Due iniziative laicali fanno discutere le comunità interessate. La prima è un opuscolo uscito all’inizio di febbraio in Belgio e firmato da nove credenti (laici e laiche), impegnati soprattutto nella diocesi di Liegi (Belgio). Il titolo è: Ridoniamo la Chiesa al popolo di Dio! Per finire con il clericalismo. La seconda viene dalla Conferenza cattolica dei battezzati francofoni e porta la data del 27 marzo. È una serie di proposte per associare i laici al governo della Chiesa.
Belgio: fare a meno dei preti?
L’opuscolo belga è frutto di un lavoro di un anno del gruppo firmatario. In circa 60 pagine sviluppano sette riflessioni: l’accesso ai sacramenti; la loro efficacia; il sacerdote: missione o ordinazione, individuo o comunità?; il posto della donna nella Chiesa; le prime comunità senza preti?; abusi di potere e clericalismo; dove c’è Chiesa e dove no.
Partendo dalla pratica cristiana degli interessati e da una buona conoscenza del linguaggio ecclesiale, le riflessioni proposte si innestano sul loro servizio comunitario. Sia l’assistente spirituale del carcere sia quello della casa di riposo, dopo aver accompagnato a lungo i carcerati e gli anziani, incappano nelle richieste del perdono sacramentale, il primo, e del sacramento degli infermi, il secondo.
L’impossibilità pratica di avere il prete si conclude con la negazione del sacramento. Essi «sono stati codificati, isolati dal resto della vita e conferiti esclusivamente al monopolio del prete». «Siamo bloccati in modelli che non corrispondono più alla nostra realtà». «Cosa dobbiamo considerare centrale: poter celebrare liberamente un sacramento come dono sovrabbondante di Dio oppure dipendere da un tipo preciso di persona, nel caso il prete?».
Se l’intera vita del credente è “sacramentale”, che cosa giustifica questa rigida riserva ai soli ordinati davanti a domande esplicite dei credenti?
Il passaggio alla domanda sul prete è pertinente. La via delle prime comunità di scegliere il “presbitero”, riconoscendone il carisma in mezzo agli altri (catechisti, servizio ai poveri ecc.) sembra la più opportuna rispetto alla via “sacerdotale” che conferisce all’interessato diritti e poteri incontestabili, come la presidenza dell’eucaristia o la custodia della verità. «La visione di un prete ontologicamente trasformato è un ostacolo maggiore alla coscienza comunitaria, sinodale della Chiesa e un freno alla sua credibilità».
Piuttosto che ricorrere a preti stranieri appartenenti a culture estranee, sarebbe più sano ricorrere a laici e laiche del posto. Superando, in particolare, i pregiudizi ingiustificati nei confronti della donna. Non si tratta di chiedere l’ordinazione per le donne quanto piuttosto di poter celebrare liberamente l’eucaristia. «La Chiesa è presente nell’assemblea e, in assenza del ministro, perché un battezzato non può diventare un supplente e presiedere la celebrazione?».
Il clericalismo nasce dal potere sacrale e da un’ordinazione che separa. Non si tratta, quindi, di allargare le regole per il ministero: «Noi pensiamo anzi che, per sopprimere il clericalismo, sia necessario sopprimere il clero». Ne deriverebbe la riformulazione dell’intero sistema istituzionale.
Il dibattito si è subito acceso, tracimando anche sui giornali locali (La Libre Belgique). In poche ore, una petizione raccoglie un migliaio di firme critiche. Si contesta la dimensione solo orizzontale dell’opuscolo, il misconoscimento dei sacramenti, un giudizio ingiusto sui preti.
Il 17 febbraio, interviene il vescovo, Jean-Pierre Delville: «Ancorata alla Parola di Dio e alla tradizione della fede, la diocesi di Liegi è aperta alla riflessione teologica, al dibattito e al contraddittorio. Le questioni poste dagli autori all’inizio sono pertinenti, ma le risposte sono mal formulate. Mi dispiace il carattere caricaturale del testo, ma più ancora il fatto che la riflessione proposta contesti la posizione del concilio Vaticano II e condanni duemila anni di vita cristiana».
Francia: per una governance dialogica
La Conferenza dei battezzati francofoni, attiva dal 2008 nell’area linguistica, ha pubblicato il 28 marzo una decina di proposizioni per «aprire rapidamente un dialogo costruttivo con i vescovi, come con tutti i battezzati, per mettere in atto un insieme di indicazioni più adatte alla realtà di vita delle nostre comunità ecclesiali». All’insegna dell’apertura, della partecipazione e della sussidiarietà, «conviene sviluppare le dimensioni collegiali della comunione nell’organizzazione delle nostre comunità di Chiesa».
