Il testo diffuso dalla Sala Stampa della Santa Sede martedì 30 giugno è stringato e ha portato a titolare: appalti irregolari e, dunque, commissariamento. Oggetto: la Fabbrica di San Pietro, l’Ente esistente fin dal Cinquecento per la manutenzione, la gestione, le opere e le persone che gravitano attorno alla Basilica vaticana.
Vale la pena leggere il comunicato in maniera integrale.
«A seguito della recente promulgazione del motu proprio “Sulla trasparenza, il controllo e la concorrenza nelle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano”, il santo padre, in data 29 giugno corrente, ha nominato commissario straordinario per la Fabbrica di San Pietro il nunzio apostolico sua ecc.za mons. Mario Giordana, affidandogli l’incarico di aggiornare gli Statuti, fare chiarezza sull’amministrazione e riorganizzare gli uffici amministrativo e tecnico della Fabbrica.
In questo delicato compito il commissario sarà coadiuvato da una commissione. Tale scelta segue anche una segnalazione proveniente dagli uffici del Revisore Generale, che ha portato, questa mattina, all’acquisizione di documenti e apparati elettronici presso gli uffici tecnico e amministrativo della Fabbrica di San Pietro. Quest’ultima operazione è stata autorizzata con decreto del promotore di giustizia del Tribunale, Gian Piero Milano, e dell’aggiunto, Alessandro Diddi, previa informativa alla Segreteria di Stato».
Trasparenza amministrativa
Si tratta della prima applicazione della nuova normativa che impone procedure di trasparenza amministrativa per i contratti pubblici. Da notare che il Vaticano è un «ente pubblico», statale, anche se lo Stato è molto piccolo e con caratteristiche peculiari. Il che vuol dire che finora la gestione potrebbe aver ceduto alla tentazione di attingere ad un passaparola o ad una tradizione consolidata senza un vero e proprio “codice” a tutela. Evidentemente uno degli effetti della crisi economica di questa fase di pandemia – limitazioni dei turisti, soprattutto – impone un diverso e stringente regime di razionalità e controlli in tutti gli ambiti.
Quanto alla seconda parte del comunicato, relativamente al compito del commissario, non si dice chi fa parte del gruppo di lavoro incaricato di coadiuvarlo e comunque fino alla conclusione dell’indagine si può partire dal presupposto che si potrebbe anche trovare tutto in ordine.
Nella Lettera di papa Francesco, in accompagnamento alla corposa normativa resa nota a inizio giugno, vengono chiariti i criteri in base ai quali gli enti della Santa Sede sono tenuti a operare.
In quel testo si ribadiva che «la diligenza del buon padre di famiglia è principio generale e di massimo rispetto, sulla base del quale tutti gli amministratori sono tenuti ad attendere alle loro funzioni». Tanto più in un’epoca in cui «l’economia mondiale e un’accresciuta interdipendenza hanno fatto emergere la possibilità di realizzare notevoli economie di spesa come effetto dell’operatività di molteplici offerenti di beni e di servizi.
Tali possibilità devono essere utilizzate soprattutto nella gestione dei beni pubblici, ove è ancor più sentita e urgente l’esigenza di un’amministrazione fedele e onesta, posto che in tale ambito l’amministratore è chiamato a farsi responsabile degli interessi di una comunità, che vanno ben oltre quelli individuali o facenti capo a interessi particolari».
Servono «buone pratiche» soprattutto tenendo presenti «i principi fondamentali e le finalità proprie dell’ordinamento canonico e la peculiarità di quello dello Stato della Città del Vaticano».
Alla Chiesa spetta a maggior ragione il compito di vigilare evitando sprechi e custodire un patrimonio artistico e religioso patrimonio di tutta l’umanità. Resta da vedere se e in che tempi e termini verrà portata avanti l’opera di aggiornamento degli Statuti della Fabbrica di San Pietro e delle procedure e normative interne. E come si leghino alla più generale riforma della Curia che dovrebbe riguardare la stessa Fabbrica, esistente in varie forme dal Cinquecento e inserita da Giovanni Paolo II nel 1988 nell’attuale assetto delle strutture centrali.
Da un lato, dunque, le procedure di controllo e trasparenza si dimostrano quanto meno attuate e attuabili; dall’altro, è da verificare in che modo potranno intervenire sulle concrete mentalità e modalità di lavoro, consolidate nel tempo e trasformabili in un periodo non breve bensì medio-lungo.