Intanto godiamoci l’effetto speciale: quello di un papa, Francesco, che prende su e partecipa a una mezza giornata di un convegno teologico. In ogni caso, la cosa fa bene alla teologia italiana nel suo complesso; non fosse altro perché esplicitamente riconosciuta come valida interlocutrice di questo pontificato.
Se davvero le cose stanno così, allora la teologia italiana deve rapidamente uscire dalla sua provincialità e pensarsi all’interno di orizzonti più ampi e meno frammentati di quelli praticati attualmente.
La scelta di partecipare a questo convegno, che contestualizza un documento pontificio nel quadro del Mediterraneo, indica almeno alcune di quelle che sono le aspettative di Francesco rispetto alla teologia italiana – che ha quasi sempre e prevalentemente guardato a «nord» (Germania e Francia su tutte) per apprendere e decidere chi essere a sud delle Alpi.
Abbassare questo sguardo all’ampio bacino mediterraneo vuol dire declinare insieme una sensibile intelligenza della caritas cristiana, da cui si genera una radicalità evangelica inedita della lettura e giudizio di quanto accade nella storia attuale degli uomini e delle donne, e un immaginario geopolitico attento alle ragioni profonde dei grandi mutamenti sociali in atto all’interno di un contesto (quello del Mediterraneo, appunto) che non solo ci è esploso tra le mani, ma che è stato anche sostanzialmente abbandonato a se stesso.
Impresa non facile, ma che potrebbe fare tremendamente bene alla teologia italiana – fino a trovare un suo paradigma che possa permetterle di rivendicare una leadership all’interno del contesto europeo. Questo non perché si sia i più bravi, ma perché ci sono passaggi della storia umana in cui determinate cose si possono fare solo stando in un determinato posto.
Si tratta, da ultimo, di pensare insieme la radicalizzazione evangelica della manifestazione di Dio agli uomini e alle donne, i processi di trasformazione della società umana, e la geopolitica di un bacino che è crocevia emblematico di culture, storie, religioni, forme di vita, diverse tra loro.
I secondi due lemmi del nuovo quadro teologico non sono né un corollario né una applicazione in ambito alieno, ma godono della medesima qualità teologica del primo (proprio nel loro non essere questioni squisitamente teologiche). Perché, oramai, gli esseri umani vivono in ambienti misti e stratificati, dove è impossibile isolare un solo piano del vivere-insieme e distillarne in laboratorio una normatività che ricadrebbe automaticamente sugli altri.
D’altro lato, se sarà capace di cogliere l’intuizione racchiusa in questa inedita visita di un papa a un convegno teologico, la teologia italiana potrebbe diventare, nella Chiesa di casa nostra, il lievito buono per aprire una stagione davvero altra della presenza della fede nel governo della polis umana.