Il narcisismo è un concetto ampiamente utilizzato e una metafora appropriata che rappresenta uno stile di vita sempre più diffuso tra le persone dell’Occidente negli ultimi decenni, soprattutto nell’era dei social media. Nel contesto culturale contemporaneo, il narcisismo è un tratto della personalità diffuso e significativo che influenza il modo in cui le persone si rapportano a se stesse e agli altri, e svolge un ruolo rilevante nelle loro relazioni personali, compresi i ruoli come il ministero presbiterale.
Il meccanismo del narcisismo è presente, in varia misura, in tutte le persone. In altre parole, siamo tutti un po’ narcisisti, ma in modi diversi. Non tutti, però, sviluppano un disturbo narcisistico di personalità, che si verifica quando i tratti narcisistici diventano così predominanti da interferire con la vita mentale e relazionale complessiva.
Il narcisismo ci costringe a confrontarci con domande scomode: quanto valiamo? Quanto ci importa del giudizio altrui? Cerchiamo costantemente di sentirsi importanti? Siamo invidiosi? Usiamo gli altri per i nostri scopi? Li disprezziamo, li seduciamo, li temiamo? Siamo gentili solo per ottenere approvazione?
Forme
Affrontando queste domande sin da giovani, spesso in relazione a come siamo stati educati, possiamo sviluppare caratteristiche come l’arroganza, la pretesa, la mancanza di empatia, la manipolazione o la convinzione di meritare un trattamento speciale. D’altra parte, possiamo diventare timidi, ansiosi riguardo al giudizio degli altri, vulnerabili alla critica, imbarazzati per chi siamo e invidiosi di ciò che non possediamo. Questi sono due aspetti opposti della stessa medaglia.
In base alla natura della relazione tra questi due poli, possiamo distinguere due forme di narcisismo: il narcisismo centrifugo, che si manifesta nell’orientamento verso gli altri con l’idea di influenzarli, e il narcisismo centripeto, che parte dall’altro e comporta una sensibilità e una dipendenza dalle opinioni altrui[1]. Entrambe queste forme possono avere aspetti disfunzionali, se portate all’estremo.
È importante sottolineare che in entrambi i casi, vi è una dipendenza tra il sé e l’altro, con la differenza che nel narcisismo centrifugo il sé domina l’altro, mentre nel narcisismo centripeto è l’altro che domina il sé.
Un segno importante della qualità delle relazioni con gli altri è l’empatia, ovvero la capacità di mettersi nei panni di qualcun altro e condividere i suoi sentimenti. Le persone in cui prevale il narcisismo centrifugo spesso possiedono una forte empatia. In molti casi, queste persone usano la loro empatia per genuina preoccupazione per il benessere altrui, ma talvolta la sfruttano per manipolare gli altri o cercare di ottenere ammirazione.
Celebrazione del sé
Il narcisista si trova in un equilibrio delicato tra una sana autostima e una celebrazione patologica di sé. Il narcisismo è un concetto complesso, con molte sfumature. Circa trent’anni fa, lo psicoanalista Herbert Rosenfeld distinse tra narcisisti “a pelle spessa” (che sono grandiosi, sicuri di sé e spesso svalutanti) e quelli “a pelle sottile” (che sono fragili, timorosi delle critiche e preoccupati di non piacere abbastanza).
Entrambi i tipi di narcisisti condividono una posizione egocentrica, scarsa considerazione per gli altri, fantasie di grandezza e sentimenti di invidia e inautenticità. Tuttavia, il narcisista a pelle spessa riflette tratti legati a un comportamento aggressivo e dominante, mentre il narcisista a pelle sottile nasconde una grandiosità interiore minata dall’insicurezza. I narcisisti a pelle sottile sono molto sensibili alle critiche e feriscono facilmente il loro amore proprio, mentre quelli a pelle spessa temono di provare tali sentimenti.
In una società spesso descritta come “narcisistica”, dove l’ostentazione e l’autopromozione sono incoraggiate, è difficile distinguere tra un narcisismo sano e patologico. Per fare questa distinzione, è necessario valutare la qualità delle relazioni, la sincerità dell’amicizia, la generosità nell’amore e la capacità di tollerare le frustrazioni e perdonare le imperfezioni, sia proprie che altrui. È importante notare che le persone con disturbo narcisistico di personalità spesso non sanno amare o far stare bene coloro che le circondano.
