Omo-benedizioni: fra lettera ed effetti

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coppie irregolari

Fiducia supplicans, la dichiarazione del Dicastero per la dottrina della fede Sul senso pastorale delle benedizioni (18 dicembre 2023), «non modifica in alcun modo l’insegnamento della Chiesa riguardo al matrimonio e alla famiglia» (episcopato polacco); «Nel contesto della storia secolare della Chiesa cattolica la decisione annunciata dal Vaticano… di autorizzare la benedizione delle coppie omosessuali costituisce una svolta storica» (Le Monde, 19 dicembre).

Fra il “non cambia niente” e la “svolta storica” si estende la distanza fra il testo e la recezione, fra le lettera e i suoi effetti. Ambedue giustificati dall’“astuzia” del documento che, grazie alla distinzione fra benedizioni liturgiche e benedizioni pastorali, fra benedizioni sacerdotali “discendenti” (da Dio all’uomo) e benedizioni “ascendenti”  (lode e ringraziamento a Dio), bypassa il ridisegno della dottrina morale e affida ai vescovi e ai presbiteri la possibilità di benedire coppie “irregolari” come i conviventi, i divorziati risposati e le coppie omosessuali.

Dislocando la questione fuori dell’insegnamento matrimoniale e dallo spazio liturgico, apre una libertà pastorale che può anticipare lo sviluppo dottrinale.

La recensione di alcune delle voci che hanno finora accompagnato la variegata accoglienza delle indicazioni romane vorrebbe dare conto del dibattito e dei possibili esiti, distinguendo i favorevoli, i perplessi e i contrari. In termini molto approssimativi il consenso unisce l’Occidente, l’America Latina e l’Asia, mentre il dissenso si estende dall’Est Europa all’Africa, seguendo le sensibilità ecclesiali, ma anche le aree culturali. In realtà, le linee di confine sono molto più complesse e aprono nuovi orizzonti in ordine alla governance della Chiesa e al suo statuto sinodale.

Il bene degli affetti

Favorevoli. Mons. Georg Bȁtzing, presidente della Conferenza episcopale tedesca, si è subito espresso positivamente: «Accolgo con grande favore questo documento e sono grato per la prospettiva pastorale che esso comporta… è possibile e consentito al ministro ordinato rispondere ai desideri delle coppie che chiedono una benedizione per il loro rapporto, anche se non vivono in tutto secondo le norme della Chiesa». Katholisch.de (19 dicembre) ha recensito una dozzina di vescovi locali tedeschi sostanzialmente tutti favorevoli.

Anche i vescovi svizzeri sono sulla stessa lunghezza d’onda: «Questa decisione corrisponde al desiderio dei vescovi svizzeri per una Chiesa aperta che prenda seriamente, rispetti e accompagni, le persone negli affetti reciproci». Anche l’episcopato belga saluta la svolta pastorale con soddisfazione. In particolare, il vescovo di Anversa, Johan J Bonny.

In Francia sono intervenuti i vescovi della Lorena. Mons. P. Ballot (Metz): «Il matrimonio omosessuale non è permesso, ma siamo nella situazione in cui interrogarsi seriamente su come rifiutare a delle persone in “condizione irregolare” un gesto che facciamo abitualmente ad altri, senza problemi». Il vescovo di Nancy, P. Michel, aggiunge: «Non si benedice la coppia come nel matrimonio. Si benedicono le persone. Mi sembra buono e importante farlo».

Non diverse le valutazioni di molti vescovi in Italia e in Spagna. In Austria, il vescovo di Salisburgo, Franz Lackner, annota: «Credo che la Chiesa riconosca che la relazione fra due persone dello stesso sesso non sia interamente sguarnita di verità. Vi sono in essa l’amore, la lealtà e anche prove affrontate assieme nella fedeltà». Meno scontato il consenso della Croazia. Per il vescovo di Fiume, M. Uzinić, la dichiarazione vaticana «è un invito a non lanciare sassi, ma ad essere vicini a coloro che cercano la presenza di Dio».

Il cardinale Owald Gracias, vescovo di Mumbai (India), così si esprime: «Credo che un paese come l’India, con il suo pluralismo e la sua ricchezza religiosa, quanto espresso da Fiducia supplicans sia un fatto naturale. La benedizione fa parte della nostra spiritualità. Tutti in India chiedono benedizioni… Tutti hanno diritto all’amore e alla compassione di Dio».

Positiva la valutazione anche della Conferenza episcopale delle Filippine. E il card. di Singapore, William Goh Seng Chye, aggiunge: «Non benediciamo i peccati della persona, ma piuttosto l’individuo che è sempre amato da Dio anche quando è peccatore».

L’apertura è vera?

