarcato di Mosca e la riconduzione (della Chiesa filo-russa) a un vicariato in vista di una fusione non rappresenta un’autentica riunificazione dei cristiani ortodossi del nostro paese».
Il vescovo Daniele si rifà agli accordi sottoscritti a Zurigo nel 1996 che posero fine alla rottura Mosca-Costantinopoli riconoscendo una doppia presenza ortodossa nel paese e approvando le decisioni delle parrocchie in ordine alla giurisdizione (Mosca o Costantinopoli).
Proporre oggi il trasferimento ad altra giurisdizione «contraddirebbe l’organizzazione della vita ecclesiale e violerebbe il principio costituzionale della libertà religiosa. Rompere arbitrariamente il legame canonico con la Chiesa patriarcale (Mosca) costituisce uno scisma. Dividere la Chiesa è un peccato e un crimine canonico».
La risposta lamenta con irritazione le accuse di servilismo al potere sovietico del passato della Chiesa filo-russa, in particolare per quanto riguarda l’allora metropolita Cornelio.
Disobbedire a un agente del KGB (Cirillo)
Non meno chiari e urticanti alcuni passaggi dell’intervento del ministro degli interni Lauri Läänemets al Parlamento. Secondo il ministro con la normativa prevista «fissiamo semplicemente delle regole chiare per tutte le associazioni religiose operanti in Estonia. Tali regole si applicano a tutti su un piano di eguaglianza e nel quadro di tali norme la Chiesa (filo-russa) potrà prendere le sue decisioni future».
«Nel corso degli anni il Patriarcato di Mosca ha trattato le nazioni vicine alla Russia da sudditi del suo impero, considerandole minori e indegne. Constatiamo come il Patriarcato ha utilizzato la fede e la Chiesa come strumenti per il lavaggio del cervello al servizio del regime politico della Russia. Offre giustificazioni per i crimini di guerra e per la tendenza neo-imperiale che considera i paesi vicini – liberi, indipendenti e democratici- come parte della sfera di influenza della Russia. Ciò non può essere tollerato […]
Non ci facciamo illusioni sull’obiettivo della Russia di ripristinare il suo potere imperiale sulle nazioni vicine, minando così i loro sistemi politici. È una lotta continua per la sopravvivenza che molti paesi devono affrontare. Mentre alcuni come l’Estonia sono riusciti a compiere in tempo un passo decisivo verso l’Occidente, per molti altri, come la Moldavia, la Georgia e soprattutto l’Ucraina, la dura lotta continua […]
L’attuale patriarca di Mosca è diventato chiaramente un’arma nell’arsenale bellico e di influenze della Russia. Non solo cerca di intimidire i propri cittadini, ma mira a corrompere i cuori e le menti delle persone di altri paesi con l’abuso della fede […]. Lo stato estone non può accettare una situazione in cui, a causa dell’affiliazione della Chiesa ortodossa estone al Patriarcato di Mosca, decine di parrocchie e decine di migliaia di credenti ortodossi sono costretti a riconoscere un ex-agente del KGB come la loro massima autorità spirituale».