Nel popolo di Dio si aggirano personaggi che si spacciano per preti o diaconi, addirittura per vescovi: si tratta, in genere, di persone in cerca di denaro che, sapendosi ben presentare, approfittano della buona fede o della dabbenaggine di chi li ospita.
La CEI periodicamente segnala queste persone, man mano che vengono smascherate e denunciate.
In questo periodo circolano anche sedicenti monaci o preti appartenenti a comunità ortodosse presenti nel nostro territorio ma in rottura con le Chiese in comunione con i grandi Patriarcati.
Si tratta a volte di individui con la “fissa” del prete che, non avendo trovato nessun vescovo disposto a ordinarli, sono stati accolti in quelle sedicenti Chiese ortodosse che non vanno tanto per il sottile nell’accogliere e ordinare e che rappresentano una spina nel fianco dell’Ortodossia stessa.
Una mappa per orientarsi
Quella delle Chiese ortodosse dissidenti è una costellazione variegata e complessa nella quale è difficile orientarsi.¹
Volendo semplificare al massimo, possiamo individuare quattro tronconi.
1) La Chiesa russa ortodossa dei “vecchi credenti”, che risale al 1653, nata dal rifiuto della riforma liturgica secondo il modello greco imposto dallo zar;
2) la Chiesa cristiana ortodossa dei vecchi riti che nasce a seguito dell’emigrazione da parte dei “vecchi credenti” dalla Russia in Romania;
3) la Chiesa ortodossa rumena del “vecchio calendario”, sorta a partire dal 1924 per aver rifiutato il calendario gregoriano;
4) la Chiesa ortodossa greca del “vecchio calendario”, nata nel 1924 ad opera di 3 vescovi greci che rifiutarono di adottare il calendario gregoriano in Grecia.
Le Chiese ortodosse dei vecchi riti o dei vecchi calendari o comunque dissidenti, sono 22, sparse in Russia, Lettonia, Moldavia, Ucraina, Grecia, Bulgaria e Italia.
Da noi sono presenti due Metropolie: una a Milano, denominata Metropolia ortodossa autonoma d’Europa occidentale e d’America (sinodo di Milano, dove si è costituita negli anni ‘60) con 7 vescovi, 6 diocesi e 30 parrocchie; e un’altra a Ravenna, denominata Chiesa ortodossa in Italia con 2 vescovi e 11 parrocchie. Questa Chiesa (da non confondere con la Diocesi greco-ortodossa d’Italia, con sede a Venezia, in comunione con il patriarcato di Costantinopoli e facente parte del Grande Sinodo Panortodosso) è una comunità ortodossa legata al Sinodo alternativo bulgaro e alla Chiesa ortodossa montenegrina, a sua volta scissa nel 2008 dalla Chiesa ortodossa serba.
In queste Chiese dissidenti presenti in Italia confluiscono anche preti cattolici in dissidio con il proprio ordinario.
Gli avventurieri che circolano in Italia non sono certo i vescovi residenti, bensì dei corepiscopi, la cui dignità corrisponde al nostro titolo onorifico di monsignore. La gente si lascia incantare dalle insegne che esibiscono.
Altro discorso è invece quello delle diocesi ortodosse di rito bizantino in comunione con i Grandi Patriarcati dell’Ortodossia bizantina: sono sette, e contano quasi due milioni di fedeli emigrati in Italia e affidati alle loro cure.
Fra queste, le diocesi principali e con più fedeli, sono la diocesi rumeno ortodossa per l’Italia, dipendente dal patriarcato di Romania, e la diocesi russo ortodossa Bogorodsk in Italia, dipendente dal patriarcato di Mosca.
Oltre a queste, c’è la presenza di denominazioni ortodosse orientali dipendenti dai rispettivi Patriarcati.
Guide di pellegrinaggi
Nessun prete ortodosso in comunione con i Patriarcati si sognerebbe di inserirsi nelle comunità cattoliche allo scopo di guidare pellegrinaggi a Medjugorie e di farsi poi guida spirituale di gruppi germinati da quelle esperienze.
È inutile chiedere a un prete ortodosso in dissenso con l’Ortodossia il celebret qualora si presentasse o per celebrare o per altra finalità. Va segnalato all’ordinario e invitato a cambiare aria.
Accennavo ai gruppi di pellegrini a Medjugorie che vanno in cerca di accompagnatori e animatori delle loro riunioni di preghiera a base anche di messaggi che ogni mese vengono pubblicati.
Siamo di fronte a fragilità e a credulità indifese. Purtroppo, in questi gruppi si annida un altro pericolo: passare all’opposizione di papa Francesco, attingendo da blog velenosi che circolano in Internet. È facile trovare nel profilo facebook di queste persone immagini devote di Madonne lacrimevoli, di catene di preghiere alla Madonna, di preghiere infallibili per ottenere una grazia… entro 5 minuti e, insieme, messaggi attinti da un tenebroso sommerso di bieco tradizionalismo e oscurantismo. E quei preti di cui si parlava sopra, di dubbia formazione teologica e spirituale, si trovano in buona compagnia con quelle persone.
La credulità arriva ad accettare – come è capitato – la presenza di un tale che si spacciava per monaco benedettino residente a Roma. Costui era stato inserito in un’associazione di volontariato locale come assistente nazionale (sic) e si era presentato in quella sede con tutto un armamentario di rosari, immagini della Madonna, libretti di preghiere, immaginette e cose del genere. Il presidente di quell’associazione (anche lui autonominatosi a livello “nazionale”), attivo in qualche modo in parrocchia, aveva presentato al parroco il sedicente prete che, infine, presiedette la celebrazione eucaristica.
