Lo sciopero di “Maria 2.0”

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Le donne cattoliche tedesche hanno attuato nei giorni scorsi uno sciopero di protesta, denominata “Maria 2.0”, per far pressione sui vescovi e, indirettamente, sul papa, per ottenere l’accesso agli ordini sacri del sacerdozio e del diaconato. Per sette giorni non hanno più messo piede in chiesa. Nonostante l’ampia adesione, il loro gesto è destinato tuttavia a non avere alcun successo, come spiega in un’intervista il canonista di Freiburg, prof. Georg Bier. Ha tuttavia il merito di esprimere un’inquietudine che riguarda il posto della donna in una Chiesa ancora troppo maschilista.

In Germania – come negli Stati Uniti e in altri paesi – già da diverso tempo si è accentuata la discussione non solo sul problema degli abusi nella Chiesa, ma anche sulla possibilità di consentire alle donne di accedere ai ministeri ordinati del sacerdozio e del diaconato.

Il problema ha avuto un momento culminante la scorsa settimana, dall’11 al 18 maggio, con lo sciopero delle donne cattoliche decise a non mettere piede in Chiesa per quei giorni, indetto dal movimento “Maria 2.0”, per protestare – come sostengono – contro «le intollerabili situazioni» presenti nella Chiesa cattolica circa gli abusi e la situazione delle donne, escluse dai ministeri ordinati.

Sciopero donne tedesche chiesa

L’iniziativa, nata nella diocesi di Münster, ha avuto un grande successo in tutte le diocesi della Germania, soprattutto fra le donne. Vi hanno aderito anche la Katholische Frauengemeinschaft  (KFD) e la Katholische Deutsche Frauenbund (KDFB), ma è stata scarsa – e lo si può capire – la partecipazione dei giovani.

Alle origini della protesta

Tutto era cominciato con una lettera aperta al papa in occasione del vertice sui minori del 21-24 febbraio scorso, in cui si denunciava il fatto degli abusi e del loro occultamento, ma si chiedeva anche l’accesso delle donne agli uffici ministeriali della Chiesa, l’abolizione del celibato obbligatorio e un ripensamento della morale sessuale della Chiesa più orientato verso la vita vissuta della gente.

Una delle promotrici dell’iniziativa “Maria 2.0”, Elisabet Kötter, ha affermato: «L’elogio delle donne è volentieri celebrato dagli uomini di Chiesa, ma poi decidono da soli dove le donne potrebbero mettere a frutto i loro talenti nella Chiesa. In mezzo a loro, essi tollerano solo una donna: Maria. Sul piedestallo. Quello è il suo posto. E deve solo tacere. Togliamola dal piedestallo e mettiamola in mezzo a noi, come sorella che guarda nella nostra stessa direzione».

Kötter e altrePiù decisa ancora Ruth Koch che, sul giornale della diocesi di Münster, scrive: «Da circa 2000 anni, nella nostra Chiesa cattolica, il settore maschile ha determinato la sorte dei fedeli, privando metà dell’umanità della possibilità di accedere all’uguaglianza, alla co-determinazione e ai ministeri nella Chiesa, con argomenti dei tempi antichi, a tutti i livelli, siano essi biologici, teologici o filosofici, non più accettabili.

Anche per questa ragione sono sicura che, per decenni, sono stati commessi abusi di potere, disprezzo e ferite, tollerati e dissimulati in nome di nostro Signore Gesù Cristo, il quale ci ha avvicinato a Dio e alla buona novella del suo amore incondizionato.

Cosa inaudita! Dove sta la nostra protesta? Certamente ora ci sono anche numerosi ecclesiastici che sono coinvolti nel trattamento e nella riparazione e chiedono e ed esigono un ripensamento anche del “problema delle donne”. È un fatto positivo, ma non basta. Noi donne siamo da lungo tempo educate ad essere buone e a sopportare, a servire e a sottometterci. È tempo che le cose cambino. Le donne stanno alla porta. La nostra protesta vuole essere variegata, pacifica, creativa e ferma, e femminile. Nascono le prime idee. Per la nostra fede, contro gli abusi, per una Chiesa credibile e paritaria».