Perplessi. Incertezza e prudenza si notano sia fra i favorevoli come fra i contrari. La maggioranza dei vescovi USA è critica nei confronti di papa Francesco, ma sul tema della pastorale delle persone omosessuali è più possibilista. La dichiarazione vaticana conferma la dottrina sul matrimonio «ma si sforza di accompagnare le persone dando loro una benedizione pastorale perché ciascuno di noi ha bisogno dell’amore terapeutico e della misericordia di Dio nella sua vita».

Si espone di più il card. B. Cupich di Chicago: «Accogliamo questa dichiarazione che aiuterà molte persone della nostra comunità ad avvertire la compassione e la prossimità di Dio».

Sono soprattutto le organizzazioni omosessuali ad apprezzare la dichiarazione, ma anche a denunciarne i limiti. Alcuni esponenti di associazioni cristiane francesi per la difesa dei diritti degli omosessuali sottolineano l’importante percorso compiuto dalla Chiesa nei loro confronti dagli anni ’80 (Catechismo della Chiesa cattolica) al documento del 2003 sulle ipotesi di legge relative alle unione civili e del 2005 sui criteri di discernimento vocazionale, fino al testo del Dicastero sulla dottrina della fede del 2021. Ora, finalmente in termini positivi, si giunge alla dichiarazione dello stesso dicastero.

Ma l’approccio positivo del documento non nasconde due sfide: l’effettiva recezione nella prassi pastorale e la necessità di un più profondo scavo teologico sull’insieme del magistero sulla morale e sul suo ancoraggio alla “morale naturale”.

Il portavoce dell’associazione tedesca #OutInChurch annota: «Finché si parlerà di relazioni irregolari e le benedizioni rimarranno vietate nella liturgia, la mia partecipazione alla celebrazione sarà forzosamente limitata». Per la Gioventù cattolica austriaca la dichiarazione vaticana è “anti-queer”, le coppie omosessuali rimangono a un piano inferiore a quelle etero.

La voce più critica è quella del canonista tedesco, N. Lüdecke, che considera la dichiarazione “degradante e tossica”. Una falsa apertura si accompagna al rifiuto di accettare l’orientamento sessuale delle persone queer, giustificando una sorta di apartheid liturgica. Quest’ultima voce permette di recensire le posizioni contrarie.

Conseguenze distruttive

Contrari. Si può partire dal cardinale di Montevideo (Uruguay), Daniel Sturla, che trova la dichiarazione confusa e ambigua. Si possono benedire tutte le persone, «ma è molto diverso benedire una coppia omosessuale». «Dobbiamo mantenere la pratica attuale della Chiesa, cioè benedire tutte le persone, ma non benedire le coppie dello stesso sesso».

Il vescovo di Astana (Kazakistan), T. Peta, afferma: «Nessuna delle affermazioni contenuta in questa dichiarazione, neppure la più bella, può minimizzare le conseguenze distruttive e di vasta portata derivanti da questo sforzo di legittimare tali benedizioni». «Interdico ai preti e ai fedeli di accettare o di praticare qualsiasi forma di benedizione di coppie in situazioni irregolari e di coppie dello stesso sesso».

Il vescovo maggiore degli ucraini, S. Shevchuk, ha detto che la dichiarazione non ha valore legale per i fedeli della Chiesa greco-cattolico ucraina. «Secondo la prassi liturgica della nostra Chiesa, il concetto di benedizione significa approvazione – e quindi – la benedizione di un sacerdote e di un vescovo è un gesto liturgico che non può essere separato dal contenuto dei riti liturgici e ridotto solo alle circostanze e alle esigenze della pietà privata».

Contrari anche i vescovi ungheresi: «Tenendo conto della situazione pastorale del nostro paese, la conferenza episcopale formula come linea guida per i pastori che possiamo benedire tutte le persone individualmente, indipendentemente dalla loro identità di genere e dal loro orientamento sessuale. Dovremo però sempre evitare di impartire una benedizione comune alle coppie che convivono fuori del matrimonio e che vivono un matrimonio non ecclesialmente valido o una relazione omosessuale».

In Polonia i vescovi si riferiscono al decreto vaticano del 2021 in cui si afferma l’impossibilità della benedizione: «Poiché praticare atti sessuali al di fuori del matrimonio… costituisce sempre un’offesa alla volontà e alla sapienza di Dio, espressa nel sesto comandamento del Decalogo, le persone che sono in una tale relazione non possono ricevere una benedizione».

Il caso Africa

Il caso serio è quello dell’Africa dove su 55 stati, 31 hanno leggi che fanno dell’omosessualità un crimine. I vescovi di Nigeria, Camerun, Benin, Malawi, Togo, Costa d’Avorio, Zambia, Gana, Kenia e Congo si sono espressi in maniera negativa.

