È un evento inedito: per la prima volta la Conferenza episcopale francese (CEF) riceverà Emmanuel Macron e diverse centinaia di invitati in una serata il 9 aprile al Collège des Bernardins, a Parigi. Ministri, parlamentari, personalità del mondo dell’impresa, dei media, della cultura, ma anche movimenti e associazioni di fedeli, associazioni caritative cattoliche e rappresentanti delle altre religioni saranno tra le centinaia di invitati.
Gli ebrei hanno la cena del CRIF (Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche di Francia) e il Capodanno del Concistoro; i musulmani la cena della rottura del digiuno del Ramadan; i protestanti la cerimonia degli auguri della Federazione protestante di Francia. Mancava alla Chiesa cattolica «un momento per rivolgersi alla società francese in maniera estesa», spiega mons. Ribadeau-Dumas, portavoce della CEF. Essendo in corso gli Stati generali di bioetica, è l’occasione di interpellare il governo su diversi temi sensibili, come la procreazione medicalmente assistita o il fine vita. Ma non solo. Anche la sorte dei migranti e dei senzatetto, e la laicità dovrebbero alimentare le discussioni.
«A un anno dall’elezione presidenziale, nel quadro della discussione attorno alla revisione delle leggi di bioetica, il consiglio permanente dei vescovi ha pensato che sarebbe stato opportuno avere questo tipo di manifestazione», afferma Ribadeau-Dumas. Il contesto politico ha quindi favorito l’organizzazione di questa serata.
Laicità più «pacificata»?
Mons. Pascal Wintzer, arcivescovo di Poitiers e membro del Consiglio permanente della CEF, sottolinea il forte rinnovamento del personale politico dopo le ultime elezioni presidenziali e legislative. «Nelle nostre diocesi, afferma, avevamo relazioni abituali con i precedenti deputati, che erano tali da un certo periodo di tempo». Il rinnovamento e la più giovane età dei deputati spingerebbe quindi la Chiesa a organizzare questa serata di «rete», per «riannodare» le relazioni con la nuova classe politica.
L’evento intende «riaffermare il posto della Chiesa nella società, nel contesto di una laicità pacificata». Lo ha affermato a La Croix Vincent Neymon, portavoce aggiunto della CEF. Ma la laicità si può davvero definire più «pacificata» dopo l’arrivo al potere di Emmanuel Macron? «C’è oggi, da parte del presidente della Repubblica – con la presenza dei responsabili religiosi alla cena sulla questione del fine vita – una volontà di dialogo», ammette prudentemente Ribadeau-Dumas. «È ciò che abbiamo sentito dopo l’elezione del presidente Macron», conferma anche François Clavairoly, presidente della Federazione protestante di Francia. «Le religioni sembrano percepite come elementi che offrono contributi positivi alla società e non più come lobby minacciose». «Con Macron, le cose sono diverse, ho l’impressione che ci sia un ascolto vero, una forma di mano tesa, di benevolenza, ma lo dico con molta prudenza», osserva il deputato Philippe Gosselin (Les Républicains).
François Hollande aveva finito per adottare, dopo l’assassinio di padre Jacques Hamel, «una linea molto favorevole alle Chiese», ma l’inizio del suo mandato era stato caratterizzato soprattutto da «discorsi di diffidenza, come quello a Le Bourget», afferma Philippe Portier, professore alla École pratique des Hautes Études e direttore del Gruppo società, religioni, laicità. Per quanto riguarda Nicolas Sarkozy, si può dire che fosse favorevole al dialogo, ma difendeva «una concezione identitaria della nazione, che si scontrava con la volontà di accoglienza (dello straniero) della Chiesa cattolica». Inoltre, molti vescovi deploravano il fatto che «Nicolas Sarkozy avesse la tendenza a strumentalizzare le Chiese a favore della propria strategia di potere», aggiunge il sociologo.
«Mediatizzare» per esistere?
I vescovi sarebbero dunque più a loro agio con Emmanuel Macron, i cui discorsi inviterebbero maggiormente al dialogo con le istituzioni religiose, senza concezione identitaria della nazione. Il contesto politico è cambiato, ma non è l’unica ragione che spinge oggi i vescovi francesi ad organizzare tale evento.
Consapevole di essere «meno ascoltata di un tempo», la Chiesa cattolica è «obbligata a uscire dal proprio recinto per far sì che il suo messaggio sia ricevuto», ha detto ancora François Clavairoly. «Il cristianesimo (…) è confrontato alla post modernità, alla scomparsa del riferimento religioso e forse anche a interrogativi interni che lo rendono più fragile». «A causa del pluralismo dell’ambito religioso e dell’agnosticismo di gran parte della popolazione, la Chiesa è costretta a mostrare la sua esistenza con eventi significativi», constata ancora il professor Portier. In questo nuovo contesto, la Chiesa adotterebbe quindi una nuova logica di mediatizzazione per esistere. (…) Ma seguendo l’esempio delle altre comunità religiose basato su eventi particolari, la Chiesa non rischia di essere percepita come una minoranza tra altre minoranze? Di fronte alla sua perdita di influenza nella società, starebbe progressivamente costituendosi come lobby?
Portier risponde che la Chiesa non si percepisce come associazione tra le altre. «C’è nel profondo della coscienza ecclesiale l’idea che la Chiesa si inscrive nella successione di Cristo». Essa è quindi «divisa tra l’immagine che ha di se stessa e ciò che le impone la società». Mentre mons. Wintzer chiarisce: «La Chiesa prende coscienza di essere anche una comunità come le altre. Si parla della comunità musulmana, della comunità ebraica e ora anche della comunità cristiana cattolica. Fare questo invito significa un po’ accettare di essere una religione accanto ad altre. (…) E, tuttavia, la Chiesa non è solo un gruppo di persone racchiuso in una comunità che si chiama Chiesa cattolica». (…)
Volontà di dialogo, non lobby
Insomma, l’evento al Collège des Bernardins non è del tutto paragonabile agli eventi pubblici organizzati dalle altre comunità religiose. Gli ospiti d’onore saranno soprattutto le persone handicappate, i precari, i migranti: «Saranno loro ad aprire la serata, per mostrare che il tesoro della Chiesa è quello. Ci rivolgiamo a tutta la società». Inoltre, non è ancora stato deciso se far diventare quella serata un appuntamento annuale: «Per ora niente di definitivo. Non è detto che la cosa si ripeta allo stesso modo».
Infine, pur sentendo questa necessità di essere maggiormente udibile, la CEF rifiuta di essere assimilata a una lobby. «Non vendiamo prodotti. Abbiamo una buona notizia da annunciare, afferma con forza il portavoce della CEF. Questa buona notizia, la annunciamo contro venti e maree, con grande libertà: non contabilizziamo i risultati. Siamo consapevoli del fatto che ciò che annunciamo porterà frutto forse tra 20, 25 o 30 anni».
Ribadeau-Dumas sottolinea anche l’estensione della rete, storica, della Chiesa cattolica sul territorio francese: «A parte la rete scolastica, è la Chiesa ad avere la massima presenza capillare sul territorio. Se i vescovi francesi scelgono un testo da leggere in tutte le chiese della Francia, il testo vi sarà letto. I lobbisti non hanno tale presenza per far passare un messaggio. Quindi è una cosa diversa. È la volontà di dialogo». Una volontà di dialogo che non impedisce il fatto che l’operazione comunicazione sia ben organizzata.
Il pezzo, a firma di Bénédicte Lutaud, è stato pubblicato sul sito di La Vie (www.lavie.fr) lo scorso 20 febbraio 2018. Lo riprendiamo nella traduzione del sito Fine Settimana.