Prosegue, in Nicaragua, a pieno ritmo l’attività vessatoria e oppressiva del regime Ortega contro la Chiesa cattolica. La vittima designata questa volta è l’Università dell’America Centrale (UCA) retta dai gesuiti. Dopo il blocco dei conti è arrivata un’istanza di sequestro di tutti i beni mobili e immobili della UCA, giustificata in ragione del fatto che l’università sarebbe «un centro di terrorismo».
Oltre a essere nel mirino del regime come tante altre università che sono state statalizzate in questi anni, l’UCA rappresentava una spina nel fianco di Ortega dal 2018, quando nel corso delle proteste contro il suo regime l’università aveva aperto il suo campus per offrire rifugio ai manifestanti in fuga dalla polizia. Da quei giorni, afferma una dichiarazione della Provincia Centro Americana dei gesuiti, «l’università è stata oggetto di continue molestie e assedio da parte delle istituzioni del governo nicaraguense».
Nel medesimo comunicato i gesuiti contestano le accuse mosse contro l’UCA, che «sono completamente false e infondate». Ricordando che il «sequestro e la confisca dei beni dell’università è parte di una politica del governo che viola sistematicamente i diritti umani e mira a consolidare nel paese un regime totalitario».
Con «questo attacco ingiustificato contro la popolazione nicaraguense e altre istituzioni educative e sociali della società civile si genera un clima di violenza e insicurezza esacerbando la crisi socio-politica del paese».
Il sequestro dell’UCA, affermano i gesuiti del Centro America, «è il prezzo da pagare per la ricerca di una società più giusta, di proteggere la vita, la verità e la libertà del popolo nicaraguense. Tutte azioni che sono in linea con il motto dell’UCA: “la verità vi farà liberi”».
Una decisione, questa del governo nicaraguense, che ha un suo tratto di amara ironia: infatti, sia Ortega sia tre dei suoi figli hanno studiato presso l’UCA.