L’arcivescovo di Kinshasa (Congo), il card. Fridolin Ambongo, presidente del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Secam), ha scritto ai suoi confratelli continentali: «L’ambiguità della dichiarazione, che si presta a diverse interpretazioni e manipolazioni, suscita molte perplessità tra i fedeli» e chiede un parere agli altri vescovi per redigere una dichiarazione comune e sinodale in nome della Chiesa d’Africa, una «dichiarazione pastorale  che serva come linea direttiva generale per tutte le Chiese locali del continente».

Le risposte dovrebbero arrivare entro metà gennaio per poi essere riunificate in un testo condiviso. Posso ricordare alcune espressioni fra gli altri episcopati. Per i vescovi nigeriani: «Non esiste nella Chiesa la possibilità di benedire le unioni e le attività omosessuali. Ciò andrebbe contro la legge di Dio, gli insegnamenti della Chiesa, le leggi della nostra nazione e la sensibilità culturale del nostro popolo».  «Noi vescovi del Camerun ribadiamo la nostra disapprovazione per l’omosessualità e le unioni omosessuali (e non vogliamo) incoraggiare una scelta e una pratica di vita che non si può riconoscere come oggettivamente ordinata al disegno di Dio».

L’omosessualità è una rottura dei valori familiari e sociali, un violento strappo «rispetto all’eredità dei nostri antenati». I vescovi del Malawi: «Per evitare confusione tra i fedeli ordiniamo che, per ragioni pastorali, le benedizioni per le unioni omosessuali non sono permesse». Un po’ diverso il caso del Ghana perché, mentre i vescovi si sono espressi a favore del progetto di legge anti-omosessuali e sono critici verso la dichiarazione vaticana, il loro esponente più significativo, il card.  P. Tukson, già prefetto del dicastero sullo sviluppo ha detto: «Abbiamo bisogno di educazione, perché la gente possa fare la distinzione fra ciò che è un crimine e quello che non lo è».

Risposte dal dicastero

Ai molti critici della dichiarazione ha risposto il prefetto del Dicastero per la dottrina della fede, il card. Victor Fernandez, in alcune interviste (ABC in Spagna, l’americana The Pillar ecc.).

Ricorda che il tema è quello delle benedizioni e non altro, che le benedizioni si collocano al livello della pietà popolare e del gesto pastorale e che vi è una responsabilità non delegabile del vescovo a cui è concesso un certo spazio di manovra, ma non quello di negare la disposizione vaticana.

«È evidente che dobbiamo crescere nella convinzione che le benedizioni non ritualizzate non sono una consacrazione della persona, non sono una giustificazione di tutte le sue azioni, non sono una ratifica della vita che conduce. No e no. Abbiamo esaltato a tal punto il  semplice gesto pastorale (della benedizione) da equipararlo al sacramento dell’eucaristia. Ecco perché vogliamo porre così tante condizioni per benedire». Ciò che il sacramento esige non è richiesto per una benedizione.

Il 4 gennaio, con un comunicato stampa, il Dicastero per la Dottrina della fede si è espresso ufficialmente sulla ricezione di Fiducia supplicans, ricordando che «ogni vescovo locale, in virtù del suo proprio ministero, ha sempre il potere di discernimento in loco, cioè in quel luogo concreto che conosce più di altri perché è il suo gregge. La prudenza e l’attenzione al contesto ecclesiale e alla cultura locale potrebbero ammettere diverse modalità di applicazione, ma non una negazione totale o definitiva di questo cammino che viene proposto ai sacerdoti».

Il testo invita poi a una contestualizzazione, non solo ecclesiale ma anche socio-civile (con i conseguenti risvolti giuridici), della ricezione del documento vaticano: «Il caso di alcune Conferenze episcopali deve essere compreso nel proprio contesto. In diversi Paesi ci sono forti questioni culturali e perfino legali che richiedono tempo e strategie pastorali che vanno oltre il breve termine».

La pratica pastorale di questo tipo di benedizioni deve essere accompagnata da un’adeguata formazione del popolo di Dio, in vista della giusta comprensione del loro significato nella vita della Chiesa cattolica: «In alcuni luoghi, forse, sarà necessaria una catechesi che aiuti tutti a intendere che questo tipo di benedizioni non sono una ratifica della vita che conducono coloro che le invocano. Ancora di meno sono un’assoluzione, in quanto questi gesti sono lontani dall’essere un sacramento o un rito. Sono semplici espressioni di vicinanza pastorale che non pongono le medesime esigenze di un sacramento né di un rito formale. Dovremo abituarci tutti ad accettare il fatto che, se un sacerdote dà questo tipo di benedizioni semplici, non è un eretico, non ratifica nulla, non sta negando la dottrina cattolica».

