Lituania: il concordato
Dopo la firma dell’Accordo fra il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli e del primo ministro lituano, signora Ingrida Šimonyté, il 21 marzo scorso, il governo lituano ha formalmente riconosciuto l’esarcato costantinopolitano (8 febbraio 2024), sotto la responsabilità pastorale di Justin Kiviloo (cf. qui su SettimanaNews).
Il nuovo esarca potrà giovarsi di cinque preti e di due diaconi che sono passati dall’obbedienza alla Chiesa ortodossa filo-russa alla nuova struttura ecclesiale. Essa è equiparata a tutti gli effetti alle Chiese tradizionali e potrà agire come persona morale, anche in ordine ai sovvenzionamenti previsti per l’attività pastorale e il clero. Il nuovo esarca ha più volte visitato le parrocchie e le strutture, presentandosi in maniera molto rispettosa e dialogante.
Un tono non dissimile è quello usato dal vescovo Innocente di Vilnius, della Chiesa ortodossa russa. Ma la correttezza delle forme non nasconde la distanza delle posizioni. Innocenzo ha apprezzato la volontà di Justin di non avanzare pretese sulle chiese in loco e l’ammissione dell’ambiguità di una doppia presenza ortodossa. Gli ha ricordato che la propria responsabilità pastorale riguarda 120.000 fedeli e che l’accusa contestatagli di scarsa chiarezza nella denuncia dell’aggressione russa all’Ucraina non è fondata.
In particolare, Innocenzo lamenta il comportamento scismatico dei cinque preti che formano il presbiterio della nuova eparchia. Tutti ricondotti allo stato laicale per la disobbedienza ai canoni e alle autorità e non, lo sottolinea con forza, per la loro posizione pacifista. Ricorda che non ha censurato le sue comunità, quando si sono rifiutate di menzionare nei dittici il nome di Cirillo di Mosca.
Di parere opposto gli interessati che denunciano le ambiguità di Innocenzo nei confronti della guerra. Esse violano la condanna unanime del paese nei confronti della Russia e passano sotto silenzio le recenti minacce di Putin verso i paesi baltici. Il richiamo formale ai canoni non è sufficiente in questa emergenza storica.
Non è mancato l’intervento dei responsabili moscoviti. N. Belachov, consigliere del patriarca Cirillo, ha detto: «La creazione di un esarcato in Lituania da parte di Costantinopoli e la sua registrazione da parte delle autorità del paese costituiscono una invasione del territorio canonico della Chiesa ortodossa russa e perseguono lo scisma ecclesiale. Si tratta di un nuovo atto anti-canonico che persegue la volontà scismatica e l’intenzione di distruggere l’unità ortodossa».
Estonia: la fretta di una ordinazione
Lo scorso 18 gennaio, il Consiglio di polizia e delle frontiere estone ha avvisato il vescovo ortodosso Eugenio di Vereya, metropolita di Tallin e di tutta l’Estonia, che il suo permesso di soggiorno non sarebbe stato rinnovato alla scadenza del 6 febbraio (cf. qui su SettimanaNews).
Nonostante l’appello alla somma corte, il vescovo se n’è dovuto andare. L’evento ha prodotto una grande accelerazione nella comunità. In tempi rapidi si è convocato il Sinodo e l’assemblea conciliare, due diaconi sono stati consacrati e, soprattutto, è stato consacrato un vescovo che, assieme a un altro vicario, farà da riferimento per le comunità ortodosse russe.
Sia il Sinodo che l’assemblea conciliare hanno chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno per il vescovo. L’accusa di essere una minaccia per la sicurezza del paese è, a loro avviso, fuori luogo. La sua prudenza nel parlare risponde alla necessità di salvaguardare l’unità del suo gregge e non rappresenta un criptico sostegno a Putin.
Dal punto di vista ecclesiale, l’allontanamento del pastore è una ferita profonda per il suo popolo e, senza adeguati motivi, la decisione viola la costituzione del paese. Il vescovo Eugenio ha fatto sapere che intende guidare la sua Chiesa anche da lontano: «I due vescovi ausiliari in Estonia potranno esercitare, con la mia benedizione, i pieni poteri sulla nostra Chiesa. Per quanto mi riguarda, resto in contatto con loro e continuo a prendermi cura, seppur da lontano, della Chiesa che mi è stata confidata».
Ha sorpreso la rapidità di elezione del nuovo vescovo, Daniel Lepisk, di cui non si è sicuri delle tappe formative e di ordinazione (tonsura, archimandrita, presbitero ecc.). Una fretta dettata dalla partenza obbligata del vescovo Eugenio. Esito della politicizzazione del magistero di Cirillo e del suo assenso acritico alla guerra in atto.
Il nervosismo dei paesi Baltici verso la Russia continua a crescere. Il 13 febbraio il ministero dell’interno russo ha spiccato un mandato di arresto per il primo ministro estone Kaia Kallas, che ha risposto: «L’iniziativa della Federazione russa non mi sorprende. È la sua tattica abituale di intimidazione».
Mandati di arresto simili sono giunti a numerosi responsabili dei paesi baltici, tutti accomunati dall’accusa di «falsificazione della storia». I russi pretendono che il loro ruolo di liberatori dal nazismo costituisca il «canto fermo» delle relazioni e che ogni dubbio sulla loro azione politica consegni alla persecuzione le minoranze russe attive nei paesi viciniori del Baltico.