Saluto e introduzione dell’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, al Requiem di Giuseppe Verdi nel Duomo di Milano. Il concerto, in ricordo dei morti della diocesi milanese per la pandemia, si è tenuto venerdì 4 settembre alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Milano presenta questa sera le sue ferite. Perché la città e questa terra lombarda sono state ferite, duramente provate da questa pandemia e dalla drammatica situazione che si è creata.
Questa terra porta qui stasera le sue ferite, i suoi troppi morti, i troppi malati. Le ferite di questa terra sono anche le umiliazioni dell’impotenza, mentre c’era una certa presunzione di onnipotenza; anche gli smarrimenti dei pensieri, degli scienziati, dei maestri, mentre c’era una certa abitudine a ritenere di avere soluzioni per tutto e per tutti.
Le ferite di questa terra sono state anche le meschinità delle beghe, le banalità dei discorsi, le contrapposizioni pretestuose, mentre sarebbe necessaria una alleanza, una coralità per affrontare insieme le sfide e le lacrime di questo tempo.
Questa terra esprime questa sera anche la sua fierezza. Perché questa terra lombarda e questa città sà raccogliere le forze e far fronte. In questa sera la fierezza di questa terra trova le sue buone ragioni nelle eccellenze che la caratterizzano: la Scala e il Duomo attestano e alludono a tutto quanto di meraviglioso questa terra sa produrre in arte, scienza, efficienza.
Questa terra può essere fiera per l’eccellenza della sua gente, per gli eroismi che anche nei momenti drammatici si sono moltiplicati, per le forme di solidarietà che hanno fatto tutto il possibile per non lasciare nessuno da solo, per la dedizione esemplare al proprio dovere, anche molto oltre quello che è dovuto.
Questa terra dice questa sera anche la sua preghiera. Canta e prega perché sa di avere un Padre nei cieli che ascolta e consola. Canta e prega perché sa di aver molto ricevuto e sa di non bastare a se stessa, di non potersi dare la vita e di non poter sconfiggere la morte. Canta e prega perché i cristiani che da secoli abitano questa terra professano la certezza che la morte è stata vinta e che la solitudine non è l’inevitabile destino.
Milano è grata per questo evento. È grata al Teatro della Scala, alla Veneranda Fabbrica del Duomo, all’Amministrazione comunale, a tutte le autorità e competenze che hanno reso possibile questo evento. È grata soprattutto a Lei, Signor Presidente, perché la Sua presenza esprime stasera, come ha già fatto in molte altre occasioni, di essere vicino alla gente e alle terre più tribolate, di avere una parola sapiente, incoraggiante, capace di creare consenso.
Grazie, Signor Presidente, grazie, Signor Sindaco, grazie a tutti. Io mi faccio voce di Milano e di questa terra lombarda per condividere le ferite, la fierezza, la preghiera.