Dopo l’espulsione del nunzio e dei Missionari della Carità, l’arresto di alcuni preti, l’impedimento a fedeli e sacerdoti di partecipare a funzioni religiose, la chiusura delle radio cattoliche diocesane e di progetti caritativi ed educativi, l’aggressione del regime di Ortega contro la Chiesa cattolica in Nicaragua ha raggiunto questa settimana un suo nuovo apice con l’arresto del vescovo di Matagalpa mons. Rolando Alvarez.
Il vescovo si era rifiutato di chiudere la sede locale della radio cattolica, come imposto dal governo, e alcuni fedeli avevano cercato di impedire il sequestro delle apparecchiature necessarie alle trasmissioni. Per quasi due settimane, un cordone di polizia aveva accerchiato la Curia diocesana al cui interno si trovavano mons. Alvarez con alcuni collaboratori.
In un comunicato della polizia del 5 agosto, si affermava che mons. Alvarez era sotto indagine a motivo del suo “tentativo di organizzare gruppi violenti di protesta, provocare una situazione di caos e disordine, con lo scopo di destabilizzare lo stato nicaraguense e attaccare le autorità costituzionali”.
La repressione di qualsiasi forma di opposizione al governo Ortega, con in capo la Chiesa cattolica locale e i media, si è ulteriormente inasprita dopo le proteste del 2018 in cui si chiedevano le dimissioni di Ortega ed elezioni trasparenti e democratiche. In seguito a questo, nel 2019 il Vaticano aveva fatto uscire dal paese il vescovo ausiliare di Managua, mons. J. Baez, per timori riguardanti la sua incolumità.
Attualmente, pare che mons. Alvarez si trovi agli arresti domiciliari nella capitale, mentre le altre persone presenti in Curia, arrestate anche loro, sono state trasportate nei pressi della prigione politica di El Chipote.
Il cardinal L. Brenes, arcivescovo di Managua e presidente della Conferenza episcopale, ha avuto occasione di incontrare mons. Alvarez dopo il suo arresto, mostrandosi preoccupato per la sua condizione fisica.
Molti i segnali e le missive di solidarietà provenienti da altre Chiese locali, anche europee – tra cui ricordiamo le lettere del cardinal Omella, presidente della Conferenza episcopale spagnola, e del cardinal Zuppi, presidente della CEI.
Omella ha espresso profonda preoccupazione per il “grave deterioramento dei diritti umani in Nicaragua”, definendo l’arresto di mons. Alvarez come un “rapimento” compiuto dalle forze di polizia su mandato del governo Ortega. “Circostanze e contesto di questi arresti sono davvero preoccupanti, perché avvengono in un momento di grave deterioramento dei diritti umani nel paese” – ha affermato Omella.
Infine, Omella ha chiesto con forza “la liberazione di tutte le persone che erano con mons. Alvarez e, in generale, di tutte le persone che attualmente stanno patendo una grave mancanza di libertà” in Nicaragua.
Nella sua lettera al card. Brenes, il presidente della CEI cardinal Zuppi esprime la solidarietà e preoccupazione della Chiesa italiana: “nelle ultime settimane abbiamo seguito con preoccupazione le decisioni assunte del governo nei confronti della comunità cristiana, attuate anche attraverso l’uso della forza ad opera delle forze militari e di polizia. Ultimamente abbiamo appreso dell’arresto di S.E. Mons. Rolando José Álvarez Lagos, Vescovo di Matagalpa, insieme ad altre persone, tra cui sacerdoti, seminaristi e laici. Si tratta di un atto gravissimo, che non ci lascia insensibili e che ci induce a tenere alta l’attenzione su quanto accade a questi nostri fratelli nella fede.
Le circostanze e il contesto di tali arresti destano particolare apprensione non solo perché prendono di mira i cristiani a cui è impedito il legittimo esercizio del proprio credo, ma perché si inseriscono in un momento in cui i più elementari diritti umani appaiono fortemente minacciati”.
In un comunicato, i vescovi salvadoregni deplorano la situazione sociale e politica del Nicaragua e condividono “il dolore di questo popolo nobile, laborioso e sofferente, che aspira con forza a vivere in un clima di pieno rispetto dei propri diritti fondamentali per raggiungere una vita dignitosa, secondo il regno della vita che Cristo è venuto a portare e che è incompatibile con qualsiasi tipo di situazione disumana”.
Il segretario generale dell’ONU, A. Guterres, ha definito l’arresto di mons. Alvarez come un segno ulteriore di una preoccupante e crescente “ostruzione dello spazio pubblico e civile” in Nicaragua per opera del regime Ortega – chiedendo, inoltre, il rilascio immediato di tutti i prigionieri politici, detenuti illegalmente e in forma del tutto arbitraria.
Nella stessa giornata dell’arresto di mons. Alvarez, il segretario del Pontificio Consiglio per l’America Latina, Rodrigo Guerra Lopez, ha affermato che il “papa è ben informato su tutto quello che sta accadendo in Nicaragua (…). E che il silenzio del papa finora non significa inattività o mancanza di decisione, ma che si sta lavorando ad altri livelli. E quando il Santo Padre lo riterrà opportuno, interverrà, naturalmente”.
E un primo esplicito intervento di papa Francesco lo si è avuto oggi al termine dell’Angelus: “Seguo da vicino con preoccupazione e dolore la situazione creatasi in Nicaragua, che coinvolge persone e istituzioni. Vorrei esprimere la mia convinzione e il mio auspicio che, per mezzo di un dialogo aperto e sincero, si possano ancora trovare le basi per una convivenza rispettosa e pacifica. Chiediamo al Signore, per l’intercessione della Purissima, che ispiri nei cuori di tutti tale concreta volontà”.