A quanti, anche in Italia, ritengono che l’azione della commissione indipendente francese (CIASE) sugli abusi sia stato un autogol, suggerisco di leggere una recente risposta all’ennesima trasmissione della TV pubblica (France 2) sui colpevoli, interessati (e presunti) ritardi delle commissioni di riparazione avviate in seguito al rapporto della CIASE. La possibilità di risposte precise e convincenti si àncora a quel rapporto e al coraggio di quanti l’hanno voluto.
Casi scomodi
Prima di illustrare il dibattito è doveroso indicare due eventi che hanno affaticato il prevedibilmente lungo cammino di riscatto della Chiesa. Il primo è l’inchiesta del settimanale Hebdo, legato al quotidiano La Croix (12 gennaio) sui meccanismi di manipolazione e di abuso avvenute fra il 1988 e il 2007 in un collegio gestito dalla comunità delle Beatitudini a Autrey (Vosges).
Il racconto di un uomo, oggi quarantenne, che ricostruisce con grande sofferenza e a distanza di molti anni, i gesti e gli atteggiamenti abusanti in atto nel collegio, dopo avere per anni difeso il suo «aggressore» anche davanti alle istanze di polizia e dei tribunali, è illuminante della profondità e della complessità delle ferite interiori prodotte dagli abusi.
Vi sono coinvolti due sacerdoti, uno ancora attivo nella fondazione religiosa, il secondo passato alla diocesi di Frejus-Toulon. Il primo, Dominique Savio (oggi si fa chiamare Georges Silva o Martin de Tours o Martin Silva) è eletto nel 2015 assistente generale (il numero due della gerarchia interna). Il secondo, Henri Suso (oggi si fa chiamare Marie-Bernard d’Arles) è cappellano in una comunità di suore domenicane e del carcere nel dipartimento del Var. Il racconto ha permesso di identificare una decina di presunte vittime.
Il secondo evento è legato alle censure ecclesiastiche nei confronti di mons. Tony Anatrella del presbiterio di Parigi. Nome notissimo non solo in Francia, per decenni riferimento per i temi legati alla vita affettiva e alla sessualità, considerato il maggiore esperto in diocesi e molto consultato anche dai dicasteri vaticani è dal 2006 sotto inchiesta e giudizio. Il dicastero della dottrina della fede il 13 dicembre scorso e la diocesi parigina il 17 gennaio lo sanzionano chiaramente. Il Vaticano gli impone di rinunciare immediatamente e senza indugio a ogni attività professionale di terapeuta. La diocesi rinforza la condanna chiedendo di cessare ogni pubblicazione, la presidenza o la celebrazione pubblica, la confessione e la partecipazione a convegni e seminari. È invitato a una vita di preghiera e raccoglimento. Le sanzioni hanno fatto discutere per la lentezza con cui sono arrivate (anche per i continui e legittimi ricorsi dell’interessato) e la loro clemenza.
I limiti di una trasmissione
Il 19 di gennaio France 2, la tv pubblica francese, dedica un numero di Complément d’enquête all’attività delle due commissioni indipendenti messe in opera per le vittime degli abusi nella Chiesa: la Commissione indipendente per il riconoscimento e la riparazione (CRR) voluta e finanziata dalla Conferenza dei religiosi e religiose e l’Istanza nazionale e indipendente di riconoscimento e riparazione (INIRR) avviata dalle Conferenza episcopale per i preti diocesani.
Dando parola alle vittime in attesa di risarcimento, la trasmissione sostiene un voluto ritardo nelle risposte e il perseguimento degli interessi economici dell’istituzione ecclesiale che cerca di pagare il meno possibile. Una inchiesta «né giusta, né imparziale» la definisce Jean-Marc Sauvé, già presidente della CIASE.
L’ascolto, la simpatia e il «magistero» delle vittime, messi in opera negli anni di ricerca della commissione abilitano alla comprensione delle loro richieste e del modo con cui le esprimono. Non è sensato da parte dei giornalisti accusare di incompetenza e pressapochismo ex-magistrati, tecnici del diritto e sperimentati professionisti che sono stati chiamati nelle commissioni. È poco serio dimenticare che le commissioni sono del tutto indipendenti dall’autorità dei vescovi che non esercitano alcun controllo sulle loro attività. La trasmissione «occulta il lavoro di ascolto, di dialogo e di accompagnamento delle vittime per aiutarle a ricostruirsi» (La Croix. 21 gennaio).
La Chiesa sperimenta la giustizia riparativa
Si tratta di un esperimento su larga scale di una giustizia riparativa oltre che giudiziaria. Ogni compenso finanziario risulta insufficiente rispetto ai danni provocati dagli abusi: «il passato in parte ci sfugge. E però è possibile aiutare le vittime a ritrovare l’energia e il coraggio di vivere e di guardare al futuro». La riparazione finanziaria non sarà mai adeguata. La prospettiva di un rimborso massimo di 60.000 euro è comunque più alto di quello previsto dalla legge francese (fra i 20.000 e i 50.000). Il paragone con gli indennizzi statunitensi ignora la diversità del diritto civile. La trasmissione non dice che le commissioni si rivolgono anche a coloro a cui la giustizia civile non potrebbe rispondere per la morte dell’aggressore o la prescrizione del delitto.
«La Chiesa va al di là della giustizia per riparare le violenze commesse nel proprio ambito. Questo cammino di riparazione extra-giudiziario è totalmente inedito nella nostra società». Non c’è niente di simile per i 5 milioni e mezzo di vittime stimate sull’insieme della società francese. «Attenzione, questo non riduce per nulla la responsabilità della Chiesa cattolica. Ma il lavoro compiuto mostra che è possibile aiutare le vittime a vivere meglio e a uscire dall’incubo. Su questo aspetto la Chiesa cattolica ha aperto una via e indica un cammino».
Un lungo comunicato della Conferenza episcopale offre i numeri dei richiedenti. L’INIRR ha risposto a 160 casi e ne sta analizzando 140. La CRR ne ha visionate 604. Nell’insieme le due commissioni hanno ricevuto 1744 domande. Del fondo finanziato (20 milioni) ne sono stati usati 5. Il montante medio per le vittime è fra il 37 e i 38.000 euro: tre volte superiore a quello previsto dalle commissioni civili (Fondo di garanzia e Commissione di indennizzo).
La Chiesa francese non riceve per questo alcun sostegno economico dallo stato e tanto meno dal Vaticano e vive da anni con un bilancio passivo. Ad oggi dispone di un montante complessivo di 700 milioni su 900 milioni previsti per un anno di attività pastorale. Le sue ricchezze infinite appartengono alla fantasia, non alla realtà. Quanto al tema degli abusi si ricorda che sono ormai 80 i protocolli di collaborazione fra diocesi e procure.
È stato avviato un tribunale penale canonico a livello nazionale. Le cellule di ascolto diocesane si muovono sulla base di una «carta nazionale» di funzionamento. È attivo un centro nazionale per avviare misure di prevenzione e sono presenti laici e donne in tutti i consigli della Conferenza episcopale e in quelli dei seminari.
Leggendo e riflettendo sul caso francese una sola domanda sorge spontanea: A quando una commissione di questo tipo anche in Italia? La CEI aspetta forse che siano giornalisti e magistrati a obbligarla a fare i conti con la realtà degli abusi? Perché prima o poi accadrà anche in Italia e ostinarsi a far finta di nulla o a montare inchieste al ribasso (come si è fatto) non serve a nulla, temo…