L’opinione dei vescovi

La Conferenza episcopale tedesca ha respinto lo sciopero e gran parte dei vescovi si sono dichiarati scettici su questa iniziativa, pur ammettendo di capire l’inquietudine delle donne. Piuttosto – è stato sottolineato – ci vuole dialogo e meno sciopero.

Il vescovo Franz-Joseph Bode, presidente della commissione epsicopale per la famiglia, ha definito invece l’iniziativa “Maria 2.0”, un «buon segno».

Mons. Rudolf Voderholzer, vescovo di Regensburg – recentemente chiamato dal papa a far parte della Congregazione per la dottrina della fede – ha sottolineato: «Non si va avanti neanche di un millimetro se raffazzoniamo la storia per giungere poi alla conclusione di permettere il sacerdozio alle donne».

Un altro vescovo, mons. Ulrich Neymeyr, di Erfurt, ha dichiarato di ritenere possibile l’accesso delle donne ai ministeri ordinati. A suo parere, è teologicamente pensabile… Occorre perciò riflettere dal punto di vista teologico, cioè «fino a che punto il sacerdozio è riservato agli uomini per poter rappresentare Cristo. Cosa significa questa rappresentazione: fin dove arriva? Deve riferirsi anche al sesso?». Ma – ha aggiunto – la Chiesa tedesca per quanto riguarda questo problema è legata alla Chiesa universale, mentre in altre parti del mondo – per esempio nell’Europa dell’est – le donne preti sono «ancora assolutamente inimmaginabili». Il legame con la Chiesa universale qui da noi è «forse piuttosto una catena». Il vescovo si è anche dichiarato favorevole all’ordinazione dei cosiddetti viri probati.

Intervista al prof. G. Bier

Georg BierSul problema dell’ammissibilità delle donne al sacerdozio e al diaconato ha spiegato la ragione della loro esclusione l’esperto di diritto canonico, prof. Georg Bier, di Freiburg, in un’intervista a Volker Hasenhauer, apparsa sull’Agenzia KNA, sabato 18 maggio, che qui riprendiamo in una nostra traduzione.

– Professor Bier, quali leggi ecclesiastiche vietano l’ordinazione delle donne?

Il Codice di diritto canonico della Chiesa cattolica dichiara semplicemente nel can. 1024: «Riceve validamente la sacra ordinazione esclusivamente il battezzato di sesso maschile». Questo è tutto e, nello stesso tempo, è del tutto chiaro.

– Perché nell’attuale dibattito sembra possibile più un’ordinazione delle diaconesse che non un’ordinazione sacerdotale delle donne?

Perché c’è l’idea di una ordinazione differenziata per gradi. Di conseguenza, un’ordinazione diaconale è di grado inferiore rispetto a quella sacerdotale. Inoltre, le dichiarazioni autorevoli della Chiesa si riferiscono espressamente soltanto al divieto dell’ordinazione sacerdotale e non alle diaconesse. Tuttavia, nel 2001, la Congregazione per la dottrina della fede ha espresso un parere negativo anche sull’ordinazione delle diaconesse. Ma questo parere non ha il medesimo valore magisteriale del rifiuto del papa riguardante l’ordinazione sacerdotale. Qui, secondo alcuni, si troverebbe un punto di partenza per rendere possibile un’ordinazione delle diaconesse.

– Nello stesso tempo teologi e singoli vescovi hanno recentemente sollevato la questione se il documento autorevole sull’esclusione delle donne sia vincolante in maniera definitiva…

Il papa e l’autentico magistero intendono la lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis di Giovanni Paolo II, pubblicata nel 1994, chiaramente vincolante e definitiva. Il papa ha parlato di una dichiarazione dottrinale definitiva della Chiesa che non potrà mai più cambiare. Papa Francesco più volte si è associato ad essa e ha dichiarato che la porta a questo punto è chiusa.