Note a margine

Come semplici note a margine è utile indicare alcuni punti critici.

a) Anzitutto lo spazio fra innovazione pastorale e conferma dottrinale. È possibile che la prima possa sollecitare la seconda a una processo di innovazione che molti in Occidente ritengono necessario. In qualche modo, bisognerà trovare una sintesi. Del resto, la riflessione accademica spinge da tempo per una riformulazione della teologia morale soggettiva come oggettiva e non ritiene la «legge naturale» come misura fissa e definitiva. Un rimando opportuno è al testo dell’Accademia vaticana della vita, Etica teologica della vita (LEV, 2022).

b) È spesso evocato il pericolo di uno scisma, in parallelo alla frattura nelle Chiese anglicane fra Occidente e Chiese del Sud, dimenticando la radicale diversità delle relazioni fra centro e periferia nelle due Chiese. Le Chiese cattoliche d’Africa hanno trovato a Roma supporto e difesa più che critiche e imposizioni.

c) Molto più impegnativa è la distanza culturale. In Africa e non solo si sottoscriverebbe l’affermazione dei vescovi camerunensi: «Nella storia dei popoli la pratica dell’omosessualità non ha mai portato ad una evoluzione sociale, ma è un chiaro segno della decadenza implodente delle civiltà. Infatti, mette l’umanità contro se stessa e la distrugge». Nello stesso tempo, nel corso del Novecento, si è constatata anche in Africa una progressiva depenalizzazione dell’omosessualità. Gabon, Angola, Mozambico, Guinea-Bissau, Capo Verde, Lesotho, Seychelles, Africa del Sud hanno depenalizzato l’omosessualità. Un processo giuridico che, tuttavia, non sembra avere intaccato l’ethos condiviso e tradizionale.

Scontro di civiltà o di valori?

Tornando al contesto ecclesiale, l’attuale spinta divaricante trova una risposta nell’indirizzo sinodale che Francesco ha avviato. Una voce africana autorevole registrata da La Croix (28 dicembre) assicura: «Non è una ribellione (quella africana), ma l’avvio di un processo sinodale. Le culture differenti devono dialogare e camminare assieme, e cioè l’unità nella diversità». Il teologo Gilles Routhier ammette il rischio di una Chiesa a diverse velocità tendente a svuotare l’autorità decisiva del papato, ma ricorda anche i felici “compromessi” raggiunti nel passato e la precisa direzione del Vaticano II per una maggiore autorevolezza delle Conferenze episcopali.

«Una cosa è sicura, Francesco come già Giovanni Paolo II, avverte di non potere governare una Chiesa mondiale nella stessa maniera con cui il papa governava una Chiesa sostanzialmente europea. A partire da tale constatazione, si deve perseguire la possibilità di avere delle pratiche nella comunione condivisa, come succede rispetto alle Chiese orientali». C’è chi intravede nella Fiducia supplicans una sorta di prova per un decentramento per la Chiesa cattolica.

C’è, infine, un aspetto istituzionale e politico. La geografia del consenso e del dissenso qui registrata può condizionare la maggioranza necessaria in un futuro conclave? Si disegnerebbe in questo caso un profilo papale meno propulsivo dell’attuale, se non conservatore.

Ma il collegio cardinalizio non coincide necessariamente con l’indirizzo degli episcopati, come talora i vescovi non coincidono con la sensibilità prevalente della loro Chiesa. L’evento conclave è difficilmente prevedibile. A livello politico globale sta crescendo più che uno “scontro di civiltà” uno “scontro sui valori”.

Gli scontri più corposi sembrano rifarsi più ai temi morali che a quelli economici. Per James Davison Hunter, dagli anni ’70 negli Stati Uniti si parla meno di lavoro, di economia e di politica internazionale e sempre di più di aborto e di famiglia. La guerra di Putin (e Cirillo) contro l’Ucraina è sempre più giustificata in ragione dei valori anti-occidentali. In che modo il contesto politico internazionale possa condizionare il confronto interno alla Chiesa cattolica, è però ancora da scrivere.

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14 Commenti

  1. Claudio 5 gennaio 2024
    • Anima errante 5 gennaio 2024
    • Gian Piero 5 gennaio 2024
      • Pietro 6 gennaio 2024
        • Tracanna Anna Rita 2 novembre 2024
  2. Pietro 5 gennaio 2024
  3. Tobia 5 gennaio 2024
    • Tracanna Anna Rita 2 novembre 2024
  4. Adelmo li Cauzi 5 gennaio 2024
    • Pietro 5 gennaio 2024
      • Adelmo li Cauzi 5 gennaio 2024
        • Pietro 5 gennaio 2024
          • Adelmo li Cauzi 6 gennaio 2024
        • anima errante 14 gennaio 2024

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