Per carità, la neutralità è noiosa mentre le idee, le opinioni, le passioni, i punti di vista offrono sollazzo e sballo. Chi attribuisce questi piacevoli effetti solo alla marjuana o ad altre sostanze, non sa cosa si perde e quanta adrenalina giri nell’arena delle idee.
Così anche se non senti l’insopprimibile bisogno di celebrar messa dando le spalle ai fedeli vestito come san Carlo Borromeo in una tela del Cerano, tuttavia attendi e leggi ogni giorno Matzuzzi con gusto e gratitudine, pensi e sorridi in attesa della prossima dose di idee che anche se non condividi – anzi certamente non condividi, perché tu la pensi proprio in un altro modo, forse vivi in un altro mondo – però dai, è sempre bello discutere, che sballo.
I devoti de Il Foglio
È come il fragolino: un po’ tossico, ma un bicchierino fresco ogni tanto è un gran piacere. Gustoso seguire il filo dell’intelligenza e scervellarsi per cercare di capire chi è il monsignore informatore di questa o quella notizia, l’anonimo prelato latore di questa o quella opinione. Seguono spesso divertenti telefonate tra reverendi di vario grado.
Piacevole il ghirigoro dell’arguzia: aria fresca in un mondo stantio, quello clericale in genere e quello clericale conservatore in particolare, che, essendo affollato da persone molto insicure – quante prime donne sugli altari – è naturalmente sospettoso, suscettibile, permaloso.
Gli scritti da e per quel lato dell’universo clero di Matzuzzi, sono come cronache dal nostro inviato nel mondo dei pizzi e dei vecchi merletti, notizie pervenute dal naufrago sull’isola dei tricorni e dei piviali, dove abitano strane creature ben radicate nell’immaginario collettivo e un po’ meno nella realtà.
Resti perplesso quando tra gli entusiasti lettori di Matzuzzi, scopri non pochi di quelli che insistono fino allo strillo con occhio iniettato di sangue, nel sostenere che il sacro o addirittura la “vera messa” è solo lì dove l’odore della naftalina e dei vecchi cassetti bucati dai tarli si mischia a quello dell’incenso e dei paramenti di una volta.
Trovi qua e là anche qualche affermazione incomprensibile – come sbertucciare la presenza della rugiada nell’ultima edizione del Messale in lingua italiana: rorate coeli de super et nubes pluant justum, oppure rore sanctificas; o il post communio della Domenica di Pentecoste: et sui roris intima aspersione foecundet… non sono certamente versi di una canzone di Sequeri, né provengono da un qualche colore di Gen – ma vabbè, nessuno è perfetto.
Il punto è che da tempo le cose sono cambiate, da un po’ di settimane, mesi, è tutto uno sbattere di porte, un rumore insistito di chiavi che serrano con nervosismo l’uscio, come nel mezzo di una litigata isterica, di una piazzata. “Ma come? Ma non era il Papa del chi-sono-io-per-giudicare, quello premiato dalla rivista americana rivolta ai lettori lgbt The Advocate come l’uomo dell’anno nel 2013? Sì, era lui. Problema” (Matzuzzi, Il Foglio, 16.03.21).
Cose del genere. Tante cose del genere. Ci manca l’aggiunta di “gnè gnè gnèe” all’inizio e alla fine della frase, come facevamo da bambini cantilenando in cortile per prendere in giro i perdenti a guardie e ladri e avremmo: “gnè gnè gnèe, il papa ha detto no alle benedizioni gaaay, gnè gnè gneè… avevo ragione io, tiè”.
Il bello della Notizia
E invece il bello è quando dalla porta o se volete tra le righe, filtra una lama di luce, uno spiraglio o se si preferisce un’ombra, che incuriosisce e invita ad andare un po’ più in là, ad affacciarsi su un oltre. Un po’ più in là.
Anche se si parla di paramenti, di riti, di tradizioni, di traduzioni, di opinioni religiose e di prospettive persino teologiche, stiamo parlando di Nostro Signore Gesù Cristo, figlio di Dio condannato a morte per bestemmia e crocefisso tra due ladroni per aver detto che Dio è amore. Giustiziato e annoverato tra gli empi per aver sostenuto che Iddio si adora in spirito e verità e non in questo o quel tempio, né su questo monte né a Gerusalemme.
Un po’ più in là, suvvia. Stiamo parlando di Nostro Signore Gesù Cristo, che ha detto che a chi molto ama si perdona molto, a chi ama poco si perdona poco. Stiamo parlando di Nostro Signore Gesù Cristo, che ha detto che l’uomo viene prima del sabato.
Un po’ più in là, molto più in là. Stiamo parlando di Nostro Signore Gesù Cristo, che ha amato talmente tanto la vita umana “da inghiottire perfino la morte” in quell’amore che di più grandi in giro non se ne trovano: dare la vita per i propri amici.