Per le diocesi si insiste per una maggiore attenzione al sinodo universale in corso. «È urgente che le diocesi si approprino dei contributi pre-sinodali dei cattolici per proseguire il dialogo iniziato».
Per quanto attiene al governo, la «decisioni diocesane sembrano orientate solo in ragione della mancanza dei preti», mentre andrebbe sviluppata o restaurata la dimensione comunitaria di tutti gli organismi diocesani. A partire da quelli già previsti dal diritto canonico. Con l’attenzione particolare al ruolo delle donne. Si possono creare consigli “ad hoc” per i problemi più urgenti.
Dal punto di vista pastorale, è bene uscire dall’imperativo “niente senza il prete”, sviluppando la coscienza del sacerdozio comune.
Sulla questione finanziaria, si chiede la trasparenza dei bilanci diocesani, sapendo delle attuali difficoltà. Le entrate sono sostanzialmente legate alle offerte e ai lasciti.
In generale si chiede una governance che non si esaurisca nel semplice arbitraggio, ma che abitui tutti a un progetto comune condiviso.
Per le parrocchie, si suggerisce al parroco una dinamica partecipativa (un’assemblea annuale, un gruppo di sorveglianza sui conflitti, incontri di adulti). Si lamenta che i preti non si siano coinvolti nel processo sinodale e che le parrocchie affidate alla “nuove Comunità” abbiano perso il carattere territoriale e diretto.
Si raccomanda ai preti di essere accessibili e di valorizzare i diaconi là dove ci sono. «Molti preti sono silenti o demotivati».
Dal punto di vista finanziario, la comunicazione deve essere chiara e argomentata.
Liturgicamente, si constata un cammino all’indietro: fastigi, sottane, nuove distanze ecc. Mentre andrebbero sviluppati i nuovi ministeri del lettorato e dell’accolitato, senza più distinzioni di sesso.
Particolare attenzione va posta per i funerali, luogo non sacramentale, spesso gestito dai laici.
Sono da sviluppare le celebrazioni della Parola in assenza del prete. Con un cordiale riconoscimento delle comunità informali attive sul territorio parrocchiale.
Ma facciamo una bella cosa: ognuno fa come gli pare. Matrimonio omosessuale, sacerdozio ed episcopato femminile e approvazione di aborto ed eutanasia sono sempre possibili. Però voglio votare per l’elezione del parroco, del vescovo e del papa. Ma non come col sinodo che hanno potuto partecipare solo pochi eletti. Suffragio universale. La libertà è bella ma deve valere per tutti.
Suffragio universale. La libertà è bella ma deve valere per tutti
spero che questo non accada mai, perchè se ogni persona voterà uguale il voto del cattolico nominale, che magari va a Messa solo a Natale e Pasqua e non contribuisce in nessun modo alle necessità della comunità, varrà uguale della persona che da un contributo in vario modo
e visto che i primi sono molti di più dei secondi…
C’è una inesattezza nel bell’articolo di Lorenzo Prezzi. Tra gli autori dell’opuscolo belga vi sono anche due sacerdoti
https://www.rcf.fr/articles/actualite/la-suppression-du-clerge-estelle-le-remede-au-clericalisme
E’ sufficiente cercare il titolo originale del documento “Rendons l’Eglise au peuple de Dieu ! Pour en finir avec le cléricalisme” aggiungendo pdf…per trovarne una versione gratuita
Il documento è molto bello e sensato. Non si tratta di abolire il sacerdozio, ma di restituirlo a tutti, specialmente in caso di bisogni inderogabili di persone che restano privi dei sacramenti. Poi ci devono spiegare perché il funerale e il battesimo il laico lo può fare ma la messa e la confessione no. Arriviamo a capire che non ha senso? Non c’è fondamento biblico. Nessuno. Il funerale è un momento importantissimo, quello supremo in cui la comunità saluta una persona morente, ma si può delegare e non occorre inventare una teologia restrittiva, perché è un momento ingrato. Invece la Messa, dove tutti ti ascoltano e ti autocelebri quella no, solo il sacerdote. Pensate che siamo privi di intelletto??? Le persone si stanno svegliando
La Messa … dove ti autocelebri”… definizione esatta di ciò che è diventata la Messa dopo la riforma bugniniana: un ‘autocelebrazione del sacerdote che diventa protagonista invece di Gesù. Se la celebreranno i laici diventeranno essi i protagonisti e si autocelebreranno. Solo la Tradizione della Chiesa e la Messa Vetus Ordo saggiamente ponevano sacerdote e popolo dei fedeli tutti orientati verso Dio, tutti rivolti nella medesima direzione, e il prete non era il protagonista.
