La 58° giornata mondiale di preghiera per le vocazioni costituisce l’occasione per ribadire la bellezza della chiamata alla vita piena al di là della propaganda a favore dei seminari o dei conventi.
Questa Giornata, infatti, ci ricorda la necessità di pregare affinché il desiderio di “donare la vita a favore di” possa svilupparsi nei cuori di numerosi giovani.
Il Vangelo che la Liturgia ci offre (Gv 10,11-18) solo apparentemente si riferisce all’ambito pastorale in senso stretto, in realtà se approfondiamo il senso di quel “kalòs” fuori da una lettura moralistica notiamo l’originale del messaggio.
La bontà del pastore (Gesù) consiste nell’esporre la propria vita a favore delle pecore. Gesù è buono nel senso radicale del termine: gli stanno a cuore le persone e quindi le mette al primo posto. Prima dei propri interessi, prima della propria pelle, prima dei rischi.
Per illustrare meglio questa onestà di Gesù nei confronti delle persone a lui affidate, emerge la figura del prezzolato che viene pagato per compiere azioni disoneste senza reale interesse per le persone affidate. Il prezzolato si serve delle persone senza servirle. Non si espone a favore delle persone per timore di perdere onori, cariche e applausi.
Onesti o prezzolati? Sta proprio qui la scelta fondamentale che ciascun chiamato deve fare oggi giorno perché possa esserci reale pastorale vocazionale dentro e fuori la Chiesa.
Non mancano vocazioni ma onesti: cioè donne e uomini che espongono la propria vita a favore degli altri senza fuggire quando arriva il lupo.
Mancano onesti nel senso di Gesù nell’ambito della politica, della Chiesa, della scuola, della società civile. Mancano onesti cioè persone libere che non desiderano la ricompensa per fini disonesti.
Mancano barbieri, macellai, commercialisti, medici, artigiani, preti, avvocati che svolgano il loro “mestiere” come una vocazione insopprimibile alla vita: es-ponendosi a favore di un altro. Mettendo cioè a disposizione delle persone in preda ai lupi (i pericoli che minacciano la dignità delle persone sono numerosi, soprattutto in relazione alle promesse di false felicità) il sì fermo e radicale fino a rimanerne compromessi se necessario.
Vite esposte come quella di don Lorenzo Milani o il giudice Rosario Livatino fanno germogliare vocazioni “oneste”, cioè buone per ogni tempo. I giovani ci guardano perché desiderano da noi questa bella onestà: l’onestà di chi perde, di chi si espone perché ha compreso che più vitale della vita altrui non c’è nulla.