Detto in una parola: una Commissione, che era nata per rispondere e rimediare ad una afflizione, era diventata invece motivo di afflizione. Nella storia di 31 anni di vita (1988-2019), la vicenda della Commissione Ecclesia Dei aveva assunto, progressivamente, aspetti del tutto paradossali. Nata per rimediare alla frattura con il mondo lefebvriano, era diventata, progressivamente, un settore della Curia romana nel quale si costruiva una “identità parallela” del cattolicesimo tradizionalista e con il pretesto di un immaginario “accordo con lefebvriani”, si pretendeva di spostare continuamente verso di loro la barra della identità cattolica, soprattutto con un progressivo svuotamento della comprensione e della efficacia del Concilio Vaticano II.
Ma soprattutto a partire dal 2007, con il motu proprio Summorum pontificum la Commissione aveva conosciuto il suo massimo successo, garantito dall’aver accentrato in sé il “controllo universale” sull’uso del “rito romano in forma straordinaria”. Quando poi, due anni dopo, la istruzione Universae Ecclesiae aveva stabilito nel dettaglio i troppo ampi margini di manovra attribuiti alla Commissione, era facile immaginare che questo provvedimento avrebbe aperto la via ad un processo inarrestabile di sempre più ampie concessioni, fatte non dalla Chiesa di Roma, ma dai tradizionalisti della Curia romana, che avevano ottenuto una pericolosa e troppo ampia autonomia.
Sarà utile ricordare un solo punto di questa follia tradizionalista installata nella Curia romana. Infatti Universae Ecclesiae definiva l’entità sufficiente per determinare un “gruppo” avente titolo per chiedere una celebrazione in “rito antico”. E lo stabiliva nel numero di “tre richiedenti”, anche se appartenenti a diocesi diverse. Così, tre soggetti, appartenenti a tre diocesi diverse, potevano “aprire”, in tre diocesi, tre gruppi “validamente costituiti”. Ma le bugie, come si sa, fanno allungare il naso e accorciare le gambe.
Ora, secondo il motu proprio che entra oggi in vigore, tutte le competenze di Ecclesia Dei sono spostate ad una Sezione della Congregazione per la Dottrina della Fede. Sarebbe logico che, innanzitutto, l’istruzione Universae Ecclesiae, essendo destinata ad una Commissione che non esiste più, venisse abrogata. Per riportare un poco di buon senso e di onestà in un mondo in cui la fiction ha raggiunto, da troppo tempo, livelli di guardia. Ad ogni modo, questo passaggio inaugura una nuova fase nel rapporto con i lefebvriani, ma soprattutto nella applicazione del motu proprio Summorum pontificum, che sta alla radice di questa grande messa in scena, giunta oggi, finalmente, al sipario finale. Ma forse è solo il sipario del primo atto della commedia.
Pubblicato il 19 gennaio 2019 nel blog: Come se non.