Un’autocelebrazione del sacerdote che diventa protagonista invece di Gesù.
Accadeva così anche con il prete ‘Alter Christus’, che faceva tutto lui e l popolo assisteva passivo e non poteva dire niente.
Poi ci devono spiegare perché il funerale e il battesimo il laico lo può fare ma la messa e la confessione no.
Perché i Sacramenti dell’Eucarestia e della Riconciliazione sono celebrati sempre a nome di Cristo e della Chiesa intera, e dalla tradizione apostolica sappiamo che Gesù ha dato questo incarico solo agli Apostoli e ai loro successori. nessun fedele laico può arrogarsi questo ruolo senza essere stato inserito, tramite l’imposizione delle mani, nella ‘catena ‘ del ministero ordinato. Il battesimo, invece essendo il Sacramento di ingresso a tutto il resto, è semplice e celebrabile da chiunque in modo che qualunque persona possa far entrare fratelli nella Chiesa. Il funerale è un momento importantissimo, quello supremo in cui la comunità saluta una persona morente. Il funerale però non è necessario per la salvezza del defunto, anche se il suffragio e l’affidamento giovano al fedele. Infatti può avere varie forme.
Il fatto che Gesù abbia affidato questo, in via esclusiva, agli apostoli è discutibile, Gesù ha istituito l’Eucaristia, ma non ha imposto le mani agli apostoli, nè celebrato ordinazioni. I “presbiteri” degli Atti erano anziani scelti alla guida della comunità, ma non necessariamente visti come gli unici celebranti dell’Eucaristia.
Anzi gli apostoli, i discepoli ecc…erano uniti nella preghiera, nello spezzare del pane…non si sottolineava il ruolo di “un celebrante ordinato in persona Christi”, era la comunità riunita che faceva questo, insieme pur riconoscendo agli Apostoli un ruolo di guida.
Così Paolo si rivolge ai Corinti come comunità “quando vi riunite per la cena…” non scrive a un presbitero, scrive a tutti, non c’è il prete che è responsabile di quel momento, c’è una comunità che celebra la cena del Signore. Non per niente l’esegesi di quei brani nel mondo protestante-evangelico, è un diversa.
Anche il battesimo è sempre celebrato, anche se da un laico, a nome di Cristo e della Chiesa intera, e, il fatto che un sacramento non è necessario alla salvezza non è quello il criterio per dire che quello lo possono fare i laici. A quanto pare il battesimo è necessario alla salvezza e i laici lo possono celebrare. Quanto alla confessione, si parla di perdono dei peccati e di una autorità data alla comunità di perdonare, con la stessa larghezza con cui Cristo ha perdonato, ma non di uno specifico rito, perlomeno nella complessita e obbligatorietà della confessione individuale attuale cui siamo giunti. Si può pensare che è lo Spirito che ha guidato la Chiesa “alla verità tutta intera”, nello sviluppo dei suoi riti e della sua tradizione. Oppure, visti gli effetti devastanti di una struttura di potere consolidata che insegna la fede, ma pure produce abusi, si può pensare al delirio di onnipotenza umano, che ha trasformato un messaggio semplice in qualcosa di complesso e contraddittorio. All’inizio del cristianesimo era tanto semplice come riunirsi tra discepoli e con gli elementi del rito ebraico domestico che tutti conoscevano, (senza concetti molto posteriori di ordinazioni, successioni apostoliche, infallibilità papale ecc…) fare memoria del Signore.
I ragionamenti della teologia cattolica sono talvolta deboli e rasentano il fondamentalismo.
Infine, c’è anche l’elemento esperienziale… ho partecipato a eucaristie protestanti, di chiese libere, riti domestici, celebrate pure da donne, a battesimi protestanti… onestamente ho percepito forte la grazia di Dio in tutti questi momenti, anche senza “successione apostolica” e “validità” del rito. Ho anche altri amici cattolici che hanno fatto lo stesso e danno la stessa testimonianza. La “presenza reale” avviene anche in quei riti se il ricevente va per ricevere il Signore gli viene fatto “secondo la sua fede”. Dio non è forse Onnipotente?
