Su una superficie di 83.600 chilometri quadrati si estendono i sette emirati noti come «Costa dei pirati», che contano più di sei milioni di abitanti. Gli emirati nel 1892 furono aggregati al protettorato britannico e ottennero l’indipendenza nel 1971. Si dettero una Costituzione, più volte emendata, che li qualifica come una federazione di monarchie ereditarie assolute. La massima autorità federale è il Consiglio supremo dei sovrani, formato da sette emiri, ognuno dei quali mantiene la sovranità sul proprio emirato. Il Consiglio elegge fra i suoi membri il presidente, di solito l’emiro di Abu Dhabi.
Questi nomina il primo ministro, di solito l’emiro del Dubai e il Consiglio dei ministri, che si avvale per le consultazioni del Consiglio nazionale federale composto da quaranta membri. Non esistono partiti politici. Il sistema è basato sulla sharia ( la legge coranica). È in vigore la pena di morte.
Al di fuori degli Emirati Arabi Uniti negli altri paesi arabi hanno creato un certo disappunto, se non addirittura malumore, il viaggio del papa (3-5 febbraio) e alcune espressioni del «messaggio» di papa Francesco: «Sono felice di poter visitare, tra pochi giorni il vostro Paese, terra che cerca di essere un modello di convivenza, di fratellanza umana e di incontro tra diverse civiltà e culture, dove molti trovano un posto sicuro». Si fa notare che l’80% della popolazione è costituita da stranieri, il cui calvario pare interminabile perché non sempre vengono rispettati i diritti umani più elementari.
Il gioco di Ahmad
Nel filmato il papa ringrazia calorosamente lo sheikh Mohammed bin Zayed bin Sultan Al Nayan, che lo ha invitato a partecipare all’incontro interreligioso sul tema Fratellanza umana. Si dice grato alle autorità degli Emirati Arabi Uniti «per l’ottima collaborazione, la generosa ospitalità e la fraterna accoglienza offerte nobilmente per realizzare questa visita». Da diverse parti si fa notare che il messaggio del papa si è esposto molto. Non è che gli Emirati siano un modello di accoglienza. Ha destato inoltre un certo scalpore che il papa si rivolga al Grande imam dell’Azhar de Il Cairo, Ahmad Al- Tayyeb, chiamandolo «caro fratello».
È una parzialità non facilmente digeribile, se non addirittura «imperdonabile», capace di provocare ancor più divisioni all’interno del mondo musulmano, molto diviso fra sciiti e sunniti e fra tendenze interne ai campi contrapposti. Ahmad Al- Tayyeb è sunnita e conservatore. Tra lui e il presidente egiziano Al-Sisi non corre buon sangue. Al –Sisi si è recato all’Azhar e ha tenuto un discorso molto forte contro l’islam tradizionale, che Ahmad Al-Tayyeb incarna e propugna. L’imam si è assai arrabbiato con il presidente e teme di essere messo da parte dal governo egiziano, che lo finanzia. Si sa che sta cercando disperatamente l’appoggio di altri paesi musulmani. L’ha trovato negli Emirati, che lo appoggiano moralmente e finanziariamente.
Al-Sisi è molto seccato dell’atteggiamento del Grande imam al quale ovviamente fa piacere avere l’alta considerazione di papa Francesco. Va sottolineato che i due s’incontrano per la quinta volta. Ai progressisti – ce ne sono nel mondo musulmano- pare che, partecipando all’incontro interreligioso, papa Francesco dia man forte all’islam tradizionale, che Al-Sisi e molti altri non vogliono più.
Gelosie
È arcinota la gelosia dei paesi del Golfo che causa, soprattutto nei confronti del Qatar, un brusco isolamento. Il re del Bahrain, ad esempio, dice di avere invitato il papa quattro anni fa, gli Emirati solo un anno fa. Pronta la replica: gli Emirati Arabi Uniti il 31 maggio 2007 stabilirono relazioni diplomatiche con la Santa Sede.
Un viaggio rischioso dal punto di vista politico, diplomatico, religioso. Serpeggia la sensazione che la visita doveva essere più ponderata, e magari doveva comprendere anche altri stati, soprattutto il Qatar. Il papa – si sostiene- si sarebbe posto in questo modo sopra le parti che ora sono in conflitto.
Ma la Chiesa locale, che il dinamico vescovo Paul Hinder definisce: «Una Chiesa di stranieri per stranieri» (i cattolici oscillano fra le 500 mila unità e un milione) sta preparando un’accoglienza strepitosa. Il papa si è battuto perché la visita si effettuasse anche contro le resistenze di alcuni dei suoi collaboratori.