– Ma…

Alcune teologhe e alcuni teologi e anche dei vescovi chiedono di indagare più a fondo se questa obbligatorietà sia da ritenere realmente definitiva. In effetti, Giovanni Paolo II ha dichiarato di parlare in maniera definitiva, cosa che è d’altronde unanimemente insegnata da tutti i vescovi. Ma molti si chiedono: poteva il papa in quel momento parlare realmente in maniera vincolante, perché era chiaro oppure non poteva farlo perché esistevano posizioni diverse tra loro?

– Ci sono casi in cui la storia ha cambiato decisioni papali presumibilmente definitive?

Per lo meno non negli ultimi 100 anni. Dobbiamo ricordarci che i concetti che sono in gioco – carattere vincolante e infallibilità – hanno ricevuto il loro significato attuale soltanto in seguito al concilio Vaticano I nel 1869-1870. Il dogma dell’infallibilità fu proclamato dopotutto soltanto nel 1870. Dove prima ci furono dei cambiamenti dottrinali, c’è da chiedersi se i contenuti fossero realmente stati precedentemente ritenuti con la stessa chiarezza e precisione, come il rifiuto dell’ordinazione delle donne secondo la consapevolezza dottrinale di oggi.

– Le attiviste di “Maria 2.0” chiedono ai vescovi a livello nazionale di fare pressione su Roma. Quali possibilità canoniche di dialogo della base o dei vescovi prevede il diritto canonico? C’è, per esempio, un diritto di iniziativa?

La legislazione è organizzata in maniera gerarchica-monarchica e affidata solo al papa. Nel caso, solamente il papa potrebbe cambiare qualche cosa. Ma il punto centrale del divieto dell’ordinazione delle donne è che non ci possono essere più cambiamenti da parte del magistero. Possiamo girarci intorno, ma ci troveremo nuovamente al punto di partenza, per poter mettere in dubbio i fondamenti dell’insegnamento di allora.

– Sarebbe pensabile una soluzione con speciali regole regionali?

No, nella concezione dottrinale non ci possono essere vie d’uscita per l’ordinazione. Questo si potrebbe immaginare per il celibato o per l’ordinazione degli uomini sposati. Infatti, su questi aspetti non esiste una dichiarazione del magistero che abbia la stessa qualità e ragione definitiva come nel caso dell’esclusione dell’ordinazione delle donne.

– In questo momento i conservatori di destra vedono Francesco sull’orlo del tradimento della fede e dell’eresia. Una decisione a favore delle diaconesse e delle sacerdotesse rafforzerebbe queste accuse?

A questo proposito occorre tenere presenti due posizioni. In primo luogo, si può dire che il papa possiede il potere supremo di decidere e perciò non può mai essere eretico. Pertanto, dove è lui, lì è la Chiesa. In secondo luogo, si potrebbe ipotizzare in teoria che il papa tradisca verità fondamentali della fede, come quelle del Credo. Un fatto del genere potrebbe essere definito, con qualche ragione, un’eresia. Ma nella questione delle donne non stiamo parlando di articoli dogmatici di fede, ma di interrogativi che riguardano piuttosto uno stile di vita.

– Consentire l’ordinazione delle donne creerebbe divisioni nella Chiesa?

Porterebbe a una lacerazione drammatica. Alcuni gruppi metterebbero radicalmente in discussione la legittimità del papa. Ma l’autorizzazione dell’ordinazione delle donne non sarebbe né eresia, né apostasia. L’affermazione che le donne non possono ricevere l’ordinazione non riguarda una verità di fede, ma una dottrina legata “soltanto”, tra virgolette, strettamente alle verità di fede.

– Come giudica la prospettiva di riuscita della protesta, sul piano nazionale, dell’iniziativa “Maria 2.0”?

A mio avviso, le proteste non possono raggiungere il loro scopo, perché secondo l’ermeneutica papale e magisteriale è stata detta l’ultima parola. Ma, allo stesso tempo, capisco anche il modo pragmatico di promuovere dei cambiamenti attraverso dimostrazioni.

 

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