Frammenti sulla Chiesa /5. Custodire le radici

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parrocchia

Chi svolge un servizio all’interno delle comunità cristiane si trova spesso a riflettere sulla partecipazione sempre più limitata alle attività proposte rispetto a quanto avveniva nei decenni passati. In effetti, nei paesi occidentali molte persone, soprattutto giovani, non hanno fede in Gesù, e anche coloro che sono aperti a tale opzione partecipano non di rado in modo selettivo alle iniziative ecclesiali.

In questo contesto, può succedere che chi è sinceramente credente e si pone a servizio della sua comunità abbia come l’impressione di essersi messo dalla parte dei perdenti, cioè di aver scelto di far parte di un gruppo di persone che porta avanti idee e attività che suscitano sempre minor interesse. A quel punto, viene da chiedersi in che modo il Signore si stia facendo carico di queste difficoltà.

Il Regno è più grande della Chiesa

In realtà, Dio non cessa mai di costruire efficacemente il suo regno, ma la sua azione va ben al di là di quello che noi possiamo vedere o immaginare. Egli si serve anzitutto delle comunità cristiane, che sono il segno e lo strumento primario della sua signoria vivificante sull’umanità, ma pure di innumerevoli persone che, pur non avendo fede in Gesù, sono misteriosamente aperte all’azione del suo Spirito e contribuiscono realmente all’umanizzazione del mondo e al suo progredire verso il compimento escatologico.

A questo riguardo, così scrive il padre J.M.-R. Tillard: «La povertà della Chiesa su questa terra rispetto al Regno è tuttavia ancora più profonda. Perché il Regno, in questo mondo, non germina solo nelle comunità di battezzati. Esso si apre una strada là ove uomini e donne prendendo sul serio la propria vocazione si sforzano di cercare la verità, di aprirsi all’amore universale, di promuovere la giustizia, di garantire la pace, di trattare secondo la loro dignità umana il povero, il disprezzato, l’emarginato, l’emigrato. Ovunque indietreggiano le potenze del male che chiudono l’umanità entro un cerchio di miseria e di oppressione, là il Regno spunta già perché là Dio già regna, come Salvatore della propria creazione. I contatti con le grandi religioni non cristiane e la scoperta di una moltitudine di uomini e di donne dal cuore retto hanno fatto ancor più scoprire non solo l’ampiezza ma la profondità di questo già del Regno» (J. M.-R. Tillard, Chiesa di Chiese. L’ecclesiologia di comunione, Queriniana, Brescia 1989,78).

In effetti, quando si coltivano rapporti con persone non cristiane o non religiose, ci si accorge, da un lato, della bellezza insuperabile della propria fede in Cristo, ma, dall’altro, di come molte di loro nutrano un sincero interesse per il miglioramento della qualità dell’esistenza umana, e non di rado abbiano pure ottime risorse da mettere in campo. Spesso, poi, è possibile identificare una base valoriale condivisa sulla quale cristiani e non cristiani possono convergere con l’intento di rendere il mondo un posto migliore.

Se è indubbio che i cristiani possano e debbano collaborare con coloro che non condividono la loro fede in Cristo al fine di promuovere il bene comune, oggi non è scontato che avvenga il contrario. In effetti, persone non cristiane o non religiose potrebbero non voler cooperare con i cristiani, soprattutto con coloro che appartengono a Chiese con un profilo istituzionale molto marcato, come quella cattolica. Queste Chiese, infatti, oggi hanno un impatto politico molto minore che in passato, ed essendo vincolate a una tradizione di fede in qualche modo normativa che ha ricadute anche sull’etica pubblica, rischiano di diventare partner piuttosto ingombranti per chi non si ritrova integralmente nella loro visione. E così individui e organizzazioni politiche possono ritenere più agevole portare avanti il cambiamento della società che auspicano evitando di collaborare con istituzioni religiose, e magari marginalizzando i loro stessi aderenti, mossi dal timore che i vincoli determinati dalla loro fede possano diventare col tempo una sorta di intralcio.

A partire dalla cultura

In realtà, dal mio punto di vista, l’umanizzazione della società – la sua riforma, si potrebbe dire in termini teologici – non può passare attraverso un approccio “rivoluzionario”, che mira ad imporre valori e stili di vita completamente svincolati dalle sue radici culturali.

Gli umani non accettano cambiamenti repentini sul loro modo di vedere la realtà, per cui non si può presumere di reinventare da capo il loro modo di vivere accusandolo di essere retrogrado. Approcci “rivoluzionari” di questo genere non vengono mai realmente recepiti, e finiscono per avere esiti sicuramente distruttivi. Potranno essere imposti temporaneamente con l’uso delle armi o attraverso forme manipolative di comunicazione, ma alla lunga non reggono.

L’unico modo possibile per migliorare la vita di una popolazione è quello di partire dalla sua cultura, e quindi dalle radici anche religiose che l’hanno generata. Su questo fondamento sarà possibile attivare un lento processo di reinterpretazione dei valori e degli stili già assimilati dandone una lettura anche critica. Si tratta di far evolvere una cultura, non di azzerarne i fondamenti in nome di una presunta razionalità o dell’ideologia del momento. Insomma, l’azione politica, come la riforma della Chiesa, richiede necessariamente la rilettura delle fonti – cioè delle radici culturali – e molto tempo.

Ora, fermo restando che la fede deve restare una scelta libera dei singoli individui che è frutto dell’evangelizzazione e non di indebite pressioni culturali, le persone non cristiane o non religiose e le stesse istituzioni laiche dello Stato dovrebbero guardare con interesse alle istituzioni religiose che hanno segnato la cultura dei popoli, come la Chiesa cattolica nel nostro paese.

Queste ultime non sono un impedimento all’evoluzione culturale, ma custodi preziosi di simboli, valori, pratiche e linguaggi che hanno dato vita alla cultura esistente e da cui occorre necessariamente ripartire per migliorare in modo effettivo ed efficace l’esistenza degli umani.

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Un commento

  1. Tracanna Anna Rita 28 gennaio 2025

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