Il bello, bellissimo è quando c’è un poco di autoironia – oltre che un poco di Gesù Cristo – segno di intelligenza l’autoironia e si dice persino di santità. Ora invece una riga sì e l’altra pure, ecco il mantra sparato lì con il tono di un plotone di esecuzione – Roma locuta, causa finita – sbam, porta in faccia.
Voi ignavi e pavidi…
Il papa l’ho capito solo io, vedete: leggete qui, non avete capito bene voi progressisti, sapete leggere? Enzo Bianchi io l’avevo detto. Sbam, doppio colpo con rinculo e porta in faccia. L’ossessione per il sinodo tedesco e lo scisma: sbam, sbam, porta in faccia e rumore accanito di chiavistelli, che chiudono fuori l’eretico che si chiama pur sempre Marx, anche se è un cardinale.
Reazione superman e kryptonite per tutto ciò che proviene dalla Compagnia di Gesù: sbam, altra porta in faccia, qui con botto tipo tuono apocalittico e forse qualche parolaccia in finale, seppur sottovoce.
Tutto questo sbattere di porte e questo volare di paramenti – per restare in tema – ha raggiunto livelli da overdose, sembra il riassunto di una telenovela inguardabile, viene voglia di volgere lo sguardo altrove, anche perché la Chiesa di tutti i giorni, quella davanti a casa, la parrocchia, proprio non è così.
Mai una parola non dico di simpatia, ma nemmeno di considerazione, di segnalazione, mai un certificato di esistenza in vita che dica delle tante, tantissime comunità cristiane che vivono il vangelo e la fede senza fanatismi, senza guru e pregano, celebrano i sacramenti – i santi segni – con dignità e persino bellezza e massì: credono.
Mai una parola sulle chiese piene, pienissime di persone di tutte le età, che ci sono da nord a sud dell’Italia e anche altrove in giro per il mondo. Dal punto di vista statistico i cattolici non sono mai stati così tanti, al mondo.
Però se una chiesa viene venduta e trasformata in un bar nella vecchia Europa – e magari a venti metri c’è una parrocchia funzionante e aperta alla preghiera, ma di questa nulla si dice – subito si accende l’allarme: chiesa venduta e trasformata in bar, anzi peggio in moschea, e si attacca con la danza macabra del o tempora o mores.
Ci sono borghi in Italia e in Europa dove c’è un edificio di culto cattolico ogni cinquanta metri: non è evangelizzazione, è colonizzazione architettonica. Viene in mente il Texas “infestato da Cristo”, di Flannery O’ Connor (ma sbam anche qui: piace troppo a padre Spadaro). Inutile mettersi lì a spiegare che molti edifici ecclesiastici erano ad uso devozionale, non si celebrava tutti i giorni, ma solo in alcune ricorrenze: no, parte l’urlo scomposto sulla scristianizzazione galoppante.
Inutile ricordare che la Chiesa si dice indefettibile, ma non che sia indefettibile in Europa. Il cristianesimo è migrante per sua natura, ma anche questo infastidisce. Riferirsi al Nuovo Testamento e alle Chiese fondate da san Paolo, che non esistono più? Potrebbe essere un’idea, ma non celebravano con il rito tridentino e per questo sono poco convincenti per il lato Matzuzzi della Chiesa.
Il cristianesimo senza pietà
Mai una parola di perplessità sul cristianesimo senza Cristo e senza vangelo, sul cristianesimo senza misericordia e senza simpatia per l’umano.
Mai una presa di distanza sul rosario utilizzato come disinfestante anti-islamico, sul crocefisso brandito come un manganello in certa Polonia o in certi paesi ortodossi, sulla Bibbia impugnata come un mattone per percuotere il diverso di turno (boy erased).
Mai, mai, mai una parola sul cuore ferito, straziato di uomini e donne credenti che vivono la fine di una relazione, trafitti dal dolore della propria o altrui fragilità e vengono esclusi fino alla morte dai sacramenti. Anzi: daje contro l’Amoris laetitia. Ci si scandalizza per la ridicolizzazione del cristianesimo, ma mai una parola critica sul cristianesimo ridicolo, su quel polpettone di medagliette, statue in plastica che sembrano Gargamella, fenomeni paranormali, devozioni lugubri, minacce e ignoranza amplificato da ben noti ripetitori.
Mai una parola di misericordia o di umanità su quella fetta di mondo che ogni giorno viene additata, malmenata e persino uccisa al grido di “frocio-lesbica-puttana-troia-pervertito-ricchione”. Niente da fare.
Esiste solo la foto in bianco e nero della festa patronale anni cinquanta, il fotogramma della processione intercettato nel documentario sulla “gloriosa” Chiesa del passato, questa la luce che orienta e si deve fare di tutto per tornare a quel momento lì, perché le figlie di Maria vestite come piccole spose tutte in fila, quello è il punto altissimo e insuperabile di espressione della fede, altro che il Proslogion di sant’Anselmo.
I prelati che indossano la cappa magna – dodici metri di coda di raso – che avvolge e condecora l’alto clero dal vescovo in su, sorretta da chierici caudatari, non è uno scherzo, guadagnano anche prestigio e autorità teologica. Se non fai così non hai il senso del sacro! Sbam, altra porta sbattuta in faccia ed è il botto finale.
E venne nelle latrine del mondo
Giovanni Testori nel suo capolavoro in milanese In Exitu racconta che Gesù appare in una latrina della Stazione Centrale di Milano, per offrire amore senza se e senza ma a Riboldi Gino – prima il cognome poi il nome, un marginale, un tossico che si prostituisce per comprare la roba – e per accoglierlo in paradiso.
Poco prima di spirare crollando sul water della tutankamonika stazione, Riboldi Gino dice così:“Le di lui mani, sì! V’eran due. Sui palmi. Buchi due. V’eran. El m’ha ciappà in di so brasch, mama! Mi stringevan su, papà! Pussè ammò de quand te me basàvet ti, mamma! Pussé!” (“Le sue mani, sì: avevano due buchi sui palmi. E mi ha preso tra le sue braccia, mamma. Mi ha stretto tirandomi su, papà. Ed è stato ancora più bello di quando tu mi baciavi, mamma. Ancora di più. Di più”).
Diciamo qualcosa di cristiano, anzi, qualcosa proprio proprio di cattolico: è meglio il cesso di Testori, che il paradiso dei Matzuzzi.
Ecco, il cazzeggio da oratorio è proprio l’aspetto più insopportabile del cattolicesimo. Almeno tra adulti bisognerebbe evitarlo sempre. Certo che Cristo tra i due ladri continua a dire che Dio è amore, ma non lo cinguetta come una annunciatrice new age, lo fa urlando per le carni straziate, confessando al padre che non ce la fa più, che il sacrificio è insopportabile…
La pietà e l’amore per tutti gli uomini è un marchio di fabbrica di Cristo Gesù.
Ciò non significa che ognuno di noi può sollazzarsi nei suoi vizi e nei suoi peccati.
Parlo ovviamente solo per me che sono il peggiore di tutti.
Se incontrassi un prete o un vescovo, in cappa o senza cappa, che mi dicesse che si, che posso peccare, che posso fare qualsiasi cosa a me e agli altri, che tanto andrò comunque in Paradiso allora si che sarei felice.
Questo vogliamo?
La fine del desiderio di non peccare più.
A questo siamo: si odia il peccatore pur di amare il peccato.
Questo non è amore.
Un tale concentrato di idiozie rancorose non fa bene all’autore. Preghi di più.
Bellissimo!
Finalmente un articolo che leggo tutto d’un fiato e alla fine mi accorgo di avere le lacrime agli occhi ! Questa è Chiesa e questo è essere Cristiani nel nostro mondo !!
Aria pulita. E non conoscevo In exitu (mea culpa). Grazie!
Grazie per l’immeritata attenzione. Ogni opinione è bene accetta perché “aiuta”. Ci tengo solo a fare alcune precisazioni: 1) Non ho mai partecipato a una messa in latino in vita mia, per cui non ho mai avuto l’opportunità di vedere un tricorno “in azione”. Essendo nato più di vent’anni dopo la fine del Concilio, però, ho partecipato a parecchie messe con chitarre e bonghi, cantando “Resta qui con noi” e non il gregoriano antico. E sempre con gioia sincera. 2) Non ho mai ballato “danze macabre” per la trasformazione di chiese in moschee. Mi stupisco le sia sfuggito, sul Foglio, il mio articolo in cui si scriveva che la trasformazione di S.Sofia in moschea aperta al culto è tutto sommato lecita e coerente con gli sviluppi storici. 3) Essendo lei lettore del Foglio, poi, mi sorprende non si sia imbattuto nelle paginate (non articoli, ma pagine intere) sulla fede vivace nelle piccole comunità a Taiwan e in Mongolia. 4) Dare la voce a tutti: durante i Sinodi sulla famiglia diedi spazio a chi diceva A e a chi diceva B, tant’è che ci fu chi disse che era “bilancino da tribuna politica”. 5) Nostalgia della “Chiesa gloriosa del passato?” La penso esattamente all’opposto, tant’è che proprio sulla “crisi” di una fede-pura ritualità, ho scritto più volte.
Mi sembra insomma che lei metta assieme parecchie cose ma non sempre con coerenza, arrivando anche a tirare conclusioni un po’ avventate su quel che penserei e farei io (il che è rischioso, ammetterà). Mi sembra azzardato.
In ogni caso, la ringrazio per il contributo.
Diciamo che se si lavora e si vuol continuare a lavorare per un giornale è necessario scrivere e sostenere certe tesi; e questo vale per tutti, per i redattori del Foglio come per quelli del Corriere o che so io, di Repubblica. Se si prova a cantare fuori dal coro si viene cortesemente fatti anche accomodare fuori dal coro.
Poi indubbiamente nello specifico basta leggere il Foglio, e lo dico col massimo rispetto, per comprendere quale sia l’orientamento di questo giornale sui temi dei quali stiamo parlando.
Grazie.