Poco conosciuto dai media è ciò che sta avvenendo in Nigeria, nella diocesi di Ahira, nel Sud del Paese, dove è in atto una vera e propria ribellione, a sfondo etnico, contro il vescovo legittimamente nominato, Peter Okpaleke. Per cercare di mettere fine alla vicenda, ora è dovuto intervenire in maniera molto energica anche il papa.
Retroscena di questa vicenda è l’opposizione contro il vescovo, nominato nel 2012, su proposta dell’ex cardinale di curia Francis Arinze, ma rifiutato dai preti e dalla gente che lo considerano un forestiero. Appartiene infatti, come anche il card. Arinze, al gruppo etnico degli igbo, mentre la maggior parte della popolazione appartiene agli mbaise.
L’opposizione al vescovo si era manifestata già fin dalla nomina, al punto che la sua consacrazione episcopale dovette essere spostata nella diocesi vicina di Owerri. Dei giovani di Ahira avevano infatti bloccato la cattedrale impedendo che la cerimonia di presa di possesso avesse luogo. Alla fine di luglio del 2013, papa Francesco aveva allora insediato nella diocesi il card. John Onaiyekan come amministratore apostolico provvisorio.
La vicenda si è fatta particolarmente acuta in queste ultime settimane. Agli inizi di giugno, è giunta a Roma dalla Nigeria una delegazione di nove membri per incontrarsi con la Segreteria di Stato vaticana e la Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli.
Al termine dei colloqui il papa ha definito la situazione inaccettabile e ha aggiunto di riservarsi di prendere altre misure.
Intanto, il 10 giugno scorso dal Vaticano sono state rese note le dichiarazioni del papa. A essere in discussione, ha detto papa Francesco, non è tanto un conflitto etnico. Qui c’è qualcosa di ben più grave, ossia una “usurpazione della vigna del Signore”. Chi si è opposto all’assunzione del potere da parte del vescovo Okpaleke vuole infatti «distruggere la Chiesa». Perciò, ha affermato di non poter rimanere indifferente e coloro che suscitano scandalo devono trarne le conseguenze. Ha citato a questo proposito il versetto del Vangelo secondo cui «è meglio per chi dà scandalo che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato in mare» (Mc 9,42).
«La Chiesa, ha sottolineato il papa, è madre e chi l’offende commette un peccato mortale». Ha anche aggiunto di aver pensato, tra l’altro, di sciogliere l’intera diocesi . A suo parere, i preti – circa una settantina – sono stati «manipolati», forse anche dall’estero e dal di fuori della diocesi. Ha aggiunto che, da parte sua, il vescovo Okpaleke ha mostrato in questi anni una “santa pazienza” e di averne ammirato l’umiltà.
Ad ognuno dei preti di Ahiara il papa ha quindi inviato una richiesta scritta perché chiedano perdono, con «l’esplicita dichiarazione di piena obbedienza al papa e la disponibilità ad accettare il vescovo da lui nominato».
Ora è in attesa delle lettere di risposta e ha fissato come termine ultimo il 9 luglio. Chi si rifiuterà sarà sospeso dai suoi poteri e sarà allontanato dall’ufficio.
Non detur episcopus invitis : la ‘ribellione’ accadde anche nella diovesi di Coira.Il vescovo Haas dovette alla fine, dopo un lungo conflitto, essere trasferito a Vaduz. Non vedo inoltre perché non si possa applicare nella diocesi di Ahira quanto avviene nella diocesi di Lugano. Nel concordato del 1968 si stabilisce che il vescovo vada scelto tra i presbiteri diocesani. E’ la regola propria di tutto il medioevo, che il vescovo vada scelto all’interno della chiesa locale. Solo nel caso in cui non vi sia in detta chiesa candidato idoneo si cercherà il candidato in altre chiese. Che la nomina di quasi tutti i vescovi spetti attualmente al vescovo di Roma é dovuto a diverse circostanze storiche (primato di giurisdizione e venir meno di nomine di patronato – nel Medioevo il vescovo di Roma nominava di regola solo per le diocesi appartenenti alla provincia romana). Ancora alla fine del XIX secolo per il diritto canonico vigente nella Chiesa latina (ius decretalium) la scelta del vescovo spettava al Capitolo della cattedrale (prassi ancora in vigore nelle diocesi di Basilea e San Gallo in Svizzera). A Coira in Svizzera e nelle diocesi tedesche ‘prussiane’, ad esempio Magonza e Colonia, tale diritto sussiste, ma limitato, presentando la S.Sede al capitolo tre candidati tra i quali scegliere. Al papa spettebbe comunque sempre l’istituzione (o conferma) canonica, istituto diverso dalla nomina e a mio parere preferibile.
cordialiter
p, aimone