Quando il vescovo, avvisato della cosa, emanò l’interdetto recapitato all’interessato e un comunicato stampa e la cosa divenne di dominio pubblico, qualche signora di quell’associazione dichiarò in un’intervista televisiva che «quel prete aveva celebrato così bene la messa che… manco lei sarebbe stata capace di fare altrettanto» (sic!); un’altra disse che «aveva confessato così bene, si era sentita compresa… così bene».
Questo sedicente prete-monaco benedettino, nonostante l’interdetto, “colpisce ancora” in altre diocesi.
Tra devozionismo e bellezza della liturgia
Ecco il brodo di coltura in cui possono attecchire personaggi del genere che si presentano con un fare e un tono di voce devoto, untuoso, ridondante, diciamo “da prete”, per certo immaginario popolare.
A fronte di una fioritura di laici che praticano il vangelo e vivono il loro cristianesimo senza complessi o paure, inseriti nella società, nella vita diocesana e parrocchiale o in movimenti e associazioni con sobrietà e dignità, ci sono altri impegnati in una sorta di criptoapostolato capillare che va dalla diffusione di novene e tridui alla recita a catena in progressione geometrica del rosario, alla ricerca del veggente o guru di turno verso cui convergere coinvolgendo altri fedeli creduloni pronti a seguirli alla ricerca del sensazionale.
Preoccupa alquanto la presenza di preti anche giovani al seguito di questi gruppi. C’è da chiedersi che tipo di letture e quale formazione permanente stiano facendo.
Siamo di fronte ad una carente formazione alla fede abbinata spesso a fragilità psicologiche, all’assenza di una predicazione che sia anche mistagogica, tale da trasmettere il senso autentico della liturgia che educa attraverso i riti che rendono splendida e semplice nel contempo la liturgia stessa, in grado di mediare l’incontro autentico col mistero del Risorto e l’azione dello Spirito.
Le pratiche di pietà popolare che, nella loro spontaneità e creatività, hanno alimentato e alimentano la spiritualità del popolo, vanno orientate e purificate. Molti sono alla ricerca di atmosfere particolari: c’è in questo la ricerca di silenzio e di interiorità che forse non trovano in tante liturgie che sentono distanti e fredde o troppo frastornanti per il tipo di canti e per l’atmosfera che vi si crea.
«Molti sono stati portati a personalizzare il sacramento, a ridurlo, a non essere altro che un’azione liturgica fatta di canti e di preghiere, un alimento della festa comune, un’esortazione alla partecipazione. L’eucaristia è perciò divenuta talvolta un’autocelebrazione del gruppo e una semplice lezione morale… Accade così che nel chiasso – che pur amano – delle parole e dei canti, certi commensali lascino la sala, “in punta di piedi”, attratti da mense che saziano maggiormente la fame terrena di amicizia e il desiderio di efficienza umana. L’eucaristia è il sacramento parusiaco, un sacramento-persona, è una cena fraterna soltanto nella comunione con Cristo».²
La misteriosa e pur semplice bellezza della liturgia, un’omelia animata dallo Spirito e dignitosa, attenta al mistero di Dio e alla vita di chi partecipa alla celebrazione, l’insieme di silenzi, atmosfere e canti che siano al contempo aiuto per l’assemblea al dialogo con Dio, contribuiscono efficacemente a educare il popolo di Dio alla sapienza e al discernimento, preservandolo da derive che nulla hanno a che fare con il volto nuovo della chiesa voluto dallo Spirito a partire dal Concilio e dall’esempio e dalle parole di papa Francesco.
¹ Michele Padalino, Uno sguardo d’amore sulle Chiese d’Oriente “l’altro polmone della Chiesa”, Grafiche Sales, San Severo (FG) 2009.
² F.X. Durrwell, L’Eucaristia, sacramento del mistero pasquale, Ep 1982, pag. 119.
Grazie, un articolo che fa riflettere e … sorridere. Perché, a fronte dei finti preti, ne esistono altri che, magari lo sono per davvero, ma che poi non sembrano così convinti della propria identita’ se, almeno sui social, sentono il bisogno, pressoché quotidiano, di travestirsi da laici, più spesso madri di famiglia, inventando improbabili situazioni di famiglie altrettante improbabili….non c’e’ altro commento se non un briciolo di misericordia, anche se, da sposa e madre di famiglia, reale!, talvolta mi chiedo che testimonianza diano costoro … se non hanno neppure il coraggio di presentarsi …
Eppure i loro discorsi-molto clericali e idealmente uniti da un filo rosso antiBergoglio, ma spesso con cenni di antipatia verso noti religiosi come padre Spadaro (per qualcuno una costante …)- rappresentano davvero il peggio della società attuale dove il rancore finisce per condizionare le relazioni. E il firmarsi con nomi femminili non e’ altro che una subdola volonta di far passare quel tipo di comportamento come del tutto “normale”, di più, “condiviso”, per i laici, in particolare madri di famiglia, come dire “guardate che il papa e’ inviso anche alle persone più insospettabili”. Ma che testimonianza di prete o religioso e’ mai questa? Un po’ di vergogna no?