Come si presenta il Collegio cardinalizio dopo le ultime recenti nomine di papa Francesco?
I due aspetti che maggiormente lo caratterizzano sono, da una parte, la tendenza, visibile nelle scelte di papa Francesco, verso una sempre maggiore internazionalità con particolare attenzione ai Paesi delle periferie e, dall’altra, l’aumento del numero dei cardinali che provengono dalla vita religiosa. Nel frattempo, diminuisce sempre più la prevalenza dei cardinali del mondo occidentale.
Entro i primi quindici giorni di ottobre, 4 cardinali perdono il diritto di voto per l’elezione del papa. Il limite di età fissato a 80 anni è stato raggiunto infatti, il 7 ottobre dal card. congolese Laurent Monsengwo Pasinya, fino alla fine del 2018 rappresentante dell’Africa nel Consiglio dei cardinali per la riforma della curia. Quindi, l’11 ottobre dall’ex prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica, Zenon Grocholewski, di origine polacca; il 14 ottobre dall’ex arcivescovo di Ancona-Osimo, Edoardo Menichelli, e il 15 ottobre dal cardinale ed ex arcivescovo di Ranchi / India, Telesphore Toppo.
Con l’aggiunta dei 13 nuovi cardinali, lo scorso 5 ottobre, papa Francesco ha portato il numero dei suoi senatori a 225. Il numero dei cardinali elettori, dopo l’uscita dei quattro appena menzionati, è ora di 124. Dei futuri cardinali elettori, 66 sono quelli nominati da papa Francesco, e per la prima volta, rappresentano la maggioranza (53%). Papa Bergoglio, in questi sei anni e mezzo di pontificato, ha nominato complessivamente 84 degli attuali cardinali viventi, di cui 66 elettori, mentre 42 degli attuali con meno di 80 anni (34%) furono nominati dal suo predecessore Benedetto XVI (2005-2013 e 16 (13%) da Giovanni Paolo II (1978-2005).
Per l’elezione del papa, è richiesta una maggioranza di due terzi: a metà di questo mese di ottobre ciò significherebbe 83 voti.
Cresce ulteriormente nel Collegio cardinalizio il numero dei cardinali religiosi: 8 dei 13 appena nominati appartengono a istituti religiosi, di cui, 5 su 10, elettori: 3 dei nuovi cardinali sono gesuiti, come Francesco, tra cui il neocardinale Jean-Claude Hollerich (61), arcivescovo lussemburghese e presidente della Commissione episcopale europea Comece. Tra i futuri elettori, dei 124 votanti, 28 sono religiosi (22,5%). Stabilendo un paragone, nel conclave del 2013 che elesse papa Francesco, i cardinali religiosi erano 17 (15%) su 115 elettori. I più numerosi sono i salesiani con 5, a cui seguono i gesuiti con 4.
Nel 2020 rimarranno vacanti, per limiti di età, quattro seggi e altri sei nel 2021. A partire dal 2022, invece, si prevede che, nei quattro anni successivi, rimarranno vacanti complessivamente 46 seggi. E, entro la fine del 2025, avranno perso il diritto di voto in conclave circa la metà degli attuali elettori. Lo stesso papa Francesco alla fine del 2025 avrebbe 89 anni.
La tendenza all’internazionalità
Papa Francesco continua a favorire la tendenza all’internazionalità del Collegio cardinalizio, iniziata nel secolo scorso. Con le nuove nomine del 5 ottobre scorso, ora sono 68 i Paesi che hanno uno o più cardinali al di sotto degli 80 anni, cosa prima mai avvenuta. Nel 2005, per la successione a Giovanni Paolo II, i cardinali votanti appartenevano a 52 paesi. Nelle ultime elezioni del 2013, dopo le dimissioni di Benedetto XVI, avevano votato cardinali di 48 paesi diversi.
Alla fine del 2019 sono 68 i Paesi, tra cui molti “delle periferie”, che, per la prima volta nella storia, avranno un cardinale: vale a dire, Tonga, Papua-Nuova Guinea, Burkina Faso, Capo Verde e la Repubblica centrafricana.
Il predominio assoluto degli europei si riduce ulteriormente. Dall’Europa provengono attualmente 52 (da metà ottobre) dei 124 cardinali elettori, ossia il 42%, dall’America Latina 23 (ossia il 18,5%, dall’Africa 17 (ossia il 13,7%), dall’Asia 16, dal Nordamerica (escluso il Messico) 13 e 3 dall’Oceania-Australia.
Un’ultima maggioranza matematica “occidentale” di elettori sarebbe costituita quindi dal 52,5%, mettendo insieme l’Europa e il Nordamerica. (KNA, 7 ottobre 2019)