Gli apostoli pertanto, mediante l’imposizione delle mani, intendevano significare che colui che introducevano nel ministero era offerto a Dio, quantunque abbiano anche imposto le mani a coloro ai quali conferivano i doni visibili dello Spirito Santo (At. 19.6). Comunque sia hanno ricorso a questa cerimonia solenne ogni qualvolta hanno ordinato nel ministero ecclesiastico qualcuno, come constatiamo nel caso di pastori, dottori e diaconi.
Ora, quantunque manchi un comandamento esplicito concernente la imposizione delle mani, constatando che gli apostoli hanno costantemente seguito quella prassi, dobbiamo ritenere normativo ciò che hanno fatto con tanta diligenza. È certo cosa utile onorare dinnanzi al popolo la dignità del ministero mediante tali cerimonie e ricordare in tal modo a colui che è ordinato che non appartiene più a se stesso ma è consacrato al servizio di Dio e della Chiesa. […] Dobbiamo infine notare che tutto il popolo non poneva la mano sui ministri ma solo gli altri ministri, quantunque non risulti chiaramente se questo venisse fatto da parecchi o da uno solo. È, chiaro che questo fu fatto per i sette diaconi, per Paolo e Barnaba e per alcuni altri (At. 6.6).
Giovanni Calvino, Istituzione della religione cristiana, libro quarto, capitolo 3, 16
Affinchè possiamo ottenere questa fede, fu istituito il Ministero della predicazione del Vangelo e dell’Amministrazione dei Sacramenti.
articolo V della Confessione di Augusta
Nonostante questo, non vogliamo che si inferisca che per noi l’ordinazione è una mera cerimonia non comandata ne proibita da Dio, ma istituita nella chiese per il decoro e il buon ordine. […] l’ordinazione è richiesta nel nostro corpo ecclesiale per occupare e servire nel ministero pubblico.
Chiarificazione della Chiesa Luterana – Sinodo del Missouri riguardante la compresione dell’ordinazione
dai documenti vaticani a Calvino e a quelli luterani…ovvero dalla padella nella brace.
Il punto è che, anche da parte di Calvino e dei Luterani, si accostano i testi con una chiara visione ideologica- e una struttura ecclesiastica e di potere già stabilita, che devono essere giustificate e difese. Quello che gli apostoli hanno fatto è riportato dagli autori sacri con una chiara visione ecclesiologica in mente, che già si discostava dalla semplicità di Gesù, pure lui presentato alla sua maniera di ciascun evangelista. Quello che gli apostoli hanno fatto è “normativo” ma non in modo assoluto. Deve essere rivisto anche alla luce delle diverse condizioni storico culturali. Altrimenti quelli che rivendicano la grande successione apostolica e le ordinazioni dovrebbero pure produrre gli altri segni degli apostoli, ovvero i miracoli i segni e i prodigi e, soprattutto, condurre tante persone alla fede. Pare invece che la gente stia scappando dalla chiesa, ed è ampiamente dimostrato che la chiesa abusante ha il suo fondamento su un esercizio sproporzionato e asimmetrico del potere, che manca di qualsiasi partecipazione della base. Allora il buon Gesù vuole che la chiesa continui ad essere identica a se stessa ad onore degli Atti degli Apostoli, mentre le persone scappano asfissiate dal clericalismo, da una istituzione che ispira un senso di distanza e doppiezza… o vuole che riflettiamo se sono possibili dei cambiamenti per migliorare le cose?
Condivido la riflessione del Vescovo di Liegi, le questioni poste sono reali ed è probabile che si allarghino e si amplifichino… preoccupa e dispiace une certa fretta nel cercare “soluzioni” che a mio avviso rischiano di suscitare contrapposizioni fra presbiteri e laici che non sarebbero certo correnti con una Chiesa sinodale… Nella mia esperienza, laddove le diocesi accettano di mettere a tema tali questioni con gli stessi presbiteri, nel dialogo con i laici, preoccupandosi più di avviare e accompagnare processi che di trovare soluzioni immediate, si aprono cammini interessanti… cfr. http://www.settimananews.it/diocesi/accompagnare-moderatori-delle-unita-pastorali/ e il cantiere sulle unità pastorali avviato di recente dalla diocesi di Massa Carrara – Pontremoli