La Commissione episcopale per la dottrina dell’episcopato canadese ha pubblicato l’8 settembre un documento: La corresponsabilità dei laici nella Chiesa e nel mondo. Si sta alzando nella coscienza ecclesiale mondiale la consapevolezza del ruolo dei laici dentro e fuori la Chiesa. Il testo canadese è un segnale.
Vocazione più che ruoli
A partire dal battesimo e dalla collocazione ecclesiale la responsabilità del cristiano comune ha la sua ragione nella risposta all’amore originario di Dio. «Il piano di Dio e la responsabilità che ci conferisce per realizzarlo non consistono in un insieme di regole ma ci sono indicati dalla nostra vocazione cristiana di battezzati». Non è quindi questione di ruoli particolari. La corresponsabilità non ha a che vedere con l’applicazione di un programma, ma è una risposta nel vissuto; non si identifica in particolari funzioni, ma nel prendere parte all’insieme della missione della Chiesa. Restringere l’attenzione all’interno della Chiesa è clericalismo, col sottinteso «che i laici dovrebbero aspirare a giocare il ruolo proprio del clero». Papa Francesco l’ha indicato come uno dei mali della Chiesa (cf. il suo intervento alle Conferenze episcopali dell’America latina, 28 luglio 2013, il discorso del 22 marzo 2014 all’Associazione Corallo, la lettera alla Commissione per l’America Latina del 19 marzo 2016). «La vocazione laicale è sempre svalorizzata quando si cede al clericalismo, sia quando si trattano i laici come inferiori (situazione più frequente nelle vecchie generazioni), sia quando vengono loro affidati funzioni e attributi specifici del clero (più frequente oggi)».
Lievito nella pasta
«Come il lievito fa lievitare la pasta, così i laici sono chiamati ad essere lievito nel mondo. Tutto questo non avviene anzitutto con l’esposizione di una dottrina o declamando i valori cristiani. In realtà ogni cristiano è lui stesso il lievito. I laici vivono in famiglia e nelle comunità. Lavorano, studiano, sono impegnati nella vita sociale e politica del loro ambiente locale, nazionale o internazionale. Diventano lievito per la maniera originale con cui praticano il lavoro, lo studio, l’attività sociale, il compito politico. Detto altrimenti, l’autentica vocazione del laico cristiano si gioca, in un certo senso, fuori della Chiesa, diversamente da quanto avviene per i preti, i religiosi e le religiose». Limitarsi ai servizi ecclesiali interni vuol dire rinunciare a far penetrare i valori cristiani nel mondo sociale, politico ed economico.
Corresponsabilità
«I vescovi e i preti devono fare il possibile per coltivare nei laici il senso di corresponsabilità. Il contatto quotidiano con la vita interna della Chiesa non deve portare la gerarchia e il clero a temere, anche solo in forma implicita, la responsabilità vera del laicato, senza ridurla a semplice consultazione su questioni materiali o profane. In questo ambito la parrocchia, pur essendo il riferimento più importante, non può essere l’unico. Associazioni e movimenti sono compartecipi della crescita dello Spirito e della testimonianza nel mondo.
Attenzione alla periferie
Il criterio di un’autentica laicità è l’attenzione alla periferie, agli uomini scartati dal sistema, ai poveri, ai malati, agli oppressi. Fra questi il testo cita i migranti, le donne private dei loro diritti, i giovani senza un futuro. Valore fondamentale di riferimento è la dignità incommensurabile del vivente, il valore della vita. Segue poi la politica, la famiglia, l’educazione e la pratica della giustizia. Infine la difesa della libertà di cui quella di religione e della Chiesa costituisce uno dei riferimenti fontali.