La “riserva maschile” e altre amenità

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anita-riserva1

Confesso subito che l’espressione “riserva maschile” mi suscita dentro una sensazione strana, un senso come di pena e di compassione. Leggo, o sento dire, “riserva maschile”, e subito mi viene da pensare ad un luogo circoscritto e privo di libertà in cui stanno compressi, spalla contro spalla, dei poveri e tristi individui, accomunati fra loro dal solo fatto di essere maschi.

Come nella più confortevole riserva indiana, anche gli abitanti della riserva maschile possono ben godere di diritti e prerogative speciali, mi dico – il loro mondo potrebbe perfino essere un mondo perfetto, governato dal migliore governo del mondo, comandato dal migliore capo del mondo, dal papa, perfino, mi dico. Ma resta pur sempre una riserva.

Cosa fanno gli abitanti di una riserva? Dedicano l’intera esistenza alla difesa e alla conservazione della loro specie protetta, impegnandosi tenacemente nella tutela delle tradizioni e nella salvaguardia dagli attacchi esterni. Già, perché il mondo là fuori è cattivo e rapace, sempre pronto a ghermire terre e ad appropriarsi di identità.

Che cosa triste, vivere in una riserva. Lo sguardo ripiegato su di sé, la coda dell’occhio che costantemente sbircia oltre cortina.

Dodici o non più dodici

Ma mi hanno spiegato che la riserva maschile non ha niente a che fare con la riserva indiana. Certo, a guardare le immagini di soggetto ecclesiale, dalle raffigurazioni del concilio di Nicea del 325 alle fotografie dell’ultimo concistoro, non si può non pensare che con “riserva maschile” si intenda un luogo dove possono stare solo dei maschi. E, diciamocelo, a vedere tutti quei maschi, solo maschi, esclusivamente maschi, un po’ fa tristezza e un po’ fa mancare il respiro.

Ma “riserva maschile” – mi hanno spiegato – è qualcosa di seriamente teologico, qualcosa che ha a che fare con l’apostolicità, cioè con il fatto che Gesù, quando si è trattato di scegliere, ha scelto soltanto dodici maschi, non uno di più, non uno di meno.

Lascio agli esperti di questioni teologiche il piatto forte. Per me, mi tengo due osservazioni di contorno. La prima: come la mettiamo con Maria Maddalena, apostola degli apostoli? Il Prefazio della sua Festa, che la Chiesa celebra il 22 luglio, recita così:

Nel giardino Egli si manifestò apertamente
a Maria di Magdala,
che lo aveva seguito con amore
nella sua vita terrena,
lo vide morire sulla croce
e, dopo averlo cercato nel sepolcro,
per prima lo adorò risorto dai morti;
a lei diede l’onore di essere apostola per gli stessi apostoli,
perché la buona notizia della vita nuova
giungesse ai confini della terra.

 A Maria di Magdala Gesù ha dato l’onore di essere apostola per gli stessi apostoli. Da chi parte, dunque, la catena apostolica?[1]

E poi, questo benedetto numero dodici. Intanto è interessante il fatto che i numeri della Bibbia vengano letti o come letterali o come simbolici, secondo i casi e secondo le necessità. E comunque, lasciando pure da parte Israele e le sue dodici tribù, basta la più banale ricognizione nei testi e nei miti della classicità greco-romana per scoprire quanto questo potentissimo numero ricorra con abbondanza in tutte le occasioni possibili.

Sono evidentemente dodici gli dèi dell’Olimpo – sei maschi e sei femmine, per parità di genere; dodici le fatiche di Eracle; dodici i sacerdoti dell’antico collegio romano dei Fratres Arvales; dodici le tavole su cui è stato scritto il primo codice di leggi romano. Dodici sono i segni zodiacali e dodici sono i mesi, cioè le lunazioni complete in un anno solare.

Alla luce del numero dodici potremmo rileggere tutta l’Eneide di Virgilio, poema – guarda caso – in dodici libri. Perfino sulla corona di re Latino, nemico e poi suocero di Enea, ci sono dodici raggi: Al quale dodici/ raggi d’oro recingono le fulgide tempie, /emblema dell’avo Sole (XII, 162-164).

Il numero dodici è portatore di un’idea sublime di perfezione armonica e totalità. Nell’immaginario religioso ebraico la totalità armonica è simboleggiata dalle dodici tribù d’Israele. Nel pantheon greco-romano dalle dodici divinità olimpiche (sei maschi, sei femmine). Nella prospettiva cristiana dai dodici apostoli.

Ne ha contati per davvero solo e soltanto dodici, Gesù? E tutti maschi, solo maschi?

Natura non facit saltus

Natura non facit saltus, recita l’antico adagio. I cambiamenti strutturali avvengono spesso in modo graduale e impercettibile. Le cose ci cambiano fra le mani, e noi neanche ce ne accorgiamo. La presenza del genere femminile nel mondo del lavoro, nella società, nella politica, nella scuola, è oggi un dato incontrovertibile, in tutti i sensi: è semplicemente inimmaginabile la possibilità di un contro-vertere, di un ritorno al passato, di un dietro-front che azzeri, ad uno ad uno, tutti i lenti, faticosi ma decisivi passi compiuti dalle donne nel loro processo di autoaffermazione, durante gli ultimi cento anni.

La questione delle pari opportunità, della trasparenza retributiva, della lotta contro la violenza di genere è, oggi, una questione decisiva sui tavoli della politica, nazionale ed europea: lontana ancora da una traduzione concreta e da una piena realizzazione effettuale, ma presente nell’orizzonte di ogni pensiero politico che voglia farsi proposta significativa per il futuro delle nuove generazioni.

Il mondo cambia. Le norme giuridiche talvolta intervengono in tempi successivi rispetto ai cambiamenti maturati nella società, talvolta questi cambiamenti li sostengono, li tutelano, li accompagnano.

E la Chiesa? La Chiesa cosa fa?

Mentre la Chiesa è ancora lì a postillare codici e canoni, a studiare, ponderare, titubare e tergiversare, ci voleva la spontanea naturalezza di un comico per esprimere in tutta semplicità quello che, per tanta gente normale, appare oggi non più come un’eresia, una chimera o un’assurdità, ma come una reale e normale possibilità.

Durante la prima Giornata Mondiale dei Bambini, domenica 26 maggio, nel suo scoppiettante monologo in piazza San Pietro, Roberto Benigni ha detto, alle bambine e ai bambini che affollavano festosi la piazza: “Magari in mezzo a voi c’è un nuovo Michelangelo, un nuovo Galileo, una nuova Rita Levi Montalcini. O magari c’è il nuovo Papa, o due o tre, non si sa mai”.

 Già, non si sa mai. Perché – ha continuato il comico – “questa è la città del Signore e tutto è possibile, anche che uno di voi diventi Papa, magari il primo africano o asiatico della storia, o di Roma, del Testaccio, o la prima Papa donna della storia, pensate che roba”.

La prima Papa donna della storia, pensate che roba. Pensiamolo. Io ci penso.


[1] https://www.settimananews.it/bibbia/santa-maria-maddalena-festa/

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12 Commenti

  1. Paolo 5 giugno 2024
  2. Adelmo li Cauzi 4 giugno 2024
  3. Francesco 3 giugno 2024
  4. Marco Ansalone 1 giugno 2024
    • Gian Piero 3 giugno 2024
      • Anima errante 4 giugno 2024
        • Adelmo li Cauzi 4 giugno 2024
      • Marco Ansalone 6 giugno 2024
  5. Gian Piero 1 giugno 2024
    • Guido 3 giugno 2024
  6. Laura 1 giugno 2024
  7. Fabio Cittadini 1 giugno 2024

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