Il narcisismo è intrinsecamente legato alle relazioni, poiché la percezione di sé e l’interazione con gli altri sono strettamente intrecciate. Mentre il mito classico di Narciso parla di una persona che osserva il proprio riflesso nell’acqua, il narcisismo moderno riguarda la percezione immaginaria di sé attraverso gli occhi degli altri. Il narcisismo è fondamentalmente una questione relazionale, poiché coinvolge il sé e l’altro.
Narcisismo e ministero
Il narcisismo ha un impatto significativo sul comportamento professionale, specialmente quando si tratta del ministero presbiterale. Esistono tre prospettive principali su come affrontare questa relazione. In primo luogo, si può esaminare la diffusione del narcisismo tra i presbiteri e la loro identificazione con la Parola di Dio. In secondo luogo, si può considerare come il narcisismo influenzi la percezione di sé dei ministri ordinati, specialmente quando si sentono al di sopra degli altri. Infine, si può esaminare come i presbiteri gestiscono il loro narcisismo, soprattutto quando affrontano inevitabili delusioni nella loro carriera ecclesiastica. La trasformazione del narcisismo può portare a un miglioramento della qualità del ministero.[2].
I pastori equilibrati non dimostrano particolare preoccupazione per il narcisismo. Questo significa che non sono fortemente influenzati né dagli aspetti negativi né da quelli positivi associati al narcisismo. Di conseguenza, non tendono a sopravvalutare se stessi, a fraintendere le motivazioni degli altri o a esagerare le loro prestazioni ministeriali.
Un sondaggio condotto tra i pastori olandesi è stato utilizzato come base per creare una tipologia di quattro stili narcisistici: equilibrato, vulnerabile, non mascherato e mascherato[3]. Il narcisismo è un tratto che può essere rilevato sia nei pastori che nella loro identificazione con il ministero.
Sembra che i narcisisti siano più comuni nella professione clericale. Queste personalità spesso desiderano piacere a tutti, credono che tutti dovrebbero ammirarli e sono convinti di non fare mai errori. La loro attenzione è prevalentemente rivolta all’immagine e all’apparenza, proprio come il mito di Narciso, e questo comporta una notevole mancanza di empatia e una difficoltà a comprendere gli scherzi o a ironizzare su se stessi.
I danni causati dai sacerdoti narcisisti alla Chiesa e ai fedeli a loro affidati sono significativi. Queste personalità spesso non riescono a empatizzare con le persone a causa della loro mancanza di empatia e tendono ad avere seguaci sottomessi. Inoltre, spesso non riescono a trasmettere l’amore di Dio e considerano Dio come un “rivale”. Dedicheranno anche poco tempo alla preghiera e allo studio.
I narcisisti tendono a cercare l’attenzione e ad esibirsi nella liturgia, utilizzando vari mezzi, a seconda dell’ambiente in cui si trovano. Papa Francesco ha messo in guardia i futuri preti dall’autocompiacimento, dall’amore eccessivo di sé stessi e dall’auto-referenzialità, sottolineando l’importanza di essere uomini di relazione e di servizio[4].
Amabilità incerta
Il narcisista vive con un profondo dubbio sulla sua amabilità, che lo porta a spostare il centro dell’identità all’esterno, concentrando l’attenzione sull’immagine che proietta sugli altri e sui successi che ottiene. Questo lo rende dipendente dall’approvazione e sensibile ai segni di apprezzamento, ponendo grande enfasi sull’aspetto esteriore. Il narcisista si innamora dell’immagine di sé, non del proprio io reale.
Il prete narcisista, ossessionato dal dubbio sulla sua amabilità, può affrontare problemi affettivi derivanti dalla sua ricerca costante di positività. Questi problemi affettivi possono includere crisi emotive, relazioni compromesse o il perseguimento di una castità formale, non come espressione sincera, ma come segno di autosufficienza. La verginità potrebbe tradursi in atteggiamenti autoritari, prepotenti e sottili desideri di consenso e lusinghe, nonché una tendenza a cercare approvazione soprattutto da parte del pubblico femminile.
Il celibato non è una scelta adatta per individui deboli o egocentrici. In particolare, il narcisismo è un aspetto problematico nella scelta e nell’ordinazione di nuovi sacerdoti. La professione del prete può essere una tentazione irresistibile per i narcisisti, poiché permette loro di indossare abiti cerimoniali e tenere prediche in cui non possono essere contraddetti, soddisfacendo così il loro desiderio di ammirazione.
Un prete deve possedere una mentalità opposta, concentrandosi sulle esigenze e sul benessere degli altri anziché su se stesso. Deve andare oltre l’egocentrismo e il narcisismo, gioendo della crescita e della realizzazione altrui, anche se ciò significa che gli altri si allontanino per diventare se stessi. Questo passaggio è fondamentale.
Viviamo in un’epoca in cui il clero stesso non è immune dal diffuso tratto narcisista della cultura contemporanea. Dobbiamo prestare attenzione e riconoscere i rischi del narcisismo tra i membri del clero. La sovrastima della vocazione sacerdotale e la tendenza a concentrarsi su se stessi possono portare i chierici a diventare insensibili alla propria fragilità e a sviluppare atteggiamenti di dominio all’interno della Chiesa.
Il narcisismo tra il clero è un problema insidioso. Queste personalità spesso cercano costantemente approvazione e adulazione, mancano di empatia e manipolano gli altri per soddisfare i propri bisogni egoistici, lontani dall’immagine del Cristo Buon Pastore.
Esercizio del ministero
I segni del narcisismo tra il clero includono un processo decisionale centrato su se stessi, impazienza e mancanza di capacità di ascoltare gli altri, delega con limiti e scarsa autorità, un senso di diritto, paura della minaccia da parte di altri individui talentuosi e un costante bisogno di essere il migliore[5]. Questi segni sono spesso accompagnati da incapacità di formare relazioni significative, mancanza di umorismo, empatia e proporzioni, rabbia inspiegabile e tendenza alla menzogna patologica. La vulnerabilità narcisistica si riflette in un atteggiamento difensivo caratterizzato da sarcasmo al posto del sano umorismo.
Un ricercatore olandese[6] ha suddiviso i pastori in quattro gruppi, tra cui quelli con una forte predisposizione a vivere la religione come uno stile di vita, quelli che cercano un equilibrio tra fede e dubbi, quelli che hanno bisogno di aiuto per modellare la loro fede e i pastori narcisisti che cercano nella religione sostegno e sicurezza.
Il ministero può diventare una fonte di approvvigionamento narcisistico attraverso il potere e il rispetto automatico conferito al clero. Alcuni individui possono vedere il ministero come il luogo ideale per soddisfare il loro desiderio di autorità e influenza, manipolando la religione a fini egoistici.
Oggi, la vita spirituale sembra sempre più basarsi sull’ascolto delle narrazioni individuali e sull’esperienza interiore piuttosto che sul confronto comunitario e personale dei testi biblici. Questa tendenza ha portato a un “narcisismo spirituale” che riflette il “narcisismo culturale”, spingendo le persone a concentrarsi su se stesse a scapito del senso di comunità.
Oggi, si osservano pubblicazioni che promuovono una spiritualità con radici psicologiche ed antropologiche. Questi scritti affrontano tematiche come l’autocura, la comprensione dei limiti, la guarigione interiore e il benessere personale. Questi temi attingono spesso alle scienze umane. Tuttavia, queste pubblicazioni non raggiungono la profondità delle grandi virtù morali, come l’integrità, il coraggio e la tenacia, insegnate da pensatori come Mounier e Guardini. Invece, si concentrano su stati emotivi come la fragilità, il garbo e l’umorismo. L’uso di riferimenti a Gesù Cristo o ai brani biblici è spesso solo un modo per confermare un concetto centrale che è autonomo dalle Scritture evangeliche.
Nella devotio moderna, la pratica religiosa era centrata sul culto dei santi o su pratiche di devozione. Nella devotio post-moderna, invece, l’io diventa il vero oggetto di venerazione, il benessere psicospirituale personale diventa il focus principale, e la soddisfazione dei desideri personali diventa la forma di preghiera predominante. In questo contesto, la liturgia viene considerata come un atto di contemplazione di sé stessi piuttosto che come un incontro con il sacro[7].
È fondamentale che i sacerdoti comprendano che la maggior parte dei cattolici partecipa alla messa per incontrare Gesù Cristo e non per entrare in sintonia con la psicologia specifica del celebrante. La loro ricerca è guidata da un desiderio di esperienza del sacro e del bisogno di umiltà, elementi spesso assenti nella cultura popolare.
Alcune persone manifestano un eccessivo bisogno di ammirazione e lode, cercando costantemente di evitare le critiche. Questo comportamento è spesso associato a una ricerca di attenzione e può riflettersi nella gestione delle pratiche liturgiche. Si osservano casi di “fai-da-te liturgico”, in cui i sacerdoti introducono variazioni e abusi nelle parole e nei gesti liturgici in modo non conforme alle norme[8].
Tante persone cercano visibilità per riempire un vuoto interiore, chiedendo costantemente conferme. Questo atteggiamento può portare a un mondo in cui tutti cercano di attirare l’attenzione degli altri senza preoccuparsi di amare gratuitamente il prossimo, creando un mondo privo della gratuità dell’amore[9].
Anche i Padri della Chiesa identificavano il narcisismo con la superbia, considerandolo il peccato per eccellenza. Questa forma di idolatria, che ha trovato espressione nell’era ipertecnologica odierna, ha portato al culto dell’io al posto del culto di Dio. Questo potrebbe essere considerato il peccato predominante della nostra epoca: l’egocrazia o l’iocrazia, come affermato da Lacan, che coinvolge anche il clero.
[1] Cfr. H. Ettema-H. J. Zondag, De Nederlandse Narcisme Schaal, in “De Psycholoog”, 37(5), 2022.
[2] Cfr. R. Randall, Pastor and Parish. The psychological core of ecclesiastical conflicts. New York 1988, Human Sciences Press,
[3] Cfr. H. Zondag, Involved, loyal, alienated, and detached: The commitment of pastors. In “Pastoral Psychology”, 49 (2001), 311–323.
[4] Cfr. Francesco, Discorso alla comunità del Pontificio Seminario Regionale Pugliese Pio XI, 10 dicembre 2016.
[5] Cfr. C. Williford-C. Williford, How to treat a staff infection: Resolving problems in your church or ministry. Grand Rapids, MI: Baker Books, 2006, pp. 104-110.
[6] Cfr. H. Zondag, Involved, loyal, alienated, and detached: The commitment of pastors. In “Pastoral Psychology”, 49 (2001), 311–323.
[7] Cfr. G. Boselli, Il “narcisismo spirituale, in “Vita pastorale”, febbraio 2022.
[8] Cfr. Paul e Daniel C. Vitz, Messing with the Mass: The problem of priestly narcissism today, in “Homiletic and Pastoral Review”, novembre 2007.
[9] Cfr. Francesco, Udienza, mercoledì 14 giugno 2017.
È un problema molto diffuso tra la gente e il clero ne è parte. Non c’è da meravigliarsi. Bisognerebbe indicare i modi per uscirne, le soluzioni, le risposte al problema.
Credo si debba lavorare sul legame ministero e potere, specie in relazione ai generi
Il concetto di narcisimo mi sembra non descriva bene il fenomeno di esposizione e di conferma così diffuso.
Narciso era indifferente al prossimo, disdegnava l’amore di Eco e gli era sufficiente la contemplazione di se stesso.
I tratti caratteristici di un narcisista sono mancanza di empatia e difficoltà di relazione che, al contrario, sono presenti in quanti cercano o hanno bisogno dell’approvazione e del sostegno degli altri per sostenere una personalità fragile.
Questi fenomeni sono espressione di esibizionismo o vanità, ma considerarli tutti e indistintamente narcisisti, non è corretto e ne inficia l’analisi e, cosa più grave, la diagnosi